Nel quartiere Appio-Latino, zona sud-est della Capitale, vi è la chiesa del “Domine quo vadis” (chiamata pure di Santa Maria in Palmis). Tuttavia, la chiesa odierna è soltanto un rifacimento seicentesco di una piccola cappella.
Tale edificio è legato ad una leggenda, ossia quella dell’episodio secondo cui l’apostolo Pietro, intento a fuggire da Roma, avrebbe incontrato in visione il Cristo. Pietro allora domandò a Gesù, “Domine, quo vadis?” (ossia “Signore, dove vai?”). E Cristo gli rispose: “Eo Romam iterum crucifigi” (“Vengo a Roma a farmi crocifiggere di nuovo”). La chiesa del “Domine quo vadis” venne eretta proprio nel luogo della visione. Inoltre, su di una piccola lastra di marmo collocata al centro della chiesa, si trovano due impronte di piedi (una copia di un rilievo conservato nella Basilica di San Sebastiano fuori le Mura), che sarebbero le impronte lasciate proprio da Gesù stesso. Una leggenda, questa, che perviene da fonti apocrife del II secolo, che si diffuse nella tradizione popolare per mezzo proprio della scoperta di tali impronte.
Sulla facciata della chiesa possiamo notare lo stemma della potente famiglia Barberini. L’interno è ad una sola navata, mentre sull’altare è posta l’immagine della “Madonna del transito” e, ai suoi lati, due affreschi con la “Crocifissione di Gesù” e la “Crocifissione di Pietro”. C’è, inoltre, una sola cappella laterale con un affresco simboleggiante “San Francesco e il panorama di Roma con le sue chiese”. Infine, si può notare un busto di bronzo dello scrittore e giornalista polacco Henryk Sienkiewicz, autore del libro “Quo vadis?” (1895).
La chiesa è oggi gestita dalla Congregazione di San Michele Arcangelo.