Ormai da anni si sente parlare di dati negativi relativi alla crescita della popolazione italiana. Le nascite sono in netto calo da lungo tempo, tanto che se non fosse per l’immigrazione la nostra nazione sarebbe ormai un Paese di pensionati con troppi pochi lavoratori a produrre i soldi per le pensioni. O forse è già così. Eppure quando si iscrive il proprio bambino nelle liste degli asili nido comunali, le speranze di trovare posto sono assai scarse. E le condizioni per rientrare nelle graduatorie sembrano essere ogni anno più restrittive.
A Roma in particolare il problema è molto sentito e sta diventando sempre più urgente per più di un motivo. Il primo motivo è di carattere positivo: sembra che finalmente la tendenza a fare un solo figlio stia finendo e comunque sono in lieve aumento le nascite. Il secondo è purtroppo meno allegro: la crisi ha portato conseguenze importanti sul bilancio di tutti i comuni e i tagli sono inevitabili. Questi problemi sono stati presi in considerazione dai più recenti sindaci della capitale. Anche se di posizioni politiche opposte, le diverse giunte hanno affrontato il problema e cercato di porvi rimedio. Eppure il problema permane e il nodo della questione non si scioglie: i posti non sono sufficienti.
Nonostante la presenza di più di 180 asili comunali, solo chi ha una condizione economica o sociale decisamente difficile riesce ad accedervi. Infatti i requisiti sono molto restrittivi: oltre alla questione di residenza in un dato municipio di almeno un genitore o un nonno, ci sono i valori dell’ISEE da tenere in considerazione, ovvero l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Il calcolo di questo valore è legato al reddito, ma anche al numero di figli, alla situazione familiare (ragazze madri, divorziati, ecc.), alla situazione di salute del bambino, e via dicendo. Relativamente a questo valore, e alla fascia oraria scelta, cambia la quota da versare. Il problema resta quello del numero massimo di bambini che ogni struttura può ricevere, da cui ne segue una graduatoria in cui ai primi posti vanno le famiglie con ISEE più basso, e via via salendo fino ad esaurimento disponibilità.
Purtroppo i posti non sembrano mai essere abbastanza e anche chi non ha un reddito elevato non entra. Conseguentemente sono le fasce medie, come spesso accade, ad avere le maggiori difficoltà di accesso a queste strutture, chi insomma non è sufficientemente povero da rientrare nelle liste, ma neanche sufficientemente facoltoso da potersi permettere un nido privato.
Se a questo si aggiungono i ricorrenti problemi di chi dichiara il falso per tasse, reddito e condizione, il fatto che la fascia media sta diventando progressivamente più povera ormai da circa 3 anni, e il fatto che proprio chi è in questa fascia non può permettersi di avere un solo lavoratore in famiglia, è naturale il senso di rabbia e frustrazione che ne deriva.
Così, quando si può, ci si rivolge ai nonni o a qualche zio in pensione. Quando non si può restano le baby sitter, che però non sempre costituiscono una soluzione più economica. A volte per rientrare nel bilancio si rischia di trovare persone poco preparate o, peggio, poco affidabili.
Chi ha una disponibilità di reddito anche solo appena sufficiente, tenta con uno dei numerosi asili nido privati. La situazione però spesso non è rosea nemmeno in questi casi. Ancora una volta le tariffe sono determinanti: quelli meno cari si riempiono più in fretta e in questi casi l’ISEE non ha nessuna importanza, perciò chi arriva prima trova posto!
Ma quali sono questi costi? In generale, oltre alla quota di iscrizione che può aggirarsi intorno al centinaio di euro, c’è una quota mensile che parte dai 300 euro e può arrivare fino ai 600. Si parla naturalmente di media. E’ forse superfluo aggiungere che esistono prezzi ancora più alti … se si vuole proprio rientrare nell’elite.
Anche per i nidi privati comunque le tariffe variano a seconda delle fasce orarie prescelte. In particolare si deve porre attenzione al pranzo, incluso o meno, che può far apparire alcuni prezzi illusoriamente più bassi. In alcuni casi anche le merendine, i pannolini, le salviettine e le creme per il cambio sono inclusi. Per risparmiare bisogna accontentarsi dei prodotti forniti dalla struttura, e non sempre è la scelta migliore per il bambino.
In conclusione, se si riesce a trovare un posto in un asilo privato con tariffe per il tempo pieno che vanno dai 400 ai 500 euro al mese ci si può considerare fortunati!
Un buco nero importante per una nazione che ha per gli asili nido le tariffe più care d’Europa e che, sottovalutando troppo spesso questo problema, mina il tasso di produttività del Paese attraverso una scadente e superficiale politica dell’occupazione femminile.