Vivida è la notte

Un misterioso omicidio perpetrato brandendo una statuetta simile a quella degli Oscar apre Vivida è la notte, l’ultimo romanzo di Carlo Colasanti (Bookabook Narrativa). Una notte fatta per uccidere, mettendo fine a un’esistenza, oppure per scrivere al computer, creandone altre di immaginarie.
L’oscurità e il mistero diventano così il set di una trama appassionante, dove sfilano personaggi che camminano sulla linea d’ombra della propria vita. Ad accomunare padri, figli, coniugi e amanti sono i sogni inseguiti e quelli irrealizzabili, le aspettative e le delusioni, risvolti di una commedia umana dove niente è mai come sembra. E soprattutto non è mai al sicuro, neanche un manoscritto frutto di anni di lavoro, che viene rubato e diventa il movente di quello che si può definire un thriller letterario.
Abile nei colpi di scena, con Vivida è la notte Colasanti offre ancora una volta ai suoi lettori una storia avvincente, da leggere tutta d’un fiato, che sotto una superficie apparentemente uniforme  rivela le tante increspature nelle quali si può inceppare la vita di ognuno, anche quella di una vittima e del suo insospettabile assassino.    

Carlo Colasanti, Vivida è la notte, come altre sue opere precedenti, si tinge di giallo e di nero. Perché ha scelto questa forma narrativa?
Non è una scelta consapevole. Scrivere è un modo di trattare argomenti che mi interessano e che attraverso i personaggi delle mie storie posso esplorare da varie prospettive. È vero anche che prima di essere uno scrittore sono un lettore, e come tale cerco di scrivere in modo che chi leggerà la mia storia abbia il desiderio di andare avanti nella narrazione e vedere cosa succede. Il mistero diventa un elemento costante nelle mie storie e spesso i lettori mi scrivono che i miei romanzi si leggono tutti di un fiato e che, una volta iniziati, hanno difficoltà a lasciarli andare prima di finirli.

Il suo ultimo romanzo mette in scena l’incubo di ogni scrittore, che il proprio manoscritto venga rubato. È una paura anche sua?
E’ stato un mio timore agli albori, quando ho inviato il mio primo romanzo a qualche casa editrice. C’era da parte mia la paura che questo accadesse, così inviai il manoscritto stampato al mio indirizzo. Ora sono convinto che sia una paura abbastanza infondata, soprattutto nei riguardi delle case editrici, cui non interessa appropriarsi di uno scritto, ma scovare nuovi autori.

I personaggi di questa storia sono fortemente caratterizzati, in particolare quelli femminili. Come nascono?
I personaggi delle mie storie sono personaggi che ho avuto modo di conoscere nella mia vita. È come in un casting per un film, quando penso ai vari protagonisti, cerco tra le mie conoscenze chi potrebbe interpretare quel ruolo. Così nel romanzo si calerà nella parte, spesso diversa da quella della vita di tutti i giorni, con le sue prerogative fisiche e caratteriali. In alcuni casi mi piace intervenire e calcare la mano su alcuni elementi caratteriali esasperandoli un po’.  Fernando, il papà del protagonista della storia, è un tennista che conoscevo solo di vista e che mi aveva colpito quando giocava al circolo che frequentavo. Ricordo che proprio vedendolo giocare in una partita mi venne in mente di affidargli la parte in Vivida è la notte.

Un punto centrale della storia è anche la complessità dei rapporti familiari, la difficoltà di trovare la propria identità…
Le aspettative genitoriali sui propri figli sono uno dei due temi che volevo esplorare in questo romanzo. Partiamo dall’assunto che ogni genitore vorrebbe il meglio per i propri figli, spessò però se attraverso i figli vogliamo realizzare i nostri desideri o ciò che noi volevamo e non siamo riusciti a realizzare, possiamo danneggiarli e non farli crescere serenamente. Come scrive Khalil Gibran nella poesia I tuoi figli non sono figli tuoi, i nostri figli non sono nostri, non vengono da noi ma attraverso di noi, non bisogna considerarli di nostra proprietà: non devono essere costretti a pensare come noi, a fare la nostra stessa vita, perché hanno i loro pensieri, che possono essere simili ai nostri, o a volte contrari. Devono essere liberi e incoraggiati a esprimere i loro talenti, vivere i loro sogni. Nel libro si affronta in particolare questo tema, e cioè quando un figlio è agli antipodi del carattere e delle capacità del padre e quest’ultimo prova in ogni modo a condizionarlo e a spingerlo nella stessa sua direzione, per poi abbandonarlo emotivamente quando si accorge che il figlio non soddisfa le sue aspettative.

Lei descrive in modo approfondito la realtà del mondo editoriale. Quanto c’è della sua esperienza personale?
Il secondo tema del romanzo è il mondo delle piccole case editrici. I due soci della casa editrice ideatrice del premio letterario prendono spunto, come sempre, da personaggi reali che ho incontrato nel mio percorso di scrittore. Il mio primo romanzo che ho pubblicato ha vinto un premio letterario che metteva in palio, oltre il trofeo, la pubblicazione. Molto di quello che racconto nasce dalla mia esperienza con le case editrici. Il panorama è variegato e rispetto a quando ho iniziato io a scrivere sono nate altre possibilità per pubblicare, tra queste il self-publishing. All’epoca, quasi tutte le case editrici minori chiedevano un contributo da parte dell’autore, e spesso era consistente. Ricordo che mi riproposi di non aderire mai a quel tipo di pubblicazione che mi sembrava spostasse il business sugli autori anziché sui lettori, ma era comunque comprensibile, visti i costi sostenuti dalle case editrici senza certezza del rientro della spesa stessa.

Riguardo a progetti letterari futuri, ha già un libro nel cassetto o sta scrivendo qualcosa?
Amnemesi è il titolo del mio prossimo romanzo. I temi trattati sono quelli esistenziali. Il protagonista è profondamente innamorato di sua moglie, ha un figlio adolescente, un fratello ballerino e una mamma affetta da demenza senile. Ricopre un ruolo manageriale in una multinazionale, è circondato da amici che gli vogliono bene ed è grato alla vita per quello che ha. Nel romanzo accompagno il protagonista, in questo caso ispirato da un mio amico (così anche sua moglie e suo fratello), nell’evolversi della sua vita familiare e lavorativa. Come spesso accade, anche le situazioni che dal di fuori sembrano invidiabili e prive di ostacoli, osservate dall’interno, celano particolari che possono spostare degli equilibri e mettere in discussione tutto quello che abbiamo.

Vivida è la notte
di Carlo Colasanti
Bookabook Narrativa

Carlo Colasanti è nato a Roma. Ha vinto il premio letterario Un libro nel cassetto 2011 con Il Dittatore (Coralli, 2011). Ha scritto Un’insolita fortuna (Accadueo, 2012) e Il quaderno nascosto (Leggere conviene, 2017). Vivida è la notte è il suo ultimo romanzo.

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