L’aria è più saporita che altrove e la luce, anche al tramonto, picchietta come una cascata di diamanti sui pini parasoli dai capelli verdi e crespi. In questo spazio rarefatto dal tempo il mare si vede e si sente. E’ nelle narici. E’ sulla pelle. E’ sui volti della gente traghettata dal tempo tra le mille avventure di una città di mare. E’ la parte più antica e secolare di Ostia. E’ Ostia Antica: risorta dal suolo attraverso l’opera instancabile dell’uomo affinché anche noi potessimo camminare tra basi e mura di edifici romani, tra mosaici dai temi marini, tra anfiteatri e tra rovine che si spurgano di erba e pini.
Dai natali vetusti, Ostia Antica, sorge, quale colonia e porto dell’antica Roma, a Sud della foce del Tevere e a soli 24 Km dalla capitale. Le sue origini sono legate al suo essere stata colonia militare per il controllo della costa e porto fluviale ancorato all’Urbe, soprattutto, per l’approvvigionamento di grano. La metà del I sec. a. C. segna il massimo splendore della colonia; quale colonia romana a tutti gli effetti (dotata di magistrati propri), infatti, conosce un ingente sviluppo economico e demografico nonché, ad opera dei vari imperatori, nel corso del tempo, fu oggetto di una razionale pianificazione urbanistica di cui gli scavi archeologici ne hanno svestito l’avvenenza.
Una immensa città ridotta a un reticolo di rovine immerse nel verde, attraversabile a piedi da Porta Romana a Porta Marina. Una grande strada, questa, da cui in parallelo e in perpendicolare ci si inoltra in altre vie e viuzze, che non portano solo verso gli edifici caratterizzanti il quotidiano della vita in età romana, ma conducono, dall’inizio alla fine, nell’intimo della magnificenza e del caparbio lavoro di quelle presenze “assenti”, invisibili, adombrate dal passato. Basta chiudere gli occhi e ascoltare in silenzio mentre la storia si ridesta e diventa presente: le strade ritornano a pullulare di vita e di gente, i cortili si animano, nelle botteghe a piano terra si contrattano le merci e ai piani superiori vivono le famiglie del ceto medio mercantile e urbano, i magazzini abbondano di grano e mercanzie, e le donne si ritrovano quotidianamente alle fulloniche per lavare le stoffe o al mercato, macellum, al bivio delle vie di grande passaggio. E poi c’è chi si incontra al Teatro Augusteo (edificio del 12 a.C., sorto sotto Augusto, e ristrutturato nel 196 d.C., con una capienza di 3.500-4.000 posti e l’ingresso principale direttamente collegato all’orchestra, particolarità, questa, che non è stata rinvenuta in nessun altro teatro antico); oppure nel Piazzale delle Corporazioni (portico quadrangolare sormontato da colonne doriche) al riparo delle intemperie o solo per una passeggiata ad ammirare, sul lato occidentale, il calco dell’altare raffigurante le origini di Roma; mentre, alle Terme di Nettuno (nate sotto Domiziano e ricostruite da Adriano, apprezzate soprattutto per i mosaici alloggiati all’ingresso e nella sala maggiore, dove il Trionfo di Nettuno, che alla guida di quattro scalpitanti ippocampi, è circondato da un corteo di mostri marini, nereidi e tritoni, anticipa quello della sala adiacente con Anfitrite, regina del mare) la passeggiata collima tra palestre, cisterne e vasche tutto debitamente riscaldate attraverso il calore propagato da una condotta di tubi in terracotta . E se un incendio minacciava la città e i magazzini di grano? Niente paura. Dalla Caserma (in via della Palestra, costruita intorno al 90 d.C., abbellita anch’essa con una serie di mosaici, in bianco e nero, raffiguranti dei crateri) partivano i vigili del fuoco per spegnere l’incendio. E se qualcuno perdeva la vita durante il disastro allora la Necropoli di Ostium (Bocca del fiume), collocata tra l’attuale via Ostiense e via Laurentina, offriva un incredibile campionario di “soluzioni”: edifici funebri, oggi, perfettamente conservati che tramandano la memoria di riti praticati dai romani al cospetto del dramma della morte.
E mentre la storia riprende il suo dialogo con i visitatori di oggi, mostrando ancora la moltitudine dei templi dedicati alle varie divinità, a testimonianza di una città cosmopolita, dove al suo interno vivevano razze e culture differenti e che a seconda della professione venivano raggruppati in sodalizi, in base alla lingua e alla religione (ne sono un esempio i templi dedicati a Mitra, persiana, a Cibale, frigia, e a Iside, egizia), allora ci si rende conto quanto, in questo luogo, possa essere veramente ambiguo e “povero” il concetto di “rovine”.