Tra questi ingredienti, mi sono risposto, non ci sono solamente mirabili opere architettoniche, pregevoli testimonianze storiche ed incantevoli prospettive paesaggistiche. Uno dei fattori essenziali è la possibilità di poterla ammirare da lontano, spesso dall’alto di uno dei suoi sette colli, con la evanescente sensazione di potere almeno per un attimo controllare, dominare, capire la sua eterea concretezza. Ed è forse questa stessa sensazione, che spinge chiunque l’attraversi a voler fotografare ogni sorta di angolo, panorama e scorcio.
L’affaccio sul Tevere dalla sua terrazza è strepitoso, con una vista che spazia da Trastevere fino a Monte Mario, posando lo sguardo sull’Isola Tiberina e sulle più importanti cupole del centro storico. Dentro il Parco, accanto ad alti pini domestici (Pinus pinea), numerose piante di aranci amari (anche detti melangoli, Citrus auranthium) rendono l’ambiente colorato e fiabesco, soprattutto nel periodo invernale.
L’atmosfera che si respira all’interno di questo spazio è davvero unica. Gi sposi novelli lo scelgono spesso per le foto, le coppie di innamorati per abbracciarsi al tramonto, i turisti curiosi per immortalare un momento indimenticabile, molti romani per leggere o studiare serenamente, circondati da relax e tranquillità. Ma anche una nutrita colonia di parrocchetti monaci (Mayiospitta monachus), che nell’orto dei domenicani hanno probabilmente trovato il posto ideale per vivere e riprodursi.
Adiacente all’ingresso principale, sul lato sinistro del cancello e su quello destro del portale, è situata una fontana monumentale composta da due pezzi indipendenti. La vasca di granito egizio, ritrovata all’interno di antiche terme romane, ed un mascherone marmoreo attualmente posto su uno strato parallelepipedo di travertino. La figura rappresenta probabilmente il dio Oceano e presenta folti baffi e ciglia aggrottate. La collocazione scultorea all’interno di una grande conchiglia genera un risultato particolarmente suggestivo. L’opera risale al periodo barocco (lavoro del 1593 di Bartolomeo Bassi) e fu inizialmente posta ad ornamento di una fontana situata in Campo Vaccino.
Il viale principale del Giardino è intitolato al grande attore Nino Manfredi, che amava trascorrere molto del suo tempo libero nella tranquillità di questo luogo.
Dall’interno sono ben visibili i resti dell’antico fortilizio dei Savelli, con mura medioevali, torri e ponte levatoio ancora in ottimo stato. Dopo il XIII secolo, la rocca non perse la sua strategica funzione bellica, che durò addirittura fino al XIX secolo, quando nel 1849 fu utilizzata contro i francesi a difesa della Repubblica Romana.
Durante la stagione estiva il Parco si anima di luci e suoni, ospitando eventi tra i più svariati. Nel corso delle ultime stagioni, il programma delle “estati romane” lo ha visto più volte come scenario d’eccezione per concerti e rappresentazioni teatrali.
Ecco cosa intendevo per suggestione, fascino, malinconia. Emozioni che Roma ci dona in ogni squarcio della sua bellezza. Il Giardino degli Aranci è incastonato sul colle Aventino, in una delle zone più in della capitale, a pochi passi dal “buco di Roma”, da Chiese eccezionali e da ville spettacolari. Uno sguardo dalla sua terrazza sull’orizzonte della capitale, in un giorno qualsiasi dell’anno, ha un valore inestimabile.
Per raggiungere il Giardino degli Aranci è possibile servirsi della metropolitana, scendendo alla fermata “Circo Massimo” della linea B, oppure dei diversi mezzi pubblici di superficie (numeri 23, 44, 81, 160, 170, 204, 628, 715, 716, 781, 810). Lasciando a casa la macchina, per quanto possibile, potremo ammirare con maggiore tranquillità tutto quanto di meraviglioso ci troveremo ad incontrare.