SCOMPENSO CARDIACO: UN PERCORSO A OSTACOLI PER I PAZIENTI CHE NE SOFFRONO NEL LAZIO. Seconda tappa del roadshow virtuale “LUI BATTE PER TE, TU BATTITI PER LUI” Importanti le evidenze emerse
Nel Lazio l’assistenza è a macchia di leopardo: i pazienti sono spesso diagnosticati in ritardo e curati in maniera disomogenea. Manca l’attuazione del PDTA e l’emergenza COVID ha rallentato lo sviluppo di progetti di gestione integrata dei pazienti. È urgente realizzare una rete territoriale efficiente che possa prendere in carico le persone con scompenso La campagna, promossa dal gruppo di lavoro composto dai Professori Gianfranco Gensini, Francesco Musumeci, Gino Gerosa e Fabrizio Oliva, con il contributo non condizionante di Abbott, fotografa il quadro della situazione e propone azioni concrete affinché i pazienti possano contare su operatori consapevoli, percorsi di cura e terapie efficaci, oltre che sull’effettivo impiego delle tecnologie evolute ad oggi disponibili.
✓ Un’indagine IPSOS sul livello di conoscenza dello scompenso e sui suoi percorsi di cura mette a fuoco le criticità del sistema: manca il coordinamento fra i medici che hanno in carico il paziente, così come manca una rete di supporto per i pazienti e le loro famiglie
✓ Dal confronto fra i rappresentati regionali di AISC (Associazione Italiana Scompensati Cardiaci), i medici di medicina generale (FIMMG), i cardiologi ospedalieri (ANMCO) ed universitari (SIC), gli internisti (FADOI) e le Istituzioni, emergono luci e ombre della gestione regionale
✓ A sottovalutare il problema è tutta la popolazione: appena il 23% degli abitanti del Lazio sa che la prima causa di morte è costituita dalle malattie cardiovascolari e non dai tumori. Dato ancora più allarmante è quello relativo alla conoscenza dello scompenso cardiaco: ben il 77% della popolazione regionale non ha alcuna idea di cosa sia lo scompenso cardiaco
✓ L’isolamento dei pazienti con scompenso cardiaco mette in pericolo la loro vita, soprattutto in epoca Covid, con gli accessi agli ospedali contingentati e i programmi di monitoraggio in affanno.
14 dicembre 2020. Seconda tappa della campagna di sensibilizzazione sullo scompenso cardiaco “LUI BATTE PER TE, TU BATTITI PER LUI”. Il roadshow virtuale in 4 appuntamenti, partito da Firenze a inizio novembre, arriva oggi nel Lazio dove nel 2019 sono stati oltre 19mila i ricoveri causati da questo complesso quadro di sintomi che, se non curato in maniera adeguata e tempestiva, porta a un rapido peggioramento delle condizioni di salute. E l’emergenza Covid non ha fatto che allungare i tempi e i modi di risposta a questi pazienti particolarmente fragili. Si tratta infatti generalmente di persone anziane, per lo più over 75, spesso affette anche da altre patologie. Malati complessi, come dimostrano i dati di mortalità: l’11% muore a 30 giorni dal ricovero e, fra quanti ritornano a casa, oltre il 13% ha bisogno di essere nuovamente ricoverato entro un mese dalle dimissioni (fonte: Prevale 2020 Lazio)
A fare luce sulla situazione nel Lazio è la seconda tappa del roadshow organizzato nell’ambito della campagna “LUI BATTE PER TE, TU BATTITI PER LUI”, promossa dal gruppo di lavoro composto da Gianfranco Gensini, Francesco Musumeci, Gino Gerosa e Fabrizio Oliva per portare all’attenzione dei cittadini e delle Istituzioni la necessità di un più ampio e approfondito livello di informazione sullo scompenso cardiaco e di una migliore gestione dei pazienti. Un bisogno messo in evidenza con precisione dall’indagine realizzata dall’Istituto di Ricerca IPSOS, che ha coinvolto specialisti e popolazione individuando i nodi critici del percorso del paziente scompensato. Primo fra tutti, una mancanza di coordinamento fra le diverse figure professionali coinvolte nella cura di questa condizione, tutte importanti per gestire al meglio il paziente, ma spesso lasciate senza gli strumenti necessari per svolgere al meglio il proprio ruolo. A tutto ciò si aggiunge una scarsa sensibilità e conoscenza da parte dell’opinione pubblica. Mentre appena il 23% dei gli abitanti del Lazio sa che la prima causa di morte è costituita dalle malattie cardiovascolari e non dai tumori, il dato ancora più allarmante riguarda la conoscenza dello scompenso cardiaco da parte di questi ultimi: ben il 77%, infatti, non ha alcuna idea di cosa sia questa grave condizione.
