Dopo il recente caso di cronaca dell’untore di Ancona, gli specialisti lanciano un appello alle Istituzioni
SIMIT su Hiv – Lettera al Ministro Grillo: “intervenire con fermezza contro il negazionismo”
Gli specialisti della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, ribadiscono: “È opportuno che gli Ordini professionali vigilino e se necessario intervengano, ribadendo chiaramente la condanna del negazionismo in HIV e perseguendo chi lo fomenta”.
Onorevole Ministro,
La SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, che annovera tra i suoi soci la stragrande maggioranza dei medici che prestano assistenza alle persone che vivono con HIV/AIDS, desidera esprimere con questa lettera una fondata preoccupazione in merito alla persistenza di posizioni negazioniste su HIV/AIDS e segnalare la necessità di provvedimenti in proposito.
E’ di per sé fatto grave che una persona consapevole da anni di essere portatore dell’infezione da HIV abbia rischiato di infettare mediante rapporti sessuali decine di partner e sia stata posta in regime di custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver procurato lesioni personali gravissime ad una o più persone e di aver attentato alla salute pubblica. Decisamente sconcertante è la notizia che lo stesso avrebbe fatto riferimento a posizioni negazioniste rispetto a HIV.
Basata sull’ipotesi di Duesberg, un microbiologo americano che verso la metà degli anni ’90 aveva sostenuto che HIV non fosse la causa dell’AIDS e che le terapie allora disponibili fossero dannose, la teoria negazionista, già scientificamente insostenibile al tempo della sua formulazione, è stata clamorosamente smentita da una enorme mole di dati e prove successive. Ciononostante, tocca rilevarne la periodica riproposizione, con conseguenze la cui possibile portata merita una assoluta attenzione da parte delle Autorità Sanitarie.
Negli ultimi trent’anni HIV è stato responsabile di un’enorme quantità di sofferenze, tanto terribili quanto innegabili sulla base delle evidenze storiche e scientifiche. Dall’inizio dell’epidemia i morti di AIDS sono stati, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità, oltre 35 milioni. Quasi sei volte i morti della Shoà provocati dalla furia nazista nella Seconda Guerra Mondiale. In Italia sono morte di AIDS più di 44mila persone: per avere un valore di riferimento, nella guerra del Vietnam i caduti americani sono stati un po’ meno di 60mila e nelle guerre per l’indipendenza italiana meno di settemila. La stragrande maggioranza di questi decessi si è concentrata nei tempi e nei luoghi in cui non era disponibile la terapia di cui i negazionisti disconoscono l’efficacia.
Senza gli straordinari progressi scientifici in campo diagnostico e terapeutico, il tributo di morte che HIV/AIDS avrebbe continuato ad esigere sarebbe stato vicino al 100% delle persone infettate in un arco temporale compreso tra pochi mesi e 15-20 anni dal momento dell’infezione. La disponibilità di una diagnostica rapida e affidabile e di terapie estremamente efficaci, ben tollerate e largamente accessibili, almeno in Italia, ha ribaltato la situazione. Negare la validità di tutto ciò fornisce a soggetti particolarmente fragili o irresponsabili un appiglio per giustificare comportamenti inammissibili o per rifiutare le necessarie terapie, causando grave danno a se stessi e agli altri, per il permanere del loro stato viremico e della possibilità conseguente di trasmettere l’infezione mediante rapporti sessuali.
Per contro, l’emergere di nuovi casi di “negazionisti attivi” finisce per estendere lo stigma ed il sospetto nei confronti delle persone che vivono con HIV/AIDS, accentuando il loro disagio. Tenuto conto che, sulla base di robuste evidenze scientifiche, una persona con viremia azzerata in seguito alla corretta e stabile assunzione delle terapie non è più in grado di trasmettere l’infezione, l’accentuazione dello stigma che deriva da questi fatti aggiunge danno ad ingiustizia.
Si impone quindi la necessità di intervenire con fermezza contro il negazionismo. In particolare, è intollerabile che posizioni negazioniste possano essere diffuse e propagandate da laureati in medicina iscritti all’Ordine, in aperta violazione del codice deontologico professionale e in spregio dell’evidenza scientifica e delle sofferenze di chi per questa malattia ha sofferto ed è morto. È opportuno che gli Ordini professionali vigilino e se necessario intervengano, ribadendo chiaramente la condanna del negazionismo in HIV e perseguendo chi lo fomenta.
Gli infettivologi italiani sentono il dovere e la responsabilità di rivolgersi a Lei, Signor Ministro, con la certezza di trovare nell’Istituzione che rappresenta lo strumento insostituibile per la tutela della salute dei cittadini. La preghiamo di considerarci al servizio di qualsiasi iniziativa Lei volesse intraprendere su questo tema presso le sedi istituzionali e attraverso i mezzi di comunicazione
fonte: Ufficio Stampa Diessecom