Nel corso dell’800, l’idea di dar vita ad un istituto di cultura tedesca a Roma era oggetto di accese discussioni. Roma era vista come meta ideale per gli artisti di tutta Europa che qui avrebbero potuto esprimersi nel pieno della loro creatività, sostenuti dall’incredibile tradizione artistica di cui la città era intrisa. Anche in Germania, dove i giovani artisti si appassionavano alla lettura del diario di viaggio di Goethe, il desiderio di conoscere dal vivo i paesaggi, i colori, la vitalità della città eterna si faceva sempre più pressante.
Dopo il fallimento dei primi tentativi, che portarono tuttavia all’apertura dell’Istituto Archeologico Germanico e di una biblioteca di storia dell’arte a Palazzo Zuccari, nel 1913 Eduard Arnold fondò Villa Massimo, l’Accademia Tedesca di Roma.
Nato nel 1849 da genitori ebrei, fu stimato sin da giovane per le sue capacità commerciali e divenne una personalità di spicco nella Germania guglielmina. Egli mostrò presto una grande abilità nel mondo degli affari, tanto da essere nominato titolare della ditta presso cui aveva iniziato a lavorare e portò quest’ultima ad un successo internazionale.
Oltre alla spiccata intraprendenza commerciale, egli aveva due interessi importanti: la società e l’arte. Egli si impegnò sempre in favore delle persone bisognose e fondò addirittura un orfanotrofio femminile, dove le ragazze potevano studiare e acquisire così capacità necessarie per realizzarsi sia nel privato che oltre le mura domestiche.
La grande passione per l’arte lo spinse non solo a comprare moltissime opere, sia di pittori olandesi e italiani del rinascimento, che di artisti a lui contemporanei. Nella collezione del mecenate si possono annoverare opere di Monet, Manet, Renoir, Degas e Picasso e naturalmente artisti tedeschi quali Böcklin, Thoma, Liebermann, Gaul.
Come i suoi contemporanei, anche Arnold fu ammaliato dal fascino italiano e scelse Roma come luogo ideale per dare vita a un punto di ritrovo per gli artisti tedeschi. Così nel 1910 acquistò un terreno poco distante dalla Via Nomentana dove fece costruire Villa Massimo.
Per la costruzione si affidò allo scultore Louis Tuaillon e all’architetto Maximilian Zürcher, il quale si occupò degli ateliers e del parco, dando libero sfogo alla sua creatività bizzarra e anticonvenzionale.
Già nel 1913 i primi artisti premiati con un soggiorno a Roma, in base ad una selezione promossa dall’Accademia delle Arti di Berlino, furono accolti nella Villa. Il grande flusso di ospiti illustri e visitatori appassionati fu interrotto con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale quando l’Accademia fu chiusa.
Nel secondo dopoguerra gli atelier furono destinati agli artisti italiani che si erano distinti per la coraggiosa partecipazione alla Resistenza e Villa Massimo divenne così un punto di incontro per diversi protagonisti della scena romana tra cui Alberto Moravia, Carla Accardi, Renato Guttuso.
Essi continuarono a frequentare l’Istituto anche dopo il 1957, quando tornarono ad alloggiarvi artisti tedeschi selezionati secondo criteri nuovi. Tra i borsisti non erano più ammessi solo pittori e architetti, ma anche di scrittori e musicisti, spesso già noti in patria.
A Elisabeth Wolken, direttrice dell’Istituto fino al 1993, si deve la fortunata idea del Festival di Villa Massimo, da cui negli anni novanta scaturì il “RomaEuropa Festival”. Un ulteriore incremento alla già florida attività artistica promossa nella Villa, fu portato dall’attività di Jürgen Schilling, proiettato verso una divulgazione bipolare dell’arte: egli promosse parimenti l’opera di artisti tedeschi e italiani, spingendo anche il pubblico a rinnovare continuamente il confronto e l’integrazione tra le due culture.
In seguito a lavori di restauro, l’Istituto è stato riaperto nel 2003 sotto la guida di Joachim Blüher che ha introdotto interessanti novità. Tra queste si ricordano le Grandi Serate degli Ateliers, in cui vengono esposte le opere dei borsisti; le mostre a tema organizzate durante l’anno e l’intrigante manifestazione “Soltanto un quadro al Massimo”. Non mancano eventi volti alla riflessione su temi di attualità e manifestazioni di danza e musica contemporanea che contribuiscono a rendere l’Accademia meta ambita non solo per i “germanisti romani”, ma per tutti gli appassionati di cultura nel senso più ampio del termine.
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