I pro e i contro delle vaccinazioni ai malati reumatici
Gilda Sandri, Vicepresidente CReI: «Chi soffre di una patologia reumatica richiede più attenzioni, alcune tipologie di vaccini potrebbero causare la riattivazione della malattia. Ma sfatiamo tutte le fake news sull’argomento che ancora circolano perlopiù in rete: i vaccini sono oggi l’unico mezzo che abbiamo a disposizione per prevenire patologie che potrebbero essere potenzialmente mortali. Sì ai vaccini, dunque, anche a chi ha una patologia reumatica con le dovute precauzioni valutate caso per caso dal reumatologo o dal team di esperti che ha in cura il paziente».
Roma, 11 settembre 2019 – Vaccinazioni ai malati reumatici: sì o no? È un dubbio che gli esperti stanno cercando di sciogliere: molti dei pazienti affetti da patologie autoimmuni, per via delle terapie, diventano immunodepressi e, di conseguenza, molto più inclini a essere colpiti da infezioni. Attualmente, in questi pazienti la causa più frequente di morte non sono le patologie reumatiche ma le infezioni stesse. Per questa ragione, sono stati stilati dei protocolli per le vaccinazioni delle persone che seguono particolari trattamenti immunosoppressivi. C’è un però: è stato ipotizzato che alcune vaccinazioni possano scatenare talora reazioni autoimmuni, ma queste ultime possono essere ingenerate con maggior frequenza dalle infezioni da agenti infettivi selvaggi. «Le vaccinazioni sono l’unico mezzo che oggi abbiamo per contrastare malattie che potrebbero essere potenzialmente mortali. Sono dunque fondamentali per prevenirle. Purtroppo, soprattutto online, circolano ancora tante fake news sul tema ed è bene smascherarle», avverte la Vicepresidente CReI, Gilda Sandri, reumatologa presso l’AOU Policlinico di Modena. Che cosa dovrebbe sapere chi soffre di una patologia reumatica? «Innanzitutto che le vaccinazioni possono essere di due tipi, con virus inattivi o vivi attenuati: queste ultime, nella popolazione dei nostri pazienti, potrebbero essere sconsigliabili se c’è il rischio che riattivi la malattia o che crei delle complicanze. Ma il virus inattivo, invece, non crea nessun dubbio: si può fare. Anzi, è più che consigliabile».
«Dei vaccini non bisogna avere paura perché sono degli strumenti di straordinaria utilità, sia per le persone sane che per i malati. Per i malati reumatici ci sono stati tradizionalmente dei timori quando si parla di vaccinazione: il loro sistema immunitario è già compromesso e si teme possano esserci delle conseguenze se si inocula un vaccino», continua Paolo Bonanni, medico e Ordinario di Igiene del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Firenze. «Abbiamo a disposizione due tipologie di vaccini: inattivati e vivi attenuati. Nel primo caso, cioè per quei vaccini che non hanno all’interno agenti virali o batterici vivi che si riproducono e si moltiplicano, i vaccini sono estremamente importanti per i pazienti reumatici. Ad esempio, un vaccino contro l’influenza o la pertosse è fondamentale per loro, in quanto una cosa che sappiamo delle malattie autoimmuni è che spesso sono proprio le infezioni a scatenare la malattia in una persona predisposta geneticamente. Se un malato reumatico contrae una polmonite o un’influenza è sicuramente pericoloso in quanto comporta un peggioramento della sua situazione clinica». E quindi, che si fa? «Si deve vaccinare! Ovviamente ci sono precauzioni da osservare», continua Bonanni. «Nel caso, ad esempio, in cui si volesse vaccinare un malato durante le terapie immunosoppressive, cioè in una fase in cui il suo sistema immunitario è poco in grado di rispondere, sicuramente non si farebbe danno, ma non si otterrebbero nemmeno dei risultati. In poche parole, il vaccino in questi casi non produrrebbe alcun effetto. Ma in una fase di sospensione/riduzione delle cure o di remissione, le vaccinazioni contro influenza, pneumococco e difterite-tetano-pertosse (quest’ultima come richiamo) sono un indispensabile complemento alle terapie, e possono evitare peggioramenti della clinica del paziente. Una situazione diversa, invece, è quella dei vaccini vivi attenuati, come ad esempio morbillo, rosolia, parotite, varicella, herpes zoster: è necessaria una maggiore attenzione. Trattandosi di virus attenuati che interagiscono con un sistema immunitario poco funzionante, andando a somministrarli in un paziente sotto terapia immunodepressiva c’è il rischio che si comportino in modo più aggressivo. Sarà, dunque, il caso di effettuare la vaccinazione solo dopo aver sospeso la terapia da un tempo ritenuto sufficientemente adeguato. La cosa principale è ragionare in termini di valutazione rischio/beneficio», conclude Bonanni.
