“Il rimanente venne distrutto da Papa Sisto V nell’inverno 1588-89 per mano del suo architetto Domenico Fontana. I lavori costarono al papa 905 scudi, abbondantemente compensati dal ricavato in peperino, travertino, marmi rari e colonne.
Trentatré blocchi di pietra furono usati nella fondazione dell’obelisco di Piazza del Popolo; 104 blocchi di marmo nel restauro della Colonna Antonina, includendo la base della statua di San Paolo che la corona; 15 nella tomba del Papa nella Cappella del Presepio in Santa Maria Maggiore, e altrettanti nella tomba di Pio V…”
A cosa si sta riferendo qui l’archeologo ed ingegnere Rodolfo Lanciani (1845 – 1929)? Si tratta del Settizonio (chiamato pure Settizodio), ossia una facciata monumentale del ninfeo. A questo punto sorge spontanea una domanda, cos’è allora un ninfeo? Era un edificio sacro dedicato ad una ninfa, in genere edificato nei pressi di una fontana, o comunque di una sorgente d’acqua.
Il Settizonio era stato fatto realizzare, nel 203, dall’imperatore Settimio Severo ai piedi del Colle Palatino e lungo la via Appia. Non si hanno, invece, notizie certe sull’etimologia del termine, si ipotizza che rimanderebbe ad una struttura idrica monumentale, la quale conteneva le statue delle sette divinità planetarie (Saturno, Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove e Venere). Il Settizonio ha ospitato pure la tomba di Geta, figlio di proprio Settimio Severo e Giulia Domna. L’edificio, però, iniziò a cadere in rovina a partire dall’VIII secolo. Nel 1198, ricordiamo, il Settizonio ospitò il primo conclave che decretò, come nuovo Pontefice, Lotario dei Conti di Segni (poi divenuto Papa Innocenzo III).
Il declino continuò fino alla demolizione decisa da Papa Sisto V nel XVI secolo.
Oggi si può vedere il progetto originale del Settizonio tramite alcune stampe e rimane anche il tracciato alla base del Palatino.