‘Il più bel resto dell’antichità romana è senza dubbio il Pantheon. Questo tempio ha così poco sofferto, che ci appare come dovettero vederlo alla loro epoca i Romani’. ( Stendhal, Passeggiate romane ).
Nessun altro monumento della Roma antica ci è stato in effetti consegnato intatto dalla storia, ed è giunto a noi attraverso il mondo sacro e quello pagano, in una delle forme artistiche più sorprendenti e innovative di tutti i tempi.
La storia del Pantheon è scolpita nell’architrave, dove l’iscrizione M•AGRIPPA•L•F•COS•TERTIUM•FECIT, sta per ‘Marcus Agrippa Luci filius consul tertium fecit’, cioè ‘Marco Agrippa, figlio di Lucio, per la terza volta console, fece innalzare’.
L’edificio originario, con pianta rettangolare e orientato a sud, venne infatti costruito tra il 27 e il 25 a.C. da Marco Agrippa, in onore del suocero e amico Augusto.
Il nome stesso, ‘tempio di tutti gli dei’, ne rivela la natura di luogo di culto di tutte le divinità, anche se alcuni sostengono che il nome derivi in realtà dalla cupola, che rappresenta la volta celeste e le sette divinità planetarie.
Negli anni successivi, l’edificio prima bruciò nell’incendio dell’80, e dopo essere stato ricostruito, venne nuovamente distrutto sotto Traiano.
Fu l’imperatore Adriano a ricostruirlo tra il 118 e il 125, orientandolo verso nord, con le forme architettoniche arrivate fino a noi.
L’edificio si salvò dalle distruzioni avvenute durante il Medioevo, perché l’imperatore bizantino Foca lo donò a papa Bonifacio IV, che lo trasformò nella chiesa cristiana di Sancta Maria ad Martyres.
Il Pantheon è infatti il primo tempio pagano trasformato in luogo di culto cristiano, e l’unico monumento dell’antica Roma giunto a noi praticamente intatto.
La sua costruzione è un equilibrio armonioso di forme geometriche come il quadrato, il cilindro e la sfera, e di elementi architettonici come il frontone col colonnato e la rotonda: il primo, tipico dei templi, il secondo, delle strutture termali, a indicare ancora una volta la coesistenza di elementi sacri e pagani.
Non potremo mai vedere tuttavia, il rivestimento bronzeo delle travi, asportato da Urbano VIII Barberini assieme ai chiodi del portale, per farne cannoni per Castel Sant’Angelo e le colonne tortili del baldacchino di San Pietro, episodio ad origine del celebre epigramma di Pasquino:’Ciò che non fecero i barbari hanno fatto i Barberini’.
Dalla facciata esterna, con frontone sorretto da otto colonne, attraverso il pronao rettangolare si accede al corpo centrale, costituito da un volume cilindrico coperto da una semisfera.
La forma, tipica degli edifici termali, fu un elemento completamente innovativo per un luogo sacro.
L’effetto sui visitatori del tempo era di profonda sorpresa, accentuata dai colori accesi del marmo delle colonne, anche queste solitamente bianche, fino ad allora.
Oltre al Pantheon, non si conoscono altri templi classici costituiti da un ambiente rotondo alle spalle del pronao.
In questo si legge l’introduzione, accanto ad un elemento classicista come il pronao colonnato, di uno romano come la rotonda, in un tentativo di fusione, o forse addirittura di superamento dell’arte greca.
All’interno, lo spazio rotondeggiante, privo di ogni spigolosità, crea una sensazione di perfetta armonia, grazie anche al gioco di luci e ombre delle nicchie e delle edicole, a cui rispondono i riflessi dei marmi dalle venature rosse, gialle e viola.
La cupola sovrastante, con la sua forma concentrica a cassettoni, porta lo sguardo verso l’oculo a cielo aperto, elemento di comunicazione tra l’interno, con la sua sacralità, e l’esterno con i suoi elementi naturali, come il sole e la pioggia, che viene fatta defluire grazie al pavimento convesso e a un sapiente sistema di canali di scolo.
E’ la cupola in muratura più grande mai realizzata, superiore per dimensioni anche a quella di San Pietro.
Chi la ammira non ne è sovrastato, ma ispirato.
‘Quel tempio aperto e segreto era concepito come un quadrante solare.
Le ore avrebbero percorso in circolo i suoi riquadri, accuratamente levigati da artigiani greci: il disco del giorno vi sarebbe rimasto sospeso come uno scudo d’oro; la pioggia avrebbe formato una pozzanghera pura sul pavimento; la preghiera sarebbe volata simile al fumo verso quel vuoto nel quale collochiamo gli dei’. ( Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano )
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