Dopo quasi 2 anni di attesa, lo scorso anno di questi tempi, è stato pubblicato il Bando di Concorso per l’ammissione dei Laureati in Medicina e Chirurgia alle scuole di specializzazione mediche. E così i laureati, di cui la maggior parte in corso, si sono ritrovati da fine 2006 a metà 2009 incanalati in una sorta di imbuto che ha raccolto aspiranti specializzandi per almeno una dozzina di sessioni di laurea. Migliaia di concorrenti quindi.
E pensare che il numero di medici in formazione specialistica per tutore non può essere superiore a 3 e varia secondo le caratteristiche delle diverse specializzazioni!
Noi di EZRome abbiamo parlato con due giovani medici, anzi due giovanissime dottoresse, laureate tra il 2007 e il 2008, che hanno vissuto e stanno vivendo la cosiddetta “saga dello specializzando”.
Le nostre due eroine si chiamano Marta e Chiara, classe 1982, due storie e due esperienze diverse, ma una passione comune e una dedizione tale che non si sono fermate di fronte a nessun ostacolo.
Vogliamo porre loro alcune domande che possano far comprendere anche ai non addetti ai lavori, lo stato e la situazione delle specializzazioni mediche in Italia.
Ci puoi raccontare il tuo percorso dalla laurea od oggi?
Marta: Il mio progetto e il mio sogno era quello di entrare alla scuola di specializzazione in Francia, dove tra l’altro avevo fatto l’Erasmus. Appena laureata sono tornata lì per un periodo, ma proprio durante quell’anno è cambiato il regolamento interno, limitando l’accesso alla scuola da parte degli studenti dell’UE, ai soli laureandi.
Perciò, rammaricata, sono tornata in Italia e ho cercato una scuola più accessibile e meno gettonata rispetto al Policlinico di Roma, dove mi sono laureata, che ho trovato al nord, in cui l’accesso è senza dubbio più regolato e meritocratico. Sono stata lì un anno come medico volontario, non remunerata, aspettando il concorso, che è arrivato lo scorso anno.
Sono entrata al primo tentativo e ora sono quasi al secondo anno di specializzazione in Medicina interna.
Chiara: Dopo la laurea nel marzo 2008, ad appena un mese dalla nascita della mia bambina, ho conseguito l’abilitazione a luglio, rispondendo poi ad un avviso di concorso pubblico per la copertura di un posto con contratto da libero professionista presso il Pronto Soccorso della mia città. Al tempo stesso ho continuato a frequentare il reparto di Ortopedia, con cui avevo discusso la tesi e presso cui ero già interna, in attesa del concorso. Nel 2009 però il mio sogno di partecipare a quel tanto atteso concorso si è infranto: il professore mi ha chiaramente detto che la mia gravidanza era risultata inopportuna e che quindi sarebbe entrata un’altra persona al mio posto, che aveva rispettato frequenza e “parametri interni”. Ad oggi continuo l’attività in PS e contemporaneamente frequento il reparto di Medicina interna presso un’università di Roma in attesa del prossimo concorso.
Pensi che l’accesso alle scuole di specializzazione medica in Italia avvenga per meritocrazia?
M.: Dipende dalla scuola. Io ne ho cercata una in cui vigesse il criterio meritocratico, ma a Roma o nelle facoltà più prestigiose si entra per raccomandazione. Alla scuola blasonata o all’università più grande corrisponde quasi sempre un fattore maggiore di raccomandazione, spesso e volentieri dettato da dinamiche politiche.
A Roma alcuni tipi di scuola di specializzazione, come ad es. Medicina legale, sono inaccessibili, mentre al nord si entra più facilmente, in tempi più stretti e soprattutto per merito.
C.: No perché in Italia ciò che conta sono soprattutto la conoscenza e le raccomandazioni, il fatto di avere le spalle coperte e un rapporto diretto col professore di riferiemnto. Allora si che hai la strada spianata. Una volta aver superato questo primo step, ci si deve mettere in mostra il più possibile, farsi vedere sveglio ed attento, presente, attivo e proattivo, anche se ben poco si fa per costatare le vere capacità dell’aspirante specializzando. Certo dipende dalle situazioni, c’è anche chi si distingue perché capace, ma non nella maggior parte dei casi. Solo alla fine viene il merito. In Italia è impossibile entrare in specializzazione se non la si è pianificata dai primissimi anni di studio.
Sei a conoscenza del funzionamento, sempre che ve ne siano, delle scuole di specializzazione all’estero?
M.: Nell’UE ultimamente si è tutto omologato, esiste anche all’estero la scuola di specializzazione, ed io lo so perché mi ero informata sia su Francia che su Spagna. In queste realtà però il concorso è nazionale, il che limita le raccomandazioni e rendere il criterio più omogeneo. Ho sentito dire (anche se ormai sono anni che gira la voce e non è ancora cambiato nulla) che anche l’Italia si debba adeguare al resto d’Europa, anche se qui i direttori di ogni singola scuola vogliono mantenere il proprio potere e quindi stanno cercando di allungare i tempi.
Anche le modalità del concorso in Italia sono anomale rispetto al resto d’Europa: da noi i quiz sono estratti da una banca dati che ne contiene 15.000, per cui basta impararli a memoria senza dare spazio e valutare veramente la conoscenza.
C.: Posso fare gli esempi di Spagna, Inghilterra e soprattutto Francia, che è la realtà che conosco meglio. Oltralpe la tesi viene discussa durante il II anno di specializzazione, mentre l’ingresso alla scuola di specializzazione, che si basa sulle conoscenze acquisite durante il percorso di studi, avviene al 6° ed ultimo anno di Medicina. Non esistono studenti interni, il concorso è nazionale, per cui si sceglie la specializzazione in base alla graduatoria. Lì c’è veramente meritocrazia, più sei altro in graduatoria, più hai facoltà di scelta. Così accade anche in Spagna ed Inghilterra.
Come vedi il tuo futuro professionale?
M.: Penso che non avrò difficoltà a trovare lavoro perché la mia specializzazione, Medicina interna, è molto ricercata, ha molto a che fare con gli anziani (che in Italia sono in costante aumento), anche se non è una specializzazione ambiziosa, non si fa ricerca in questo settore. E’ però riconosciuta in UE e non mi precludo l’idea di andare a lavorare all’estero in futuro.
C.: Un po’ negativo, il mio futuro non è molto ben definito, e anche essendo già entrata nel mondo del lavoro, si parla sempre e comunque di precariato e instabilità. Ora sono indecisa: portare avanti la mia attività lavorativa aspettando e sperando in una stabilizzazione o tentare la lunga e tortuosa strada della scuola di specializzazione?
Queste le voci di due futuri medici specialisti, le voci di due ragazze di una generazione maltrattata e disillusa, che hanno messo la passione prima di tutto e che non si sono fermate di fronte agli ostacoli di un sistema che andrebbe rivisto… che ne pensate?