Nel panorama universitario c’è un’altra categoria di studenti: i lavoratori. Questi sono molti e trovano nel percorso di studi non poche difficoltà.
Per tanti, lavorare e studiare contemporaneamente, è una necessità, che può nascere da diverse esigenze. La prima è sicuramente l’indipendenza economica. Molte volte, la famiglia non è in grado di “mantenere” il figlio universitario, ma ci sono casi – e non sono rari – in cui è lui/lei che semplicemente se la vuole cavare autonomamente.
Come abbiamo già trattato esistono dei contributi universitari che vanno incontro a chi ha il reddito minimo. Capita però che i primi anni o anche in seguito, non si riesce a far parte dei vincitori, perché a fare domanda sono centinaia e centinaia di studenti e allora cosa si fa?
Si cerca un lavoro. Non importa se è inerente alla facoltà scelta. L’importante è che sia sufficiente, per pagare libri, dispense e tasse.
Se si è fortunati, si trova un lavoro part-time, ma non è facile trovare questa tipologia, mentre nel peggiore dei casi, un lavoro a tempo pieno, e li la situazione si complica. In entrambi i casi è durissima. Il lavoro part-time è quello che permette allo studente di gestire meglio il suo tempo, ma ha come rovescio della medaglia lo stipendio basso, mentre il full time ha come vantaggio la retribuzione economica. Il più grande problema è il tempo da dedicare allo studio. Non è semplice trovare la forza di mettersi sotto i libri dopo 8 ore di lavoro.
Sebbene negli ultimi anni il mondo universitario sembra aver fatto dei passi in avanti a favore di questa categoria, nella realtà dei fatti, il cammino è ancora molto lungo.
Con il Nuovo Ordinamento è stata introdotta una formula di iscrizione universitaria che è chiamata Part-time o Tempo parziale. Questa consiste nella possibilità di aumentare gli anni di corso, plasmando i crediti universitari, che non devono superare i quaranta e non devono essere inferiori ai venti annui. In questo modo diminuisce l’importo della tassa universitaria.
È sicuramente una agevolazione, ma come è la vita all’interno dell’Università per chi lavora?
Non certo facile. Infatti gli studenti/lavoratori incontrano non pochi ostacoli, e riuscire a preparare gli esami è un vero e proprio slalom gigante.
Nello scenario universitario ci sono dei docenti che possono essere divisi in due categorie:
– Quelli che vengono incontro a chi lavora e sono disponibili a chiarimenti e agevolazioni.
– Quelli che se ne infischiano e non vengono assolutamente incontro a chi lavora.
Chi lavora si trova molto spesso a non poter frequentare i corsi. Questo è già una penalizzazione, perché, chi è frequentante ha modo di poter ascoltare e comprendere la lezione direttamente dal professore, mentre chi non frequenta ne è impossibilitato.
Molti corsi hanno, su carta, l’indicazione, senza obbligo di frequenza, ma in realtà, quando lo studente va a informarsi con il docente, esce fuori che la frequenza è VIVAMENTE CONSIGLIATA!
Cosa significa? Che prima di tutto, se non frequenti, ti danno un programma a parte che è una “zavorra”. La maggior parte dei corsi universitari prevede questo. Oltre al programma base ti vengono dati dei libri aggiuntivi che molte volte ahimé, non sono pochi. Anzi, superano anche di gran lunga, il doppio del programma dei frequentanti.
Quindi, ricapitolando, lo studente lavoratore ha meno tempo per studiare, perché ovviamente buona parte della giornata la passa in un ufficio, o in un ristorante, o in un bar o in un qualsivoglia posto di lavoro e ha il doppio del programma rispetto a chi ha più tempo. Non solo, al momento dell’esame alcuni docenti, se sanno che non hai frequentato il loro corso, ti mettono in difficoltà.
Fortunatamente non sono tutti così. Ci sono quelli invece, che capiscono quali sono le esigenze di chi lavora. Rispondono tempestivamente alle mail, ti danno esaustive spiegazioni, organizzano i loro ricevimenti in orari diversi, e soprattutto, invece che il doppio dei libri, danno delle dispense aggiuntive, trattanti i reali argomenti del corso.
Un altro problema è il datore di lavoro. Perché quando si deve sostenere un esame, sono necessari dei giorni per prepararsi e bisogna chiedere dei permessi di studio. Questo non sempre mette sotto una buona luce lo studente all’occhio del principale. Anche qui la situazione esteriore è a favore dello studente.Tutti i lavoratori, iscritti regolarmente a un corso di laurea, hanno a disposizione 150 ore di permessi retribuiti in tre anni per frequentare corsi e lezioni. Durante il periodo degli esami i lavoratori studenti possono fruire di ore libere retribuite.
Il datore di lavoro può richiedere documentazione comprovante la reale frequentazione dei corsi o partecipazione agli esami. Queste sono delle grandi facilitazioni, ma tenete conto che sono a favore solo per coloro che hanno un contratto lavorativo in regola. Sappiamo che molto spesso non è così, in questo caso, i permessi diventano non retribuiti e ottenerli e veramente arduo.
Come avrete notato da qualsiasi angolazione la si vede lo studente/lavoratore non ha vita facile.
I più determinati vanno avanti per la loro strada, ingogliano i bocconi amari e cercano di dare il meglio, ma sono tanti quelli che alla fine si trovano a dover scegliere tra il lavoro e lo studio, abbandonando l’università.
Chi decide di non mollare si dedica, anima e corpo, ma soprattutto testa, al suo sogno, prendere la laurea, nella speranza che un domani sia utile per trovare un lavoro migliore.
Nel fare questo ci vuole tantissima autodisciplina e capacità organizzativa. Uno dei migliori modi è quello di pianificare le giornate, in modo da equilibrare le proprie attività. Questo comporta ore insonni, nottate, “alzatacce” la mattina presto, e moltissimi week end passati sotto i libri. Ogni momento libero è l’occasione per stare al pari con il programma d’esame.
Poi ci sono le ore in cui lavori in cui devi essere produttivo e lucido. Non è facile, ma non impossibile. Lo so perché ci sono passata e con grande fatica ce l’ho fatta.
Chi raggiunge il traguardo universitario in questo modo lo apprezza ancor di più, ma nel momento in cui si cerca di trovare un nuovo lavoro e di utilizzare il tanto sudato “pezzo di carta” si incontrano altre problematiche. . . ma questa è un’altra storia.