Nel cuore della testaccio dei locali notturni e dei ristoranti per tutti i gusti si trova un angolo di cultura avvolto dalla storia romana. Laddove, accanto al Tevere, gli addetti ai magazzini generali accatastavano i cocci delle anfore del vino e dell'olio dando origine al caratteristico "monte dei cocci", oggi sorge "Un teatro per cerebri agili" dove mettere in scena rappresentazioni "utopiche", "intimiste" e "sperimentali" come amava dire il suo ideatore Damiani.
Luciano Damiani nacque a Bologna nel 1923 e morì a Roma, la città del suo teatro gioiello, nel 2007. E' stato uno scenografo e costumista italiano nel 1952, al Piccolo Teatro di Milano, ha firmato alcuni importanti spettacoli diretti dal regista Giorgio Strehler.
Damiani collaborò anche con altri registi come Squarzina, Ronconi e Gassman.
Nel 1981 iniziò a lavorare per la realizzazione del "Teatro di Documenti", un concetto nuovo di architettura per la tipologia di struttura, composto da grotte secentesche scavate nel monte Testaccio in via Nicola Zabaglia, 42.
La scena dove vengono rappresentate le opere è composta da una piccola arena dove è possibile vivere lo spettacolo seduti sugli spalti riservati a pochi spettatori che sono allo stesso tempo parte viva della scenografia.
Gli spettacoli emanano emozioni ma anche odori e suoni solitamente impercettibili nelle strutture tradizionali.
Per quanti hanno la curiosità del nome, la risposta la troviamo sulla presentazione ufficiale del teatro: oltre ad essere il contenitore di documenti di Teatro, è anche la somma di "schemi architettonici di teatro, dell'"assistere", del "partecipare" e della "libera scelta".
Il critico teatrale Franco Quadri scrisse: "[…] Ma è nel Teatro di Documenti che l'utopia è destinata a compiere, in uno studio privato che è ormai anche un luogo pubblico, con l'acquisizione graduale di un sistema di grotte, l'una dentro nell'altra, l'una sopra l'altra, dove il bianco e l'ombra s'inseguono come in una lontana Cavalleria e tra botole, scale, fessure di comunicazione, punti di fuga che ossessionavano con Damiani i suoi spettatori si moltiplicarono assieme a più scene coesistenti per più spettacoli da rifrangere in un solo spettacolo, perché il visibile e l'invisibile, l'immagine e il suo fantasma, divengano complementari, giocando con le fonti inarrivabili e avvolgenti del suono. Un luogo della natura scavato in una costruzione del Seicento, ritrovando senza macchinerie le raffinatezze barocche, sopprimendo, assieme ogni divisione, la scena e la platea. Perché il Teatro di Documenti è a un tempo la realtà e il quadro in cui è dipinta.
Nel luogo dell'incantesimo, il costruttore di teatri infila lo spettatore per il quale aveva creato finora finti mondi veri, cioè l'attore che aveva finora manovrato dentro veri mondi finti; insomma l'uomo, personaggio tra le bianche pareti di uno spazio reale che è anche una scenografia permanente."
Damiani voleva creare un laboratorio di ricerca scenografica e drammaturgia, un luogo dove l'attore potesse sentirsi a suo agio. La scelta coraggiosa ha prodotto un risultato che oggi consente a molti artisti di vivere emozioni uniche a contatto con il pubblico.
La struttura nella sua semplicità di materiali, è la manifestazione tangibile del pensiero di Damiani sul teatro: un luogo per tutti, un "teatro della partecipazione" in cui lo spazio non è diviso tra spettatore e attore, ma condiviso.
Un concetto questo che Damiani ha lasciato in eredità a tutti coloro che visitano il teatro e possono così "toccare" le sue idee e le sue ambizioni per vivere il suo sogno.