Laura Quintarelli, presidente della sezione italiana della Federazione Internazionale dei Coach, ha gentilmente accettato di rispondere a qualche domanda sul fenomeno del coaching in tempi di crisi come questo. L’esperienza non le manca visto che ha iniziato a lavorare nella formazione e nelle risorse umane circa 10 anni fa. Da alcuni anni si occupa di coaching. In particolare ha seguito progetti di: corporate coaching, personal and life coaching e coaching politico. Lavora per la Fedro Training & Coaching società da lei fondata insieme ad altri partner, una delle prime ad occuparsi di questi temi in Italia. Ha fatto molta esperienza all’estero, in particolare negli stati uniti, dove ho collaborato con NLP Comprehensive. Ha pubblicato due libri insieme a Bruno Benouski e Riccardo Santilli: – conquistare il cliente con la PNL – L’arte di trasformare i desideri in risultati entrambi editi in Italia da Franco Angeli.
Laura, la federazione internazionale cosa sta organizzando per i suoi iscritti in Italia?
Diverse sono le iniziative in atto, alcune totalmente gratuite, come i Coaching Days in cui chiunque può avvicinarsi a questo particolare mondo e partecipare a piccoli workshop introduttivi, o come la manifestazione che si è tenuta il 23 e il 24 di questo mese che ha visto trai partecipanti John Whitmore, un vero punto di riferimento per tutta la comunità dei coach. Ha tenuto due interventi davvero interessanti sull’evoluzione, come chiave di successo e sulle prospettive del coaching nell’immediato futuro. Ma la manifestazione è stato un susseguirsi di interventi formativi e di workshop utili per chi fa la nostra professione, tanto è vero che la Federazione Internazionale ha riconosciuto ai partecipanti gli opportuni crediti formativi ICF. Per la nostra professione il costante aggiornamento professionale è di vitale importanza. Ed è per questo che sono in programma dei laboratori formativi gratuiti nelle anche nelle maggiori città italiane.
Laura tu sei anche socio fondatore di Fedro Training & Coaching, una dinamica azienda con base a Roma, cosa state preparando in questo senso?
Moltissime cose. Siamo molto attivi nel campo del coaching a tutti i livelli e, in particolare, siamo impegnati nella creazione di scuole di coach interne alle aziende. Questa soluzione, specialmente in un momento di crisi come l’attuale permette di fornire alle singole aziende le risorse necessarie per dotarsi di uno strumento altrimenti costoso e di camminare con le proprie gambe sfruttando appieno tutte le potenzialità del coaching unita al fatto di avere delle risorse interne in grado di praticarla. Dopo tutto il nostro mestiere è quello di costruire la consapevolezza delle proprie risorse. Un approccio di questo tipo, in cui aiutiamo le risorse interne a crescere e a diventare a loro volta coach ci è sembrato il più naturale. Nel giro di un anno noi mettiamo in grado le parte del personale interno all’azienda di essere completamente autosufficiente per tutte le esigenze di costruzione della consapevolezza. Passata la fase finale l’azienda può camminare con le proprie gambe, almeno per quanto riguarda la formazione del personale di livello intermedio.
E per i dirigenti e i manager in generale?
Beh, in quel caso ci riserviamo di intervenire ancora in prima persona perché il lavoro diventa più delicato, la pressione cui sono sottoposti i vertici di un’azienda richiede un trattamento più maturo ed esperto. Pensa solo a come si sentono spesso in questo momento di crisi.
Hai menzionato la crisi, come l’avete avvertita nel vostro settore negli ultimi mesi?
La crisi non ha fatto che far aumentare le esigenze di crescita personale e di consapevolezza e nel nostro settore è aumentata molto la richiesta di coaching personale, a sostegno delle figure chiave che sono decisamente sotto pressione in questo periodo. D’altra parte a mio avviso sono tre i fattori fondamentali che rendono il ricorso alle nostre competenze un’arma vincente:
1) la valorizzazione dei talenti e la fidelizzazione degli stessi: in un periodo di crisi nessuno può permettersi il lusso di non sfruttare al 100% le risorse interne, quindi di ignorarne anche solo l’esistenza e ancora meno ci si può permettere di lasciarsi sfuggire le risorse indispensabili per il rilancio aziendale; d’altra parte è noto che sono proprio i talenti che aumentano la mobilità in periodi come questi;
2) l’assunzione di responsabilità quale base di partenza per affrontare i problemi e risolverli in un’ottica di schiettezza e di efficienza; fondamentale in un periodo di confusione, dove spesso eventi si susseguono ad eventi, in un effetto domino che crea più polverone che altro;
3) la gestione dell’emotività, quindi dello stress e dell’eccessiva pressione cui sono tutti un po’ sottoposti; mantenere la calma e la lucidità in momenti di panico generalizzato può fare la differenza fra il disastro e la sopravvivenza.
Ma quali sono gli ostacoli concreti che questa crisi produce?
Comunque lasciami dire che, più della crisi, ciò che ci troviamo ad affrontare è la paura della crisi. La sensazione è quella di dover lavorare molto sulla gestione dell’emotività per fronteggiare qualcosa che in Italia ancora non è molto concreto, anche se solo per il terrore generato può far danni molto concreti. Ed ecco quindi che è fondamentale vedersi da fuori, come di consueto per un percorso di coaching, per scoprire le proprie caratteristiche e trovare i propri punti di forza. In generale noi aiutiamo le persone a rendersi conto del proprio valore, osservandosi dall’esterno e le orientiamo al cambiamento, all’evoluzione di sé mantenendo però una certa coerenza con gli impegni che ci si è assunti nel proprio percorso evolutivo.
Quindi la crisi vi ha creato più lavoro?
Mah, sai, il nostro è un settore relativamente nuovo ed in continua crescita. Pensa che il business del coaching l’anno scorso si è attestato sui 15 milioni di Euro raddoppiando dall’anno prima. Sono sicura che anche quest’anno le performance saranno di tutto rispetto. La nostra Federazione in Italia conta circa 300 iscritti, la maggior parte dei quali operanti fra Roma e Milano, anche se non mancano rappresentanti di un po’ tutte le realtà economicamente più attive, e credo che avranno tutti un bel po’ da lavorare in questo periodo.
Tutto questo parlare di efficienza ed efficacia mi fa venire in mente la realtà pubblica, dove la performance potrebbe essere più difficile da raggiungere. Hai avuto esperienze in questo senso?
Non credere che nel pubblico non ci sia l’attenzione a questi temi, anzi spesso ho partecipato a progetti molto interessanti, sia a livello di amministrazione che a livello di società controllate dallo Stato. E’ chiaro che in alcuni casi particolari il nostro lavoro, che si focalizza nel far acquisire consapevolezza del contesto e delle regole, evidenzia delle situazioni disfunzionali, ma è naturale e lo vedo come un fattore positivo. Un punto d’inizio. Comunque so di molti miei colleghi che lavorano benissimo in contesti come le amministrazioni locali, con ottimi risultati.