Passando su via Nazionale, partendo da piazza della Repubblica, poco prima di incontrare il Palazzo delle Esposizioni, si può notare sulla destra una chiesa collocata più in basso rispetto al livello stradale … e non di poco. Si deve scendere infatti per una scalinata larga e di molti gradini per raggiungerne l’entrata. Abbastanza buia e nascosta a causa di questa sua strana situazione, è comunque un luogo di piacevole ristoro nelle giornate estive afose e funestate da un sole accecante.
Questa chiesa è dedicata a San Vitale, o se si vuol essere più precisi a 3 Santi diversi: Vitale, Valeria e Ursicino martiri cristiani.
La storia, naturalmente tragica, è quella dei due coniugi, Vitale e Valeria, originari di Milano e genitori di Gervasio e Protasio, che divennero in seguito a loro volta martiri e della loro scelta di morire piuttosto che rinunciare ad essere cristiani, durante gli anni della fine dell’Impero romano.
Vitale, ufficiale dell’esercito romano, fu incaricato di accompagnare a Ravenna un giudice, di nome Paolino. Lì, durante una persecuzione di cristiani, conobbe e assistette il medico ligure Ursicino, condannato a morte per la sua fede, appunto cristiana. Vitale si occupò personalmente, dopo l’esecuzione, della sua sepoltura e lo depose fuori le porte di Ravenna. A quel punto, lo stesso Vitale, anche lui diventato di fede cristiana, venne arrestato e torturato per mano dello stesso giudice Paolino, con lo scopo di spingerlo all’apostasia (cioè la rinuncia ad appartenere ad una religione), ma il tentativo fallì. Così il giudice ordinò che venisse gettato in una fossa e, ancor vivo, ricoperto di sassi e terra. Per questo in seguito la straordinaria basilica ravennate venne dedicata proprio a questo martire diventato in seguito Santo.
Dopo breve tempo la moglie Valeria, pur desiderosa di recuperare le spoglie del marito e portarle via con sé, fu tuttavia spinta dai correligionari ravennati a tornare a Milano senza ulteriori tentativi, per avere salva la vita. Durante il viaggio, però, incappò in una banda di delinquenti, che la spinsero a compiere sacrifici con loro in onore del dio Silvano: Valeria rifiutò e per questo venne percossa in modo molto violento. Pur salvandosi e riuscendo a fuggire, una volta arrivata a Milano morì dopo tre giorni.
E proprio della tragica fine del santo narrano gli affreschi seicenteschi della chiesa di via Nazionale: in particolare La lapidazione e il martirio di S. Vitale, sul transetto, di Agostino Ciampelli, dipinti tra il 1601 e il 1603. Ma altri affreschi coprono anche le pareti, la controfacciata e l’abside.
Tuttavia, la cosa più interessante della chiesa è la facciata, non più godibile come nell’originale, malgrado il ripristino di alcune caratteristiche nel 1937-38. Questa chiesa, infatti, era uno dei rari casi in cui la facciata era completamente aperta, e, subito dopo il nartece, ovvero un atrio stretto e lungo usato a volte al posto del cortile a quadriportico, aveva non la facciata, ma un’altra serie di arcate che immetteva direttamente nella chiesa, il cui interno oggi è niente di più che una sala rettangolare con abside (una volta consisteva di tre navate). Oggi queste colonne sono state murate, e l’ingresso alla chiesa avviene attraverso la porta lignea, anche questa opera risalente al XVII secolo.