“Come dimostra la ricerca condotta da IPSOS, solo una quota limitata della popolazione ha una buona conoscenza di cosa sia lo scompenso cardiaco e di tutte le opzioni terapeutiche disponibili per curarlo. Anche per i medici non è uniformemente ben conosciuta la diffusione delle possibilità terapeutiche (trapianto o VAD)” afferma Gian Franco Gensini, Presidente ITAHFA, Direttore Scientifico dell’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni e coordinatore del gruppo di lavoro della campagna “LUI BATTE PER TE, TU BATTITI PER LUI”. “É invece fondamentale che tutti siano consapevoli della gravità di questa condizione così che i pazienti possano arrivare alla diagnosi prima rispetto a quanto succede oggi e possano essere trattati tanto con la terapia farmacologica quanto con quella meccanica, a seconda del quadro clinico individuale”. Questo il tema centrale emerso dal secondo incontro della campagna, tenutosi ieri, a cui hanno partecipato numerosi rappresentanti regionali delle principali società scientifiche e associazioni di pazienti coinvolti nella gestione del paziente scompensato.
L’INCONTRO: la malattia e le terapie
Lo scompenso cardiaco, o insufficienza cardiaca, è una condizione molto complessa, progressiva e spesso “silenziosa”, in cui il cuore non riesce a fare arrivare il giusto apporto disangue a tutto il corpo. Generalmente si sviluppa a seguito di altre patologie cardiovascolari che rendono il muscolo cardiaco più debole e “rigido”. Negli over 65 è la prima causa di ricovero ospedaliero1 . L’indagine IPSOS svela anche la percezione degli italiani nei confronti dei diversi trattamenti, tutti chiaramente indicati come molto efficaci: da quelli elettrici (impianto di defibrillatori o di pacemaker) a quelli farmacologici, da quelli chirurgici (interventi di bypass, angioplastica coronarica, riparazioni valvolari) e all’impianto di dispositivi meccanici come il VAD (Ventricular Assist Device, dispositivi di assistenza ventricolare che fanno le veci del cuore), fino ad arrivare al trapianto di cuore. Appare però evidente che in pochi sappiano ad esempio cosa sia un VAD: il 97% degli abitanti del Lazio non ne ha mai sentito parlare. Allo stesso modo anche fra i medici di base il VAD, nonostante le eccellenti prestazioni, è scarsamente conosciuto: 1 su 3 non ne ha mai sentito parlare, mentre gli specialisti indicano come barriera al suo utilizzo il numero limitato di centri in grado di gestire il dispositivo.
“Le disfunzioni cardiache dovrebbero essere riconosciute il più precocemente possibile, così da poter assicurare al paziente la cura migliore. Per farlo è necessaria però una collaborazione fra medici di famiglia, cardiologi ospedalieri e territoriali”, sottolinea Giuseppe Pajes, presidente di ANMCO Lazio. “È fondamentale creare percorsi chiari e facilmente accessibili tramite una rete assistenziale diffusa e capillare che consenta di indirizzare i pazienti nel giusto centro nel quale possano accedere alla terapia più appropriata”. Se infatti la terapia medica rappresenta la prima via da percorrere per il paziente scompensato, nelle forme avanzate o acute questa non basta e bisogna ricorrere al trapianto di cuore. In attesa della disponibilità dell’organo o nel caso in cui il paziente non sia candidabile al trapianto per età o presenza di comorbidità, si può optare per l’impianto di Sistemi di Assistenza Meccanica al Circolo (MCS), come i dispositivi VAD (Ventricular Assist Device, dispositivi di assistenza ventricolare).
“Il VAD, una pompa meccanica che vicaria la funzione del ventricolo sinistro, è indicato nei pazienti che non rispondono più ad una terapia medica massimale. Deve essere impiantato tempestivamente, prima che le disfunzioni multiorgano ne rendano impossibile l’utilizzo, e può migliorare sensibilmente la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti.” afferma Francesco Musumeci, Direttore del Centro di Cardiochirurgia al San Camillo di Roma e Vice Presidente Fondazione “Cuore Domani”. È quindi fondamentale creare una rete tra cardiologi e cardiochirurghi e migliorare il dialogo tra le cardiologie del territorio e i centri di cardiochirurgia per far diventare il VAD un’opzione terapeutica concreta. È un approccio che promuovo e invoco da tempo, ma serve ancora una forte presa di coscienza da parte dei numerosi operatori. Serve informazione, serve aggiornamento e soprattutto serve dialogo. Questo è il valore che la campagna di informazione che stiamo promuovendo intende portare a medici, pazienti e istituzioni”.
