
di Ritanna Armeni
A Roma non ci sono le montagne, recita il titolo dell’ultimo romanzo di Ritanna Armeni, edito da Ponte alle Grazie.
Durante l’occupazione nazi-fascista, chi combatte tra le montagne può nascondersi in grotte e anfratti. Invece nella città eterna, per i Gruppi di Azione Patriottica (GAP), ci sono solo strade strette e portoni. Ed è lungo queste vie del centro che le truppe di occupazione marciano con i fucili sulle spalle, cantando Hupf mein Mädel, Vola ragazza mia.
Lo fanno ogni giorno. Partono dal Poligono di tiro, percorrono via Flaminia, piazza del Popolo e via del Babuino, oltrepassano la scalinata di piazza di Spagna, attraversano via del Tritone, e salgono per via Rasella per entrare nella loro caserma, al Viminale. Le loro parole rimbombano nel cuore della città, che viene calpestata a passo di marcia.
Urla vendetta il contrasto tra lo splendore architettonico del passato, e l’orrore del presente: i compagni torturati a via Tasso, gli ebrei deportati, le persone scomparse. Roma sembra trasfigurata. La galleria Colonna è piena di sfollati, una massa di disperati che cercano riparo dai bombardamenti. Pertini e Saragat sono in carcere a regina Coeli. La città però non si piega, ha la fama di essere la più ostile tra tutte quelle occupate.
La vendetta avrà luogo il 23 marzo 1944, a via Rasella. È la risposta a una violenza non più tollerabile: il pane che manca, i bambini negli orfanotrofi, gli uomini umiliati. È stata scelta quella data perché lo stesso giorno, nel 1919, Mussolini aveva riunito centocinquanta camicie nere in piazza San Sepolcro a Milano, e fondato il Partito Fascista.
Protagonisti dell’azione saranno i giovani del GAP, quelli che passeranno alla storia come “i ragazzi di via Rasella”. Sono colti. All’università studiano letteratura – come Carlo Salinari, futuro critico -, medicina, fisica. Si chiamano Elena, Paolo, Spartaco, Cola, Piera, Giovanni, Maria. Ma nessuno di questi è il loro vero nome, perché la lotta vuole la clandestinità, e loro intendono proseguirla fino alla liberazione della città. Cacciare “gli usurpatori delle sue strade, del suo sole, della sua bellezza”. Perché “Roma non deve essere liberata solo dagli anglo-americani. Dobbiamo fare la nostra parte”. Per il nemico, però, loro sono solo Banditen, e vanno scovati, eliminati.
Tra i GAP vi sono diverse donne. Il loro ruolo è indispensabile: nascondono le armi nelle borsette e recitano la parte delle fidanzate. Una di loro il 23 marzo aspetta davanti alla sede del Messaggero. Nella borsa della spesa trasporta delle bombe a mano, coperte dalla verdura. Poco distante, un ragazzo spinge impacciato il carrettino dell’immondizia.
Accanto ai due partigiani, di lì a poco sfilerà il battaglione Bozen, a passo di marcia, cantando Hupf mein Mädel, per l’ultima volta. E verrà scritta una pagina fondamentale della nostra storia.
Attraverso una minuziosa ricostruzione storica, Ritanna Armeni dà voce ai drammi e alle speranze di un’epoca tra le più buie della storia. Accompagna il lettore tra le vie di una Roma piegata, ma pronta a rialzarsi. E lì vi colloca i giovani partigiani, combattenti e combattuti, armati, prima di tutto, dal coraggio che nasce dall’ingiustizia. Il loro non è eroismo, ma impulso alla libertà.
In via Rasella – scrive l’autrice – oggi non c’è neanche una lapide in loro ricordo. Così è nata l’idea di questo romanzo, che è insieme racconto della Resistenza e cronaca della memoria collettiva.
A Roma non ci sono le montagne
di Ritanna Armeni
Ponte alle Grazie
Ritanna Armeni, giornalista e scrittrice, ha lavorato a Il Manifesto, Il Mondo, Rinascita, l’Unità. È stata portavoce di Fausto Bertinotti e ha condotto la trasmissione Otto e mezzo con Giuliano Ferrara. Attualmente scrive per L’Osservatore Romano, Il Foglio, Rocca. Ha pubblicato tra gli altri: La colpa delle donne (2006); Parola di donna (2011); Una donna può tutto (2018).