E’ difficile pensare che ci sia un romano che non abbia avuto l’occasione di passarci attraverso almeno una volta. E certo anche gran parte dei turisti che, visitando la città, hanno voluto scoprire gli affascinanti vicoli di Trastevere, ci saranno facilmente capitati. Eppure non si può dire che, almeno dal nome, sia una delle Porte più famose di Roma.
Uscendo dalla Porta Settimiana si andava un tempo verso gli Horti Imperiali, quella parte della campagna dove sorgevano le sontuose ville dei nobili che lì andavano a riposarsi dalle fatiche della vita politica. Allora era appositamente fortificata, e rimase tale anche quando Alessandro VI Borgia la fece ornare, nel sedicesimo secolo, con i merli che ancora la sormontano. Allo stesso periodo risale anche via della Lungara, allora detta via Recta, che era stata pensata e predisposta per portare i pellegrini dal porto sul Tevere, proprio nelle vicinanze della porta, a San Pietro, come una sorta di via Santa verso il tempio della cristianità.
Quando poi nel Seicento le mura Aureliane vennero soppiantate da quelle Gianicolensi, più esterne e più alte, Porta Settimiana perse il suo ruolo difensivo e simbolico di ingresso nella città eterna, e conseguentemente anche la sua importanza strategica e quella formale.
Il nome che ancora porta sembra risalire al figlio dell’imperatore Settimio Severo, Publio Settimio Geta, cui appartenevano anche gli Horti Getae adiacenti al Tevere, anche se in alcuni testi si preferisce invece legarlo al Tempio di Giano, che si trovava poco a nord (porta a settentrione di Giano sembra essere in questo caso l’origine più accreditata del nome).
Oggi la Porta Settimiana si trova tra il carcere di Regina Coeli e le stradine di Trastevere, piene di locande e ristorantini, dietro l’orto botanico e vicino alla chiesa di Santa Croce delle Scalette, o del Buon Pastore, dove nell’Ottocento molte ragazze venivano mandate dal giudice dei minori per essere redente e rieducate, dopo aver subito violenza o essere state costrette alla prostituzione.
Incastonata in una sorta di percorso che si alterna tra meravigliose ville nobiliari e tristi edifici di riscatto dallo squallore della povertà, tra lo sfarzo dei palazzi della vecchia nobiltà, ora trasformati in centri di cultura, e l’antica miseria del popolo che ancora si legge sui muri del carcere, la Porta Settimiana si erge ancora testimone imponente di secoli di storia tra il fiume e il colle Gianicolo.