“Dal punto di vista epidemiologico esiste una concreta difficoltà a stimare la prevalenza dello scompenso cardiaco nella popolazione generale perché gli strumenti che abbiamo a disposizione non sono adatti a costruire un algoritmo affidabile. È pertanto urgente diffondere e implementare linee guida per la codifica dello scompenso dalle schede di dimissione ospedaliera così da poter avere dati di qualità, anche relativamente all’uso dei dispositivi di terapia meccanica”, ha dichiarato Marina Davoli, direttore del Dipartimento Epidemiologia della Regione Lazio. “Seppur con questi limiti il dipartimento di epidemiologia ha valutato la qualità del percorso di cura dei pazienti con scompenso facendo emergere come questa sia una delle condizioni croniche con minore aderenza alla terapia farmacologica, non solo nel Lazio ma in molte regioni d’Italia. Un’analisi approfondita del percorso delle persone con scompenso cardiaco, a partire dalle raccomandazioni cliniche basate sulle evidenze scientifiche, può essere prodotta e condivisa con la Regione nell’ambito della programmazione della rete cardiologica”.
BACKGROUND: la campagna “LUI BATTE PER TE, TU BATTITI PER LUI”
Primo obiettivo della campagna è promuovere e sostenere in maniera concreta un dialogo continuativo e un confronto sempre più diretto tra pazienti, professionisti del settore e Istituzioni tramite il roadshow virtuale che toccherà Toscana, Lazio, Veneto e Lombardia, per poi concludersi nel 2021 con un evento nazionale in cui verranno presentati i risultati dei lavori regionali e le prime indicazioni operative. Gli incontri, che vedranno la partecipazione dei rappresentanti delle società scientifiche, delle Istituzioni regionali e dei pazienti, permetteranno di prendere in esame tutte le opportunità per un percorso di presa in carico ottimale del paziente scompensato, offrendo a tutti gli attori coinvolti l’occasione di condividere richieste, necessità e proposte legate alle esperienze cliniche e umane maturate nei rispettivi territori. In particolare, l’indagine IPSOS evidenzia che esiste una precisa percezione della mancanza di un collegamento organico tra tutti i medici impegnati nel percorso del paziente.
È necessario stabilire un filo diretto tra medico di base, internista, cardiologo e cardiochirurgo, creare una rete di supporto organizzata ed efficiente per il paziente, garantire che quest’ultimo sia preso in carico da un team multidisciplinare coordinato rispetto alla strategia clinica da seguire e che sia diffuso su tutto il territorio nazionale un protocollo condiviso tra le figure che entrano a far parte del percorso del paziente. “La problematica maggiore per i pazienti con scompenso cardiaco, soprattutto nelle fasi più avanzate, è rappresentata dalla necessità di ricorrere troppo spesso al Pronto Soccorso ed alla conseguente ospedalizzazione per riacutizzazioni della loro patologia. Come Cardiologo Clinico coinvolto nelle gestioni delle fasi acute di tali pazienti ho avuto modo di raccogliere quindi la loro richiesta di poter evitare tanti periodici aggravamenti della loro malattia e il loro suggerimento a tale scopo è che si possa realizzare un maggior coordinamento tra medici di Medicina Generale e specialisti, per arrivare con chiarezza al miglior percorso di cura in tutte le fasi della malattia, e non sentirsi abbandonati una volta usciti dall’ospedale. Forte è inoltre il bisogno di una rete di supporto e di assistenza che vada oltre la cura medica”, spiega Salvatore di Somma, Professore di Medicina D’Urgenza e Direttore Scientifico AISC. “Il tour virtuale contribuirà a rappresentare queste esigenze anche di fronte alle Istituzioni regionali”.
La campagna verrà illustrata e raccontata su una pagina Facebook che darà spazio a informazioni e consigli utili per la prevenzione e la gestione della patologia, tramite l’utilizzo di un linguaggio semplice e chiaro.
Per ulteriori informazioni Angélia Comunicazione:
Simona Vecchies
Valeria Carusi
Fonte: Angélia Comunicazione