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SEVIZIO PUBBLICO, REGOLAMENTO E … (seconda parte)

linea60express… ABBONAMENTI.
Non è un errore di battitura. Il SERVIZIO ATAC a Roma ha perso il suo significato primo ed è diventato un SEVIZIO dei cittadini. Ecco la mia esperienza di stamattina (27 ottobre 2014).

Mattina. Circa ore 8:30. Devo fare in autobus il tratto da viale XXI aprile a viale Regina Margherita. Ho appena accompagnato all’asilo il bimbo più piccolo, 1 anno. Con qualche difficoltà e molti nervosismi (vedi la prima parte di questo articolo). Ora tocca alla più grande, 3 anni, che va alla materna.
Alle 8:33 passa un 60 Express. E’ talmente pieno che anche un paio di signori che sprizzano rinunciano a fare azione di sfondamento. La mia bambina dice “Troppo pieno”. Ok, aspettiamo il prossimo. Alle 8:54 (21 minuti dopo) arriva un 90 limitato a Porta Pia (!). Nel frattempo alla fermata si sono accumulate almeno una trentina di persone. L’autobus è già pieno come un uovo sodo. Escono poche persone. Una, districandosi e spingendo, dice “Madonna mia, non scende mai nessuno da quest’autobus! Salgono solo!”. E’ un classico prendersela con gli utenti, quelli che alla fine non hanno colpa!
Alla scuola materna di mia figlia si può entrare fino alle 9:00, perciò, nonostante la situazione a prima vista impossibile, non vedendo nessun altro autobus in arrivo neanche sulla tabella informativa, cerco di elemosinare un posticino: “Per favore, fate uno sforzo e vi fate un po’ più avanti? Devo portare la bimba a scuola!” grido da fuori.

Vedendomi con la bimba in braccio, diversi si muovono a pietà e si “assardinano” ancora di più. Entro. Sono comunque rimaste fuori una decina di persone. Le porte si chiudono sulla mia schiena a malapena! Insomma una classica situazione da mattina di ottobre a Roma sui mezzi. A chi no è mai capitato?
Due persone più in là c’è un barbone. “Cosa è questo cattivo odore, mamma?” chiede la piccola “Sai, l’aria è un po’ viziata. Non l’hanno cambiata stamattina!” rispondo, portando al buon umore qualche persona intorno, arrabbiata nera fino ad un attimo prima. Nulla da dire sui barboni, anzi. Ma quando si è “assardinati” così, non è un piacere per il naso!
Un signore gentile che mi ha intravisto mi offre il suo posto a sedere, ma, nonostante il peso di 16 chili, non posso accettare: “Grazie, ma non riesco ad avvicinarmi. Forse alla prossima fermata!”. Ed è vero. Siamo tutti talmente stretti che non riuscirei a passare nemmeno da sola, figuriamoci con la bimba in braccio. “Va bene, ci riproviamo alla prossima allora!”. Se non altro la situazione si fa piuttosto ilare. Non capita spesso in queste circostanze. Non riesco ad arrivare nemmeno a un sostegno e la piccola (molto giudiziosa lei) si preoccupa alla prima accelerazione. “Non preoccuparti” dice un signore sorridente “così nessuno rischia di cadere, anche senza reggersi”. Commenti più o meno concordanti tutti intorno.

Alla fermata successiva, tra qualcuno che scende e qualcuno che sale, noi “sardine” ci riassembliamo un po’, e io finisco vicino a 2 signore, ma purtroppo più lontano dal signore che mi aveva offerto il posto. Sempre con la bimba in braccio che ora comincia ad avere paura dell’assembramento e a lamentarsi del caldo (non riesco a toglierle il cappotto) mi riadatto alla nuova posizione. Cerco di rassicurarla. Per fortuna anche una delle 2 signore è molto gentile, e dice qualcosa di carino.

