“L’utilizzo ultradecennale delle Protesi Pip, inoltre, costituiva un ulteriore elemento tranquillizzante circa l’affidabilità del prodotto, dal momento che la letteratura scientifica non forniva elementi di segno negativo diversi da quelli delle altre protesi in commercio […] L’allarmismo che si è creato non è giustificato: è vero che in alcune pazienti si sono verificate delle rotture e delle infezioni, ma non ci sono evidenze scientifiche che mettono in relazione le Protesi Pip con il cancro al seno o con rischi diversi da quelli relativi ad altre protesi”.E’ quanto si legge sul Comunicato Stampa diramato in data 1 febbraio 2012 dall’Aicpe, Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica, che riunisce i chirurghi plastici ed estetici italiani, e dal titolo “Protesi Pip, denuncia dell’associazione dei chirurghi plastici Aicpe: «Anche noi parte lesa, come le pazienti»”.
A tal proposito e per meglio comprendere la situazione, nonché eventuali timori da parte delle pazienti, abbiamo incontrato il Dottor Alessandro Casadei, membro direttivo dell’Aicpe, che ha spiegato in modo dettagliato “il caso Protesi Pip”.
Dottor Casadei, quando parliamo di “Protesi Pip” di cosa stiamo parlando?
Le protesi PIP erano protesi tonde, non anatomiche, riempite di gel di silicone ad alta coesività, o almeno questo era quanto veniva sostenuto dai distributori e dalla casa madre, come quelle di altre marche presenti sul mercato. Le protesi di questo tipo (rotonde e riempite di gel di silicone) sono tra le più utilizzate in chirurgia estetica.
Perché si è giunti a una “denuncia-querela contro la società francese produttrice delle protesi Pip e l’ente di controllo tedesco T.U.V. Rheinfeld”?
La querela è stata inoltrata al fine di rendere indiscutibile un concetto che forse non era evidente a tutti: i medici che hanno acquistato e utilizzato le protesi Pip e che sono vittime di questa truffa al pari delle pazienti, con cui sono solidali. L’AICPE, nel panorama mondiale in cui si è svolta tale vicenda, è l’unica società scientifica che ha preso una chiara iniziativa a tutela dei propri associati. La denuncia si è estesa anche agli organi di controllo, in quanto hanno mancato per 10 lunghi anni alla loro funzione di ispezione e verifica, permettendo una truffa per così lungo tempo.
Quali sono i controlli necessari, previsti dalla legge, affinchè delle protesi possano recare l’accreditato marchio CE? E in che cosa le “Protesi Pip” sono “mancanti”?
Nella denuncia viene anche esplicitato che i chirurghi plastici estetici sono anni che lamentano pubblicamente una legislazione estremamente lassa e non congrua a stabilire la sicurezza dei dispositivi medici in commercio: il fabbricante di un dispositivo medico come le protesi mammarie, prima di immettere in commercio il prodotto, si rivolge ad un ente certificatore (ne esistono più di 70 in Europa) che paga per poter essere controllato al fine di ottenere il marchio CE, ossia il controllato paga il controllore.
Dopo aver ottenuto il marchio CE cosa si fa?
Ottenuto il marchio CE il fabbricante notifica, questo almeno fino al 2010, ai vari Ministeri della salute europei l’entrata in commercio del prodotto, attraverso una semplice autocertificazione. Se poi il prodotto in commercio sarà responsabile di incidenti, guasti, rotture, patologie, i medici dovranno segnalarlo e allora forse il prodotto sarà sottoposta a valutazione: ossia i dispositivi medici in commercio a tutt’oggi non hanno una garanzia di sicurezza, ma saranno sicuri fino a che non daranno problemi su qualche paziente, ovvero non c’è alcun follow-up prima dell’entrata in commercio dei dispositivi medici.
Le pazienti con protesi, come fanno a sapere che il proprio chirurgo ha impiantato una “Protesi Pip”?
I chirurghi hanno il compito di redigere, per ogni paziente e per ogni intervento una cartella clinica. In essa sono riportati anche le etichette aderenti di qualsiasi materiale venga usato nel corso dell’intervento, comprese le protesi. Tali cartellini adesivi rappresentano le carte d’identità delle protesi impiantate, ed una copia di tali documenti viene consegnato anche direttamente alla paziente: è il cosiddetto “passaporto protesico”.
Che tipi di disturbi/sintomi hanno provocato nelle pazienti queste protesi?
Sino ad ora i dati realmente comprovati scientificamente circa queste protesi non hanno messo in relazione tali dispositivi con insorgenza di tumori. Queste protesi hanno evidenziato una maggiore possibilità di rottura e, in conseguenza di ciò, sono stati riportati casi di infiammazioni locali.
E in tutti coloro in cui, ad oggi, tale/tali sintomatologia/e non si è/sono manifestata/e cosa devono fare? E’ necessario effettuare dei controlli?
Le pazienti che hanno accertato con il proprio medico di avere protesi PIP, devono farsi visitare dal proprio chirurgo, effettuare semestralmente ecografia mammaria e, in caso di sospetto, una Risonanza magnetica nucleare: laddove il sospetto di rottura sia fondato, è necessario procedere all’espianto.
A chiusura dell’intervista al Dottor Alessandro Casadei, è interessante riportare la conclusione del Comunicato Stampa dell’Aicpe che pone l’accento sul fatto che come ha dimostrato“lo scandalo delle protesi Pip, nel campo della chirurgia plastica in Italia c’è bisogno di regole chiare e di maggior tutela per i pazienti e per gli stessi medici”.