Percorrendo per 25 chilometri la Via Aurelia, dalla Capitale verso Ladispoli, si incontrano nell’ultimo tratto di strada alcuni cartelli che segnalano la presenza, poco distante, della Cantina del Castello di Torrimpietra. Forse la curiosità o forse solo il voler aggiungere qualcosa in più alla bella giornata di sole si fa una piccola deviazione e si continuano a seguire le indicazione di quei cartelli. La strada costeggia la campagna romana. Ora piana e ora ondulata con le sue colline verdeggianti. Poche case, sparpagliate qua e là. Una curva e appare nella sua maestosità. I cartelli sono terminati ma una bella, medievale e signorile costruzione, protetta dalle sue torri, dai suoi bastioni, dalle feritoie, da quel fossato e da alte mura di cinta troneggia nel bel mezzo di un paesaggio che non ha nulla da invidiare alla campagna toscana. Un gatto rossiccio acciambellato al sole protegge con lo sguardo il suo regno dal via vai dei visitatori.
La Cantina occupa solo un piccolo spazio alle spalle della struttura. Il resto è il magnifico Castello di Torrimpietra, annoverato tra i possedimenti della nobile famiglia Normanni Alberteschi, già nel lontano 1254. Nel corso dei secoli la proprietà del Castello è passata di mano in mano, da famiglia a famiglia, dagli Anguillara, ai Massimo, ai Peretti fino ad arrivare al XVII secolo quando il Principe Michele Peretti, nipote di Sisto V, fa costruire una grande e sfarzosa residenza signorile. Un luogo che diventa presto meta per sontuosi banchetti e battute di caccia. Nel 1639 la tenuta e il Castello passano nelle mani dei Principi Falconieri. E’ il momento in cui arrivano l’architetto Ferdinando Fuga, autore tra l’altro anche della ristrutturazione di Palazzo Corsini a Roma, sede dell’Accademia dei Lincei, e Pier Leone Ghezzi, autore degli affreschi di Villa Falconieri a Frascati. Ferdinando Fuga si occuperà della realizzazione della chiesa e del salone di accesso al piano nobile della residenza e il pittore, Pier Leone Ghezzi, lavorerà alle decorazioni interne.
La struttura che è possibile ammirare oggi è quella che ha lasciato la Famiglia Falconieri e che ha affrescato Pier Leone Ghezzi. Nel 1926 la proprietà passa nelle mani del Senatore Luigi Albertini. Il Senatore, insieme al figlio Leonardo e al genero Nicolò Carandini, svolgono una importante opera di bonifica della tenuta agricola e di restauro del Castello, della chiesa e del borgo.
Prima gli etruschi e poi i romani, prima una Statio, una stazione di sosta lungo la via Aurelia, come recita la Tavola Peuntingeriana, e poi uno splendido borgo, un castrum, un centro abitato fortificato concentrato intorno ad edifici di residenza signorile, secondo un modello di insediamento rurale assai diffuso nel XIII e nel XIV secolo nella campagna romana. Il susseguirsi di nobili famiglie che hanno vissuto nella bellezza di un luogo, di un Castello, dove il quotidiano e la vita era scandita dal lento susseguirsi delle stagioni e dove persino il giardino, con una antica fontana al centro, “abitato” da variopinti pavoni che passeggiavano tra gli alberi di cedro e i reperti di scavo, sarebbe potuto rientrare a pieno titolo in uno di quei quadri con scene agresti della campagna romana.
Dalla bellezza esterna, dove la natura dipinge e ridipinge di colori ora tenui, ora accessi, il contesto in cui è incastonato il borgo con il suo Castello, agli ambienti interni. Stanze luminose e possenti. La luce esterna attraversando le finestre si riveste di altre tonalità quasi di altri colori. Si “pastella” con le tinte degli affreschi alle pareti di Pier Leone Ghezzi. Il gioco tra luce e pittura diventa sublime, affascinante, e irriverente al cospetto della modernità. Passo dopo passo, stanza dopo stanza, il visitatore indossa ora abiti timidi, ora composti e ora castigati. Come interrompere la meraviglia rappresentativa dell’opera di Ghezzi, in una stanza, quella, per esempio, dove dormiva Albertini, con le quattro pareti completamente affrescate, senza interruzione, a paesaggio, e dove l’illusione è quella di essersi sperduti in mezzo alla campagna? Solo una staccionata, dipinta, protegge il visitatore da un possibile incontro ravvicinato con le mucche tinteggiate sugli sfondi pittorici. E poi un susseguirsi di altre scene, di altre storie, in altre stanze, descritte con abile maestria dal pennello dell’artista e che illustrano con teatrale eleganza scene di intrattenimento e di vita quotidiana all’aperto. Si tratta di vicende più o meno reali che si piegano al raccontano quasi fossero una favola. Anche i soffitti hanno storie da raccontare. Un cielo popolato dai voli di varie specie di uccelli e un altro in cui al centro troneggia una figura mitologica. E non manca neanche il racconto della visita di papa Benedetto XIII al Castello, nel 1725, rappresentata da un affresco nel grande salone. La scena dell’arrivo del papa al castello, della Benedizione nella lunetta grande e dei gruppi di giovani abati nelle lunette piccole, vanno a sottolineare un’altra pagina di storia.
Uscendo dal Castello, sulla sinistra, attaccata alle mura di cinta, con la sua pianta ottagonale e il portico a pilastri, la bella Chiesa di Sant’Antonio, risalente alla prima metà del ‘700, e opera di Ferdinando Fuga; mentre, all’interno il cartiglio e i due affreschi sono opera di Pier Leone Ghezzi. La Chiesa rappresenta per il Comune di Fiumicino la più antica parrocchia presente sul territorio.
Al Castello di Torrimpietra, il passaggio dall’arte alla buona tavola, è veramente breve. Basta uscire dal cancello, girare a sinistra e dopo pochi metri, proprio alle spalle del Castello, c’è la cantina. Fu minuziosamente scavata sotto una collina in tufo (formatasi dalle ceneri dell’esplosione del vulcano di Bracciano) e impiegata per la conservazione del vino a partire dal ‘400. Al suo interno nel 1930 furono ritrovati i resti di una zanna di mammuth, la cui forma nel tufo è ancora ben visibile. L’azienda agricola si sviluppa su un territorio di 186 ettari. La parte destinata a vigneto ricopre 50 ettari dove le varietà coltivate vanno dal merlot, allo chardonnay, al syrah fino al vitigno autoctono laziale cesanese.
Pensate a un posto dove la natura, con i suoi colori e la sua luce, è padrona di “pennellare”, in totale libertà, ogni angolo e ogni spazio. Pensate a questo posto pieno di piante, di uccelli che svolazzano nel cielo e di gatti acciambellati al sole. Pensate a un antico borgo medievale con il suo Castello, enorme e possente, che “vive” da secoli immerso nella natura, tra piante e fiori. E pensate ancora a un posto dove non esistono i rumori della città e la frenesia del quotidiano ma solo lo “stormire” del vento tra i rami degli alberi e scene di una vita passata che il visitatore, il viandante, lo studioso e il curioso riescono a ricostruire, come un sogno, mentre osservano il giardino, le sale e i saloni del Castello di Torrimpietra. E pensate ancora che questo posto si trova a pochi minuti dalla Capitale.
Ulteriori informazioni, sugli orari e i giorni di apertura al pubblico, sono reperibili direttamente dal sito: www.castelloditorreinpietra.it