Febbraio 1988: cinque donne, tra cui l’attuale presidente Gabriella Carnieri Moscatelli, uniscono le loro idee e le loro forze per dire basta alla violenza sulle donne.
Nasce Telefono Rosa.
Oggi l’associazione onlus conta operatrici che stabiliscono un primo importantissimo contatto telefonico con le donne che chiedono aiuto, ma anche psicologhe, avvocatesse civiliste e penaliste, tutte volontarie. In oltre vent’anni di impegno, hanno aiutato tante donne a vivere una vita degna di questo nome.
Tra loro c’è Laura Vassalli, che da cinque anni, assieme ad altre operatrici, risponde a chi decide di uscire dall’incubo.
La sua voce è calma, il tono è quello di chi sa ascoltare. Se mai la vita mi riservasse il terribile destino che tocca ancora oggi a tante donne, vorrei ci fosse una come lei dall’altra parte del telefono.
Signora Vassalli, una donna chiama Telefono Rosa. Quali sono i motivi per cui lo fa?
I motivi sono infiniti, dalla separazione alla violenza, anche economica, nel senso che ci sono delle donne che devono subire perché non hanno alternative. Magari non hanno un lavoro, e quindi si trovano a vivere una situazione disperata, ma che non sanno come risolvere.
Chi trova a risponderle e che tipo di aiuto può ottenere?
Trova quattro volontarie che si alternano al telefono. Noi compiliamo una scheda, in modo che quando la donna poi viene qui, la psicologa e l’avvocato hanno più o meno un’idea del problema.
Noi chiaramente dobbiamo anche indirizzare la donna. Può aver bisogno di un avvocato civilista, e allora la informiamo sui giorni in cui sono presenti le nostre civiliste, o magari di un avvocato penalista.
Qui siamo tutte volontarie, sia noi che rispondiamo al telefono, sia le avvocatesse, sia le psicologhe.
Telefono Rosa nasce a Roma nel 1988. In questi anni come avete visto cambiare la condizione delle donne?
Io sono qui da cinque anni, e posso dire che se c’è stato un cambiamento, si vede nel fatto che finalmente si denuncia di più. Può darsi che nel frattempo sia aumentata anche la violenza, ma personalmente ritengo che un tempo si teneva più nascosta, si aveva più paura.
Oggi esiste ad esempio la legge sullo stalking, e ci sono possibilità maggiori di essere ascoltate, protette, e di poter fare qualcosa.
Certo c’è moltissimo da fare. Basta leggere i giornali, c’è un caso di violenza su una donna ogni due giorni …
Com’è possibile che nel 2010, in una parte di mondo considerata civile, stiamo ancora parlando di violenza sulle donne?
Purtroppo è così, perché c’è probabilmente insita in certi uomini, una mentalità per cui la moglie o la figlia sono proprietà, non persone. E la proprietà non deve essere loro tolta, non può andarsene o decidere che non vuole più vivere così.
Poi c’è il problema importantissimo dei figli. Una cosa è una coppia di adulti, anche se come leggiamo sui giornali, le reazioni anche in questi casi sono assolutamente pazzesche, ma poi ci sono i figli.
Quando il maltrattamento riguarda anche i figli, intendo dire se ad esempio i figli assistono ai maltrattamenti, allora le donne sono spinte a dire no, adesso basta.
Esiste una fascia di donne più esposta alla violenza, o è un fenomeno che va al di là delle differenze sociali, culturali ed economiche?
E’ un fenomeno trasversale.
Importante è come la donna ha vissuto nella sua famiglia di origine e cosa ha visto.
Il comportamento di una madre e di un padre può influire molto, perché il figlio maschio può ritenere normale il comportamento paterno e quindi ripeterlo, mentre la figlia femmina, se ha avuto una madre che ha sempre subito, probabilmente tende ad avere lo stesso comportamento.
Quali sono i segnali che dovrebbero far scattare l’allarme rosso, quelli che travestiti da amore sono in realtà controllo, ossessione …
A tutte noi volontarie è capitato almeno una volta di sentire una donna raccontare la propria storia, e chiederci se davvero non ci fossero stati dei segnali in precedenza.
Io non credo che il comportamento del partner cambi improvvisamente dall’oggi al domani. Spesso sono segnali che non si colgono, o non si vogliono cogliere. Si pensa ‘io lo cambierò’.
Più di qualche volta ho sentito ‘sì, vabbè, ma qualche schiaffo … ‘, non dando il giusto peso a quel gesto.
Una donna è in difficoltà. Come può mettersi in contatto con voi?
La sede di Telefono Rosa a Roma è in viale Mazzini 73.
Si può telefonare ai numeri 06- 37 51 82 61/2, o anche mandare una mail all’indirizzo telefonorosa@alice.it.
Ci chiamano da tutta Italia. Noi abbiamo anche altre associazioni a cui fare riferimento, perché non facciamo consulenza telefonica, e quindi, se ci chiamano da posti dove noi non ci siamo, possiamo comunque indirizzare le donne ad altre associazioni.
A Roma, tra l’altro, abbiamo anche una casa di accoglienza.
E’ possibile sostenere Telefono Rosa?
Magari, perché noi non siamo sovvenzionate da nessuno, siamo una onlus. Abbiamo la casa di accoglienza, e poi siamo un’associazione che promuove tante iniziative e progetti. Un aiuto ci serve.
Visto che siamo nel periodo della dichiarazione dei redditi, si può donare il 5×1000. Il codice fiscale da indicare è 96169350582.
Donazioni tramite banca: Banca Intesa San Paolo, via Angelo Brofferio 23 – Roma.
IBAN IT17V0306903329100000000050. Causale: donazione Telefono Rosa.
Oppure tramite bollettino postale intestato a Telefono Rosa, numero 85243004, specificando sempre come causale ‘donazione’.
Grazie davvero.