«I vaccini sono il miglior presidio medico a disposizione dell’umanità per prevenire malattie infettive che producono una notevole morbilità e mortalità. I vaccini hanno ridotto drasticamente le infezioni e quindi anche la morbilità e la mortalità conseguente alle infezioni stesse», interviene Corrado Betterle, specialista in Medicina Interna, Endocrinologia, Immunologia Clinica ed Allergologia, Professore Associato presso l’Università di Padova. «I vaccini, come qualsiasi altro presidio terapeutico, possono provocare degli eventi avversi che tuttavia sono di gran lunga inferiori per frequenza e gravità a quelli provocati dalle infezioni da agenti selvaggi. La maggior parte degli effetti collaterali è lieve o fastidiosa, e solo raramente possono essere gravi o eccezionalmente mortali». «Inoltre, è molto difficile definire la frequenza di effetti collaterali gravi attribuibili con sicurezza alla vaccinazione poiché i vaccini vengono somministrati in genere a bambini in un’età in cui sono soggetti a varie malattie esantematiche, per cui molti degli eventi avversi che si verificano durante o dopo la vaccinazione possono essere dovuti alle infezioni concomitanti prodotte da agenti selvaggi e non dai vaccini». «I pazienti con malattie reumatiche autoimmuni sono immunodepressi, sia per la malattia in sé che per il trattamento immunosoppressivo. Pertanto, sono più predisposti e vulnerabili alle infezioni», continua Betterle. «In questi pazienti, il rischio di complicazioni infettive è stimato essere circa il doppio rispetto alla popolazione comune. Nelle casistiche europee e sudamericane, tra il 20 e il 58% delle morti nei pazienti con malattie reumatiche autoimmuni non sono dovute alla malattia di base ma a complicanze infettive. Le infezioni più comuni sono quelle batteriche pneumococciche, da virus (influenzali, herpetici), fungine e parassitarie. Nelle ultime decadi la sopravvivenza dei pazienti con LES è andata notevolmente migliorando grazie alla diagnosi precoce e alle terapie immunosoppressive e biologiche, tuttavia le infezioni rimangono a tutt’oggi la causa più frequente di decessi in tali pazienti». La vaccinazione nei pazienti immunodepressi è efficace e sicura? «Per quanto riguarda l’utilità e l’efficacia dei vaccini nei pazienti con malattie reumatiche autoimmuni tra il 10 e il 20% dei casi i vaccini non si sono rivelati attivi, in quanto la terapia immunosoppressiva può rendere meno efficace la vaccinazione».
«È importante, però conoscere la relazione tra le vaccinazioni e l’insorgenza di eventi avversi, che sono per lo più lievi e transitori, come l’artralgia e la mialgia; molto raramente sono segnalate invece manifestazioni reumatiche gravi, come artrite e vasculite, che comunque nella maggior parte dei casi guariscono dopo adeguata terapia antiinfiammatoria. Ad esempio, l’artralgia, può essere un effetto collaterale di molti vaccini. Di solito dura pochi giorni e si può trattare con analgesici», sostiene Giovanna Zanoni, immunologa clinica presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e responsabile del “Canale Verde”, attività di consulenza e sorveglianza delle reazioni avverse a vaccinazioni per la regione Veneto. «Quando si approfondisce la correlazione tra un vaccino e una certa manifestazione clinica è importante prima di tutto escludere gli eventi non correlabili, quindi dovute ad altre cause. Nella valutazione dei casi in cui, invece, ci può essere un nesso causale è necessario tenere conto di vari criteri che includono la plausibilità biologica, la disponibilità di pubblicazioni e studi su quella specifica manifestazione, la presenza di un intervallo temporale compatibile e se vi siano stati dei fattori confondenti, come per esempio infezioni intercorrenti che potrebbero causare manifestazioni talvolta erroneamente attribuite ai vaccini. Solo in una parte dei casi quindi ci sono le prove certe che ci portano a dichiarare una manifestazione causalmente correlabile alla vaccinazione». «In conclusione, possiamo affermare che i vaccini in uso sono estremamente sicuri, ma in casi molto rari si possono osservare sospette reazioni avverse immuno-mediate. È importante segnalarle anche in caso di semplice sospetto ma documentare bene il caso per la farmacovigilanza, al fine di consentire la valutazione del nesso causale».