A quasi 50 chilometri da Roma, poco oltre Tivoli, c’è il comune più alto del Lazio: Guadagnolo, 1.218 metri sul livello del mare. Chiuso tra pareti a strapiombo ci vengono i rocciatori ad allenarsi come palestra naturale, con chiodi, anelli e corde. Accanto, a 915 metri di altezza, c’è invece sul Monte Manno Capranica Prenestina e i suoi 350 abitanti. Raggiungibili dalle autostrade A2 e A24 nonchè dalla Prenestina su cui si trovano, questi due piccoli centri sono ricchi di storia e grande tradizione storica e folcloristica.
Queste due cittadine sono state fondate probabilmente dalle genti in fuga dalla Civitas Praenestina, devastata dai Longobardi intorno al 730 d.C., proprio durante le invasioni barbariche che hanno diviso l’Italia in Romania (quella che andò sotto i Bizantini) e in Longobardia (quella che fu governata dai Longobardi).
Altre leggende narrano invece che nacquero intorno al IX secolo d.C. grazie a Papa Onorio II, quello che negoziò durante il concordato di Worms nel 1122. Capranica fu poi feudo dei Colonna nel XII sec., la famiglia che deteneva il potere.
Si costruirono in quell’epoca fortificazioni, palazzi e torri che rifugiavano la “Gens Capranica” proveniente dalle campagne, che sfuggiva i barbari. Il nome di Capranica sembra derivi proprio da queste persone. Il 1654 segna la data della vendita di questo feudo da parte di Luigi Capranica a Carlo Barberini. Dalla città di Poli, nel 1930 si data l’annessione della frazione di Guadagnolo a Capranica. Dalle cave di cui questa zona del Lazio è ricchissima, nei due comuni è caratteristico dell’abitato un diffuso utilizzo di pietra calcarea bianca, nelle viuzze e i vicoli stretti magari uniti a ripide scalette che si snodano lungo tutta la cittadina. Edifici degni di nota sono la cupola imponente del Bramante e il reggistemma con un leone marmoreo attribuito a Michelangelo.
Su ‘radici’ medievali sorge invece il Palazzo Capranica (oggi Barberini) costruito nel XV secolo. La Chiesa della Madonna delle Grazie (o delle Fratte) si trova poco distante dal centro del paese. A poca distanza dal paese di Guadagnolo si erge il Santuario di Santa Maria della Vulturella (dal latino vultur che significa avvoltoio), il più antico d’Italia, sorto intorno al XII o XIII secolo e costituito da una chiesa, un convento, una cappella e la relativa Scala Santa che permette di accedervi. Mentre la grande statua in bronzo dello scultore Elverio Veroli ha sostituito un’antica statua colpita doppiamente da un fulmine sul monte, il monumento a Gesù Redentore, inizialmente scolpito in pietra locale e deteriorato da fulmini, epoche e molte intemperie!
Oltre alla storia e alla cultura, patrimonio dell’arte, i Monti Prenestini sono ricchi di pinete, abetaie, faggeti e querce, grandi riserve di verde in una cornice ambientale molto bella. Non a caso ritempranti e di relax, sono state mete molto ‘scelte’ dalle genti antiche! La luminosità del verde ne fa itinerario attrattivo anche a livello enogastronomico, soprattutto nel periodo autunnale dei primi freddi. Infatti vi consigliamo di gustare la freschissima ricotta di pecora con cui, insieme agli spinaci, i locali farciscono la pasta. E potranno così farvi assaggiare gli enormi ravioli conditi da uno squisito sugo di castrato o dal ragù del luogo. Per secondo potete ordinare invece delle mitiche bistecche.
Il marrone resta comunque il colore prevalente di quest’area. E’ il colore dell’autunno per eccellenza ed è presente nei fusti, nelle foglie, nella corteccia fino ai frutti degli alberi più noti della regione, i castagni. E sterminati ettari di castagneti caratterizzano la valle del Giovenzano che si trova a picco sotto queste montagne. La leggenda racconta poi che nel XV secolo i provvedimenti papali incrementarono la classificazione del castagno come pianta da frutto e incentivarono la sua diffusione. E così la castagna è diventata una vera e propria, grandissima risorsa economica per queste zone e per lo sviluppo dell’economia montana. Natura e tradizione quindi, alla base di una più larga economia di scala.
Ed ecco quindi i piatti a base di castagne! Sono la parte forte di questa zona, che produce le ‘mosciarelle’, piccole castagne essiccate secondo la tradizione, dolci e saporitissime allo stesso tempo. Secondo la tradizione, hanno anche doti terapeutiche!
Non dimentichiamo che queste castagne e i loro piatti, sono i più rinomati dell’area prenestina! questo evento annuale autunnale infatti, promuove e rinnova quei valori di antica tradizione alimentare e sociale tramandati dalla ‘castanicoltura’ del luogo. Il processo di essiccazione parte dalle ‘casette’, ovvero tipiche costruzioni di muratura dove i marroni vengono posti ad essiccare, perchè costruite ad hoc con due stanzette sovrapposte.
Al piano terra hanno pavimenti in terra battura dove viene acceso il fuoco, al piano superiore hanno un pavimento a grata (delle travi sostengono tavolette a spessore) in modo da stendere le castagne a strati. Il fuoco è basso e debole e denso di fumo e viene alimentato da legno secco e bucce di castagne vecchie. In questo modo le mosciarelle ‘nuove’ vengono ‘disinfettate’ e cioè avvolte da sostanze naturali sprigionate dal fumo, che sono antisettiche e che le disidratano. Ci vuole un mese circa per completare il ciclo di trattamento che si tramanda di generazione in generazione. Quando essiccate le mosciarelle vanno sbucciate per essere compresse e poi battute, fino a diventare bianche e dure.
E se volete assaggiare un’altra golosità sopraffina? Le “lane pelose” sono delle fettuccine impastate con crusca di farina, la cosiddetta farina integrale, e acqua. La pasta che vi si ottiene viene poi tagliata e ‘strappata’ a mano e tutto questo ne fa un vero trionfo per il palato! Condita con sughi piccanti poi, è una vera prelibatezza. In stagione fredda poi un’altra particolarità sono i “tagnulini con fagioli” ….buoni!