Coronavirus: studio dei dati su operatori vaccinati

Studio su operatori sanitari vaccinati evidenzia dati da tenere in considerazione REGINA ELENA CORONAVIRUS: OCCORRE STUDIARE VARIABILI LEGATE A RISPOSTA ANTICORPALE

I dati evidenziano una buona risposta al vaccino nel 99% dei vaccinati. La risposta è migliore nelle nei giovani e si dimezza nei soggetti sovrappeso

I ricercatori dell’ Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) ed Istituto Dermatologico San Gallicano (ISG) hanno valutato la risposta anticorpale in 250 operatori sanitari vaccinati con vaccino Pfizer/Biontech, al momento della prima somministrazione, alla seconda dose e poi ad una settimana dal completamento della vaccinazione.

È stato osservato un rialzo degli anticorpi nel 99% dei soggetti dopo la somministrazione della seconda dose, ma in termini quantitativi le donne e i più giovani hanno risposto meglio. Inoltre, dalla comparazione dei risultati i ricercatori, coordinati da Gennaro Ciliberto, Direttore Scientifico IRE e Raul Pellini, Direttore dell’unità clinica di Otorinolaringoiatria IRE, hanno osservato che nel gruppo dei soggetti sovrappeso/obesi la risposta è stata di circa la metà rispetto a quelli normo/sottopeso. Ma attenzione il fatto che ci siano meno anticorpi non significa necessariamente che il vaccino sia meno efficace. Infatti, la risposta immunitaria, è un meccanismo multifattoriale piuttosto complesso.

Per valutare la reale efficacia protettiva del vaccino nel tempo, bisogna tener conto di vari parametri e occorre allargare l’analisi ad un numero molto più ampio di soggetti vaccinati. Comunque, se il dato fosse confermato in studi più ampi, potrebbe essere molto importante per affinare le strategie vaccinali.

Ricerche precedenti hanno evidenziato che l’obesità – un indice di massa corporea (BMI) superiore a 30 – aumenta il rischio di morire di Covid-19 di quasi il 50%, oltre ad aumentare di molto il rischio ospedalizzazione. L’eccesso di grasso corporeo può causare cambiamenti metabolici, come la resistenza all’insulina e l’infiammazione, che rendono più difficile combattere le infezioni, in più queste persone spesso presentano malattie cardiache o diabete di tipo 2, che aumentano ulteriormente i rischi da coronavirus.

Questo stato costante di infiammazione di basso grado può anche indebolire alcune risposte immunitarie, comprese quelle lanciate dai linfociti B e T, che vengono attivate dopo la vaccinazione.

Altre ricerche hanno dimostrato che anche il vaccino antinfluenzale è meno efficace nelle persone con obesità rispetto a quelle normopeso.

Il nuovo studio, che non è stato ancora sottoposto a peer review, suggerisce che un problema simile potrebbe verificarsi con i vaccini Covid-19.

“Poiché l’obesità è un importante fattore di rischio di morbilità e mortalità per i pazienti con Covid-19, è obbligatorio pianificare un programma di vaccinazione efficiente in questo sottogruppo”, hanno commentato al The Guardian gli autori dello studio. “Sebbene siano necessari ulteriori studi, questi dati possono avere importanti implicazioni per lo sviluppo di strategie di vaccinazione per Covid-19, in particolare nelle persone obese. Se i nostri dati dovessero essere confermati da studi più ampi, dare alle persone obese una dose extra di vaccino o una dose più alta potrebbe essere un’opzione da prendere cautamente in considerazione in questa popolazione “.

Comunicazione, Stampa e Relazioni Esterne IFO
Responsabile: Lorella Salce

Istituto Nazionale Tumori Regina Elena
Istituto Dermatologico San Gallicano
Simona Barbato 
Daniela Renna 
Francesco Bianchini 

 

Fonte: Ufficio Stampa IFO

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