“Roma diventerà la sua casa: emigrate a Veio o Quiriti, se pure questa casa non occuperà anche Veio!”: queste le invettive dei Romani sulla nuova abitazione di Nerone. Megalomane ed esaltato progetto di una città in forma di villa.
La Domus Aurea , “casa dorata” in latino, era una maestosa costruzione voluta dall’imperatore romano Nerone dopo il grande incendio che devastò l’Urbe nel 64.
Costruita in mattoni, nei pochi anni tra l’incendio e il suicidio di Nerone avvenuto nel 68, trasse il nome dagli abbondanti rivestimenti in oro, che insieme a soffitti stuccati ricoperti di pietre semi-preziose e lamine d’avorio, costituivano parte degli arredamenti di un così stravagante edificio .
La residenza dell’imperatore si estendeva per circa 2,5 Km quadrati, la maggior parte dei quali erano occupati da giardini, boschi e vigne; non solo, nella piccola valle formata dai tre colli su cui si estendeva, Palatino, Esquilino e Celio, sorgeva un laghetto, in parte artificiale, nel luogo in cui sarebbe sorto più tardi il Colosseo.
Magisteri e machinatores di questo fastoso progetto furono gli architetti Severo e Celere, che con grande maestria seppero condurre, nel rispetto dei disegni ben definiti dell’imperatore, una grande e magnifica isola verde in piena città. Un immenso grande parco i cui elementi estetico-decorativi concorressero ad enfatizzare l’elevato e raffinato stile di vita del sovrano. Uno stile che, mutuato da quello dei sovrani precedenti, sapesse tradurre in tangibile concretezza una concezione di vita straordinaria, libera da ogni condizionamento e restrizione morale.
I resti a noi sopravvissuti di questa maestosa e fantasmagorica residenza, risultano oggi notevolmente ridimensionati e ridotti ormai ad un vasto padiglione situato sul colle Oppio (pendici dell’Esquilino) e orientato secondo i punti cardinali. Ben poca cosa rispetto all’originaria imponente composizione architettonica.
Il Celio, mediante la parziale riconversione del Tempio di Claudio in ninfeo, costituiva il confine meridionale della residenza il cui ingresso (o vestibolo) era collocato nei pressi del tempio di Venere e Roma, di fronte al Colosseo, i cui lavori di edificazione iniziarono solo qualche anno più tardi, la cui valle lasciava ampio spazio ad un enorme stagno sistemato a porto di mare. Altri edifici con giardini e vegetazione incolta incorniciavano il complesso, inserendolo in un’aura di grande suggestione scenografica.
L’imperatore si concedeva dunque spazi incommensurabili, a perdita d’occhio, nel cuore dell’Urbe, noncurante delle disagiate condizioni in cui questa versava e della sua cruda realtà. Un’ampia fetta di territorio veniva in questo modo sottratta alla città: ciò appariva tanto più insulso e offensivo, quasi provocatorio, nei confronti della maggior parte della popolazione che viveva in insule (le case delle masse contrapposte alle domus che erano le case dei ricchi) affollate e dimesse, in un cumulo di edifici compressi e affastellati, spaziati fra loro da vicoli bui e angusti. Ma ciò non sembrava interessare Nerone, il cui solo intento era quello di creare per sé una dimora “degna di un uomo”.
All’imperatore premeva realizzare una reggia mastodontica e fastosa, in grado di rappresentare le istanze culturali e divine di un imperatore atto a vestire la corona raggiata.
Da fanatico qual’era, Nerone, aderì ai principi filosofico- teologi della cultura mazdea e al mitraismo, e divenne perciò fervente sostenitore del culto solare. La sua abitazione doveva pertanto incarnare tali principi, anzitutto nel suo orientamento: la disposizione delle stanze doveva essere calcolata tanto da permetterle di essere inondata di giorno da una luce intensa, abbagliante, a cui l’oro dei rivestimenti conferiva un aspetto prezioso e abbacinante.
La presenza nel vestibolo di ingresso dell’incombente colosso neroniano, nei panni di Helios, era come una dichiarazione di intenti.
La stessa scelta del nome sembrerebbe a tal proposito assai eloquente, suggerendo per la dimora imperiale un instrumentum regni, ossia un ulteriore mezzo per far capire al suo popolo la sua potenza e la sua aspirazione a realizzare una propria età dell’oro.
Ma quanto appare diversa oggi la dimora d’oro: stanze buie e oscure lasciano appena intravedere la ricchezza e lo scintillio originario; al lume fioco delle torce le pareti restituiscono a fatica la pennellata mirabile del pittore Fabullus, che nonostante il passare di epoche e di secoli lasciano vivo nel loro incuriosito visitatore la loro fiera e passata grandezza.
Informazioni:
Parco del Colle Oppio
Mezzi: Metro Colosseo BUS 30/ 95 87 117 175 810 850
Tutti i giorni tranne il martedi 9.00-20.00
Biglietto intero: 9,5 € con archeologo, 6 € senza archeologo
ridotto: meno di 18 anni e più di 65, 4,5 € con archeologo, 1 € senza archeologo
Tel. 0639967700 Prenotazione obbligatoria