Poi inizia a parlare con l’altra, raccontando di come suo figlio è traumatizzato dagli autobus proprio per via della paura di soffocamento e di come quest’anno non gli ha fatto la tessera per questo. “Le cose sono peggiorate ultimamente” aggiunge. L’altra risponde “Altroché. Io faccio da anni la tessera. Le cose sono peggiorate da giugno 2013”. Mi stupisco della precisione! “Hanno cominciato a lamentare la crisi, poi c’è stato lo scandalo dei concorsi e tutto è peggiorato. Lessi sui giornali che sembra che con la giunta precedente hanno messo tutti gli amici, ed è finita con un mangia mangia generale”. Solitamente questi discorsi li sento in bocca a pensionati o persone che a malapena riescono a costruire una frase corretta in italiano. Stavolta si tratta di una persona di un certo livello culturale, informata e in età “lavorativa”.
Anche l’altra, che sembra dello stesso tipo, è d’accordo, e risponde: “Anche io faccio l’abbonamento annuale, sempre a novembre. Quest’anno però non lo rinnovo”. “Nemmeno io!” dice una voce un po’ più in là”. Risatina generale. “Guardi come siamo costretti a viaggiare!” riprende la signora “Nemmeno gli animali! Si rischia anche la salute.”. “Ha ragione. Siamo concittadini, non dovrebbero trattarci così. E va a finire che ci fanno sbranare l’un l’altro perché ci incattiviamo!”. Comincio a sorridere. La mattinata era cominciata davvero male. Ma almeno ho incontrato dei passeggeri davvero carini: non capita tutti i giorni, purtroppo! “Ci stanno esasperando. Poi dicono di non prendere la macchina! Io non vorrei prenderla …”. “Certo, e chi la vuole prendere! No, dico, chi mai vorrebbe più prendere la macchina ormai, con questo traffico e i parcheggi!” forse esagera un po’, ma la logica non fa una grinza. “Ha ragione! Io ho sempre preferito il mezzo pubblico, ma così è impossibile. Fino a due anni fa, bastavano 5 minuti per fare questo tratto. I mezzi erano sufficienti. Ora in inverno, quando ci sono le scuole, siamo in questa situazione, e da giugno a settembre diminuiscono la frequenza, così aspetti delle mezze ore!”. Con un sorriso sempre più grande le faccio notare che oggi abbiamo aspettato comunque 21 minuti! Ok, sono ancora un po’ arrabbiata, ma non è che la situazione del momento è proprio rosea. Non riporto il resto della conversazione, piuttosto prevedibile.

Nel frattempo un altro passeggero, gentile e (anche lui) sconsolato, si è alzato vedendomi con la bimba in braccio. Nonostante la quasi impossibilità di qualsiasi movimento, riesco a infilare la piccola e a farla sedere (io non ce la farei) con gran sollievo della mia schiena.

Il pensiero mi ritorna da solo all’esperienza di meno di un’ora prima, con la “simpatica” conducente che mi ribadisce regolamenti e regole dell’ATAC, e di come lei li rispetta e li vuol fare rispettare.
Così mi chiedo: c’è una voce del regolamento ATAC che dice: “Non nuocere il tuo concittadino” o qualcosa di simile, che sia per esempio tipo la prima legge della robotica “Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno”? Poi penso che i conducenti non sono robot, ma esseri umani … già! “Come è umano lei” avrei dovuto dirle alla Fantozzi. Eppure io sono ancora contenta che siano esseri umani … quasi sempre!

E invece una voce del regolamento che dice che il servizio pubblico, essendo al servizio del pubblico, deve tenere in considerazione le esigenze di tale pubblico? Non so se questo è scritto nel regolamento, ma di certo è una di quelle regole non scritte che si dovrebbero sempre tenere in considerazione quando si manda avanti un’azienda e si vogliono far quadrare i conti.

Non sono dell’idea che il cliente ha sempre ragione, ma nemmeno sempre torto. Se vuoi vendere un prodotto devi renderlo appetibile e, soprattutto, devi dare un servizio che incontri il più possibile le esigenze del cliente. E allora perché l’ATAC non lo fa? Ah già, non ha concorrenza, almeno non diretta. Sarà per questo che approfitta così della sua posizione predominante? E che alcuni (credo il minor numero) dei suoi dipendenti si comportano come se fossero integralisti con la Bibbia in mano?

Forse sì. O forse no. In ogni caso, l’esasperazione non ha mai portato buoni frutti. Sarei stupita di scoprire che portare i cittadini a rinunciare a rinnovare gli abbonamenti porterà buoni frutti all’azienda. Per quanto mi riguarda quest’anno sono stata fautrice di 3 abbonamenti: il mio, quello di mio marito e quello di mio cognato e l’ho fatto per la gestione dei bambini a scuola. Se portare i bambini sull’autobus è problematico o addirittura traumatico, perché dovrei rifarlo l’anno prossimo? Diversi episodi mi hanno fatto mettere già in discussione questa decisione.

Qualunquismo? Solita solfa? Discorsi triti e ritriti? Se davvero è così, significa che certi problemi sono già durati troppo a lungo ed è ora di cambiare. Non mi interessa parlare di Alemanno o Marino, di giunte o di politica, ma delle difficoltà quotidiane di chi vive in una grande città, che si sommano a tante altre difficoltà e problemi a volte più grandi, ma anche meno diretti. Sono queste le cose che colmano la misura.

In ogni caso, alla fine ce l’abbiamo fatta: sono arrivata a scuola (pubblica), in ritardo, alle 9:12 e, nonostante ci sia scritto il regolamento di entrata e uscita sulla porta, le maestre hanno fatto entrare mia figlia.

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