Non sai mai dove sei

Non sai mai dove sei
di Emilio Masina
EllediLibro

Alberto entra nello studio di uno psicoanalista del quartiere Parioli con lo “sguardo muto”. Ha otto anni, ed è stato portato lì dai genitori perché ama indossare gli abiti della madre, e gli piacciono i cosmetici e i gioielli, più che il calcio. A scuola viene bullizzato, ha tic muscolari e fa la pipì a letto.
Ma Alberto ha qualcosa di importante da dire, e lo fa con i disegni, la scrittura, i sogni e il ballo. Guidato dal terapeuta, il bambino cercherà la risposta a una domanda esistenziale: “Chi sono io?”
Attraverso sedici sedute organizzate in capitoli, Emilio Masina, psicoterapeuta alla sua seconda prova da scrittore, in Non sai mai dove sei (EllediLibro) osserva “il mondo dei non conformi ai gusti della maggioranza”. Il suo sguardo, da uomo oltre che da specialista, si sofferma sulla persona, prima che sul sintomo. La sua è una sensibilità profonda, capace di entrare in contatto con un “bambino esiliato in una terra di nessuno”, e di aiutarlo a trovare sé stesso.  
Masina sa addentrarsi in quel territorio dai confini indefiniti chiamato identità, zittire il pregiudizio e dare voce all’innominabile. La sua è una scrittura terapeutica, in grado di sciogliere i grovigli dell’interiorità: “Date parole al vostro dolore. Altrimenti il vostro cuore si spezzerà”.    

Dottor Masina, in Non sai mai dove sei lei affronta il complesso tema dell’identità sessuale e di genere. Come mai ha scelto la forma del romanzo e non del saggio?
EM: Un saggio si rivolge agli addetti ai lavori mentre io sentivo la necessità di coinvolgere anche le persone che non si occupano di questo delicato e difficile argomento che ci riguarda tutti o addirittura non ne hanno mai sentito parlare se non in modo semplicistico e stereotipato. I conservatori sono spesso omofobi e transfobici, i progressisti invece sono di solito aperti e liberali, ma spesso poco attenti alla sofferenza di chi non si riconosce nel binarismo di genere.

Quanto ha riversato della sua lunga esperienza di psicoanalista in questa sua ultima opera?
EM: Moltissimo. È solo dopo diversi anni di esperienza con pazienti cosiddetti fluidi o con problemi di incongruenza di genere che mi sono sentito abbastanza pronto per affrontare il tema, anche se in modo certamente divulgativo e quindi meno accurato dal punto di vista scientifico.

In famiglia e nello studio del terapeuta, cosa cerca di dire il piccolo Alberto, e in che modo?
EM: Vorrebbe chiedere ai genitori di accettarlo così come è, con il suo corpo e le sue fantasie di maschio, senza essere necessariamente governato dalle loro aspettative di un bambino tenero e meno impulsivo, come sono le femmine. Glielo riuscirà a dire solo dopo alcuni anni di psicoterapia in cui ha dipanato la sua confusione e rafforzato la propria autostima con l’aiuto dello psicoanalista.

Perché essere considerati ‘diversi’ spaventa tanto?
EM: Perché si viene quasi sempre rifiutati e spesso malamente giudicati come se si fosse degli alieni e non appartenenti alla razza umana. A scuola si è fatti oggetto di bullismo e gli stessi genitori e i parenti ti guardano con diffidenza mista a pena.

Quella tra Alberto e il suo giovane terapeuta è anche la storia di un inizio: per il primo rispetto alla vita e per il secondo in senso professionale. Come costruiscono il loro delicato rapporto?
EM: Inizialmente con preoccupazione e diffidenza, poi progressivamente, conoscendosi meglio e scoprendo le reciproche qualità, con speranza e fiducia. Non mancano gli episodi di scontro, i fraintendimenti, le delusioni rispetto alla ricerca di un riconoscimento che avrebbero voluto fosse automatico. Tuttavia, i protagonisti del romanzo riescono a usarli come leve per intensificare la loro intimità piuttosto che come occasioni per ritirarsi nella propria solitudine. E così, come spesso avviene nelle crisi, i problemi si esplicitano meglio e trovano una via verso la soluzione.

Il titolo del suo romanzo richiama una famosa poesia di Giorgio Caproni: “Non sai mai dove sei. Non sei mai dove sai.” Quando sentiamo di essere veramente nel posto giusto?
EM: Io direi che abbiamo bisogno di sentirci legati e appartenenti a un posto in cui stare comodi, a cominciare dal nostro corpo e dalla nostra mente, per non sperimentare troppa angoscia rispetto all’estraneo, ma allo stesso tempo dobbiamo rimanere curiosi verso posti sconosciuti da esplorare ed eventualmente amare. Rimanere fermi nella sicurezza, ma nella passività, non è mai un buon viatico per la crescita e la scoperta di noi stessi e dell’Altro.

Non sai mai dove sei
di Emilio Masina
EllediLibro

Emilio Masina, psicologo, è membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e full member dell’IPA (International Psychoanalytical Association). Specialista in Psicologia Clinica e Psicoterapeuta dell’Infanzia, dell’Adolescenza e della Coppia, è stato socio fondatore della Cooperativa di aiuto psicologico agli adolescenti “Rifornimento in volo”.
Ha all’attivo numerose pubblicazioni scientifiche e ha insegnato presso Università e Scuole di Specializzazione in Psicoterapia.
Nel 2019 ha pubblicato il romanzo La speranza che abbiamo di durare (Emersioni Editore).

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