L’Appia Antica è la più stupefacente tra le vie consolari romane. Passo dopo passo, riserva all’osservatore attento una infinita quantità di sorprese. Monumenti risalenti all’epoca romana, catacombe dell’era paleocristiana, reperti archeologici, grandi parchi, panorami mozzafiato. Anche per un romano, anche per chi è abituato a trovarsi circondato di storia, camminare su una via come questa è ogni volta una scoperta, una esperienza che si rinnova. Probabilmente, uno dei siti meno noti è la Villa di Capo di Bove, un incredibile complesso archeologico posizionato sulla via Appia Antica al civico 222, in corrispondenza del IV miglio.
Distante solo mezzo chilometro dal Mausoleo-Tomba di Cecilia Metella, 250 metri dal confine murario del Castrum Caetani e dall’adiacente Villa dei Quintilii, la storia di Villa Capo di Bove inizia nel II secolo d.C., quando si trovava immersa nella grande tenuta agricola di Erode Attico chiamata Pago Triopio, una zona da sempre costellata di monumenti giunti fino ai tempi nostri.
Durante il periodo medievale, l’area era di pertinenza del “Casale di Capo di Bove e di Capo di Vacca”, acquistato dal Cardinale Caetani nell’anno 1302. Nipote del papa Bonifacio VIII, il Cardinale fondò il Castrum che porta il suo nome, a ridosso della Tomba di Cecilia Metella. E proprio dalla presenza dei bucrani (crani di bue), ancora oggi ben visibili sulla sommità del Mausoleo, deve essere derivato il toponimo “Capo di Bove”.
Successivamente, nel 1660 la zona era compresa nel “Casale di Capo di Bove Grande”, posseduto dall’Ospedale del “SS. Salvatore ad Sancta Sanctorum”, che nel 1709 la sottopose al regime di enfiteusi concedendola a Pietro de Vecchi, una sorta di affitto con diritto di godimento e obbligo di miglioramento.
La Villa, registrata come “dimora ad uso della vigna” di proprietà del Monastero di San Paolo fuori le Mura, fu presente nei censimenti fin dai tempi del “Catasto Pio Gregoriano” (1812 – 1835). L’area, destinata poi ad uso agricolo fino al 1945, fu in seguito trasformata in residenza lussuosa, con tanto di giardini, piscina, viali e dependance.
La storia recentissima della Villa inizia agli inizi del 2002, quando il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, sfruttando il diritto di prelazione sulla proprietà, la acquistò dalla famiglia
Streccioni, per 3 miliardi del vecchio conio, insieme a tutto il terreno ad essa pertinente, di ben 8500 metri quadrati. La rilevanza storica e archeologica della tenuta, già piuttosto evidenti in virtù di antichi resti murari e di uno stupendo mosaico geometrico bianco e nero, furono ulteriormente arricchite nei mesi successivi all’acquisto, quando gli scavi portarono alla luce ulteriori elementi di grande valore archeologico. L’edificio principale della villa è stato restaurato nel 2006 e da allora ospita, in memoria dello studioso Antonio Cederna, il “Centro di Documentazione dell’Appia” e l’Archivio che porta il suo nome, che la famiglia ha di recente donato allo Stato. Tale archivio, precedentemente conservato presso Palazzo Altemps, contiene un tesoro di carte, articoli e libri appartenuti al grande giornalista e strenuo difensore a tutela della “regina viarum“.
La villa è distribuita su 3 livelli e al suo interno sono presenti 8 bagni ed una piscina. Durante i lavori di restauro, è emerso che fu costruita sui resti di un’antica cisterna romana, una delle due utilizzate per alimentare la elegante e lussuosa struttura termale che sorgeva all’esterno, proprio davanti all’ingresso situato su via Appia. La cisterna, situata attualmente sotto alla struttura della villa, aveva dimensioni volumetriche davvero imponenti: 35 mt di lunghezza per 2.40 di larghezza e 2.35 di altezza. Dentro la villa, che è possibile visitare, sono esposte le epigrafi ritrovate su Via Appia, a formare una raccolta chiamata “Parole di pietra“.
L’impianto termale, portato alla luce dagli scavi iniziati nel 2002, risale alla metà del II secolo d.C. ed è grazie al ritrovamento di una lastra marmorea, con scolpita una iscrizione in greco che cita Annia Regilla (“to fòs tès oikìas” – la luce della casa), che si è potuti risalire ad Erode Attico, marito di Annia e, come detto, probabile proprietario di notevoli possedimenti circostanti. Le terme occupano un’area di circa 1500 mq, su cui si sviluppavano 34 ambienti, tra cui spogliatoi, tepidaria, frigidarium, calidarium. All’interno delle terme sono stati ritrovati in ottimo stato di conservazione diversi stupendi reperti: mosaici, monete, marmi policromi ed intonaci dipinti, un dado da gioco fatto in osso, una spatola da trucco di bronzo, aghi in osso utilizzati per le acconciature, dai quali si è potuto stimare che l’impianto fosse rimasto in funzione fino al IV secolo.
L’inaugurazione della Villa per l’apertura al pubblico è avvenuta il 9 luglio 2006, a 10 anni dalla scomparsa di Antonio Cederna (fondatore di Italia Nostra e fautore convinto del restauro), con un suggestivo concerto con musiche di Mozart e Haydn. L’area della Villa è aperta al pubblico gratuitamente, tutti i giorni dalle 10.00 alle 16.00, la domenica fino alle 18.00. I giorni di chiusura sono 1 gennaio e 25 dicembre.
Il ricco Archivio Cederna è consultabile direttamente ogni mercoledì tra le 10 e le 14, mentre è accessibile online sul sito http://www.archiviocederna.it/.
È possibile prenotare visite guidate alla Villa chiamando il numero 06.7806686.
Il modo più comodo per arrivare con i mezzi pubblici è la linea A della metropolitana, con fermata Colli Albani, proseguendo poi con autobus numero 660. In alternativa, è il punto di arrivo di una stupenda e facile passeggiata in bicicletta, che può partire dalla meravigliosa Porta S. Sebastiano, e proseguire nell’incantata e suggestiva cornice dell’Appia Antica.