E’ una storia lunga e complessa quella della basilica di San Pietro, che dopo la caduta dell’Impero romano si è snodata per ben più di un millennio attraverso i principali avvenimenti storici dell’Occidente.
Da luogo di sepoltura dell’apostolo Pietro, padre della Cristianità, la chiesa più grande del mondo ha visto il suo destino legato al nome degli artisti più famosi di tutti i tempi, da Rossellino a Bramante, da Raffaello a Michelangelo.
Progetti, costruzioni, demolizioni e nuove ricostruzioni, hanno dato vita attraverso i secoli alla basilica che oggi conosciamo. Una storia cominciata nel IV secolo e conclusasi nel 1626 con la consacrazione.
In un luogo altamente simbolico per la Cristianità, ossia dove Pietro fu sepolto dopo la sua crocifissione, Costantino I nel IV secolo fece costruire una basilica, che con la sua imponenza rappresentasse tutta la sacralità delle origini della Chiesa.
La basilica costantiniana, maestoso edificio a cinque navate, sopravvisse alle devastazioni seguite alla caduta dell’Impero romano, e giunse quasi intatta sino alla metà del ‘400, quando fu affidata ai progetti di ristrutturazione di Bernardo Rossellino, che prevedevano il mantenimento delle navate e l’aggiunta di un coro coperto a cupola.
Alla morte del Papa che aveva commissionato l’opera, Niccolò V, i lavori tuttavia non proseguirono, e rimasero fermi per quasi tutto il secolo.
Fu Giulio II, nei primi anni del ‘500, a voler riprendere la costruzione della basilica, affidandosi al genio di Donato Bramante.
Bramante non giunse mai ad un progetto definitivo, ma da un suo disegno autografo noto come piano pergamena,si nota la concezione rinascimentale della basilica.
Il corpo a croce greca sovrastato da una cupola emisferica, si esprimeva infatti in un perfetto equilibrio degli elementi architettonici, per la cui costruzione l’architetto si era basato, tra gli altri, sugli studi di Leonardo da Vinci.
Bramante mantenne il coro absidale del Rossellino, ma fece demolire la parte presbiteriale dell’antica basilica, attirandosi così le critiche di molti, come Erasmo da Rotterdam, che lo definì maestro ruinante.
La grandiosità del progetto, assieme allo scandalo delle indulgenze accordate da Giulio II a chi avesse contribuito economicamente alla costruzione della basilica, suscitò polemiche roventi, e fu uno degli elementi scatenanti della Riforma protestante.
La morte di Giulio II, nel 1513, e l’anno successivo, del Bramante, rallentarono nuovamente i lavori, che vennero ripresi da Raffaello Sanzio, Giuliano da Sangallo e Frà Giocondo, non riuscendo però a tradursi in una vera e propria riapertura dei cantieri, a causa della differenza di vedute tra i tre e della morte di Raffaello.
Nel 1546, ad assumere la direzione dei lavori fu Michelangelo Buonarroti, ormai settantenne.
Neanche Michelangelo elaborò mai un progetto definitivo, preferendo concentrarsi sui singoli elementi, ma dalle incisioni dell’epoca si desume il ritorno a una pianta centrale, in modo da valorizzare la grande cupola a doppia calotta, come quella del Brunelleschi in Santa Maria del Fiore a Firenze.
La perfetta simmetria del Bramante,venne attenuata dall’introduzione di un pronao, e, soprattutto, il progetto di Sangallo definitivamente abbandonato.
Questo costò a Michelangelo diverse critiche dai sostenitori del precedente progetto, cosa che lo spinse a intraprendere i lavori contemporaneamente in più punti della basilica, in modo da essere certo che dopo la sua morte non venissero apportate modifiche.
La concezione michelangiolesca diede alla basilica rinascimentale l’impronta del suo genio.
Il lato orientale prevedeva una facciata dominata da un attico, elemento che lo distingueva dagli altri, mentre la cupola veniva ancor più esaltata da strutture portanti di sostegno.
Dopo il misurato equilibrio del Bramante, la basilica si innalzava verso il cielo con un carattere più drammatico.
Alla morte di Michelangelo, nel 1564, la costruzione della cupola era ferma a livello del tamburo, e venne completata da Giacomo della Porta, mentre la direzione dei lavori venne affidata a Carlo Maderno.
E’ il periodo della Controriforma, e il richiamo all’austerità che lo caratterizza, impone un impianto della basilica a croce latina, capace di ospitare un maggior numero di fedeli, e un più modesto impatto della cupola.
Per quanto riguarda le navate, nelle due esterne vennero inserite profonde cappelle, coperte da cupole dalle lanterne piuttosto piccole.
Michelangelo non aveva torto, quando temeva che il proprio progetto non venisse rispettato.
Anche la facciata mantenne infatti solo pochi degli elementi da lui disegnati, e si tradusse in un effetto alquanto piatto, nonostante l’introduzione nell’asse centrale, di elementi barocchi come colonne e pilastri.
Nel tentativo di rendere meno severo l’impatto della basilica, a metà del ‘600 Gian Lorenzo Bernini diede maggior respiro allo spazio antistante tramite quella che divenne la piazza più famosa del mondo, San Pietro, lungo cui si snoda l’immenso colonnato.
San Pietro in Vaticano venne consacrata da Papa Urbano VIII nel 1626.
Nell’ordine i progetti sono di : Rossellino, Bramante, Raffaello, Michelangelo e Maderno.
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