Oggi molti turisti, ma anche diversi romani sono affascinati dalle teorie del libro, che ha avuto il merito, di risvegliare una attenzione verso la storia dell’arte, che forse si era un po’ assopita.
E’ da fare un avvertimento però, le teorie di Dan Brown sono pura fantasia, così come alcune notizie che si ritrovano nel romanzo sui monumenti romani non sono del tutto corrette.
Il celebre studioso di iconologia Robert Langdon è chiamato per svelare e decifrare l’ennesimo mistero, che minaccia il mondo della cristianità. Una setta segreta riaffiora dal passato – dal 1600 – minacciando di far saltare in area la basilica di San Pietro, con un congegno potentissimo, rubato dal CERN di Ginevra: l’antimateria. Langdon, essendo studioso di simboli, viene chiamato per decifrare quelli della setta gli Illuminati.
“Gli illuminati di Galileo non erano una setta satanica, ma studiosi che contrapponevano all’oscurantismo della Chiesa il lume della scienza. Il loro covo era semplicemente un luogo sicuro in cui si riunivano e dibattevano argomenti proibiti. L’esistenza di questo covo è già stata accertata, ma nessuno è ancora riuscito a localizzarlo”. (Dan Brown)
“Per entrare nella setta bisognava dimostrare di essere riusciti a percorrerlo tutto. . . un cammino iniziatico . . per fare in modo che solo le menti più brillanti potessero giungere a destinazione”. (Dan Brown)
Questo cammino iniziò con Galileo Galilei, coadiuvato dai fratelli Illuminati che erano uomini di cultura e di scienza.
Per Langdon e la sua compagna di avventura Victoria Vetra inizia una vera e propria caccia al tesoro. Il percorso è costituito dai quattro altari della scienza simboleggianti i quattro elementi primordiali: Terra, Aria, Fuoco ed Acqua.
Chi progettò il Cammino dell’Illuminazione fu però un membro di eccellenza, un personaggio insospettabile, che lavorava a stretto contatto con i papi: Gian Lorenzo Bernini.
Il Bernini è la chiave di tutto, è attraverso gli indizi che l’artista napoletano – romano di adozione – ha nascosto nelle sue opere, a costituire il cammino che condurrà al covo della setta.
All’inizio lo studioso crede che la tomba terrena di Santi faccia riferimento alla tomba dove è seppellito Raffaello Sanzio, il Pantheon. L’avventura inizia proprio qui, alla ricerca del primo altare della scienza: la terra.
II Pantheon nacque come tempio pagano dedicato agli dei, nel 27 – 25 a. C. sotto Agrippa. Nel VII secolo divenne chiesa cristiana, con il nome di Santa Maria ad Martyres. Oggi ospita le tombe dei re d’Italia e anche quella del celebre Raffaello. Il buco del demonio viene letto da Langdon come l’ oculo posto nella cupola del celebre monumento capitolino. Non solo, il legame con il Bernini nella realtà esiste – elemento che Dan Brown nel libro non coglie – sotto Urbano VIII Barberini, l’architetto aggiunse ai lati del frontone due campanili. Questi causarono numerose critiche e vennero chiamati “orecchie d’asino” per tale motivo furono eliminati nel XIX secolo.
Qui Langdon fa un buco nell’acqua. La salma di Raffaello fu traslata nel Pantheon, solo nel 1759 mentre gli indizi di Galileo, risalgono al 1639. Non è il Pantheon il primo altare della scienza. La tomba di Santi non si riferisce al luogo dove Raffaello fu sepolto. Il richiamo è a una tomba da lui progettata: la Cappella Chigi a Santa Maria del Popolo.
Per un gioco del destino, committente ed artista, morirono a differenza di un anno, non vedendo il compimento della cappella.
Quest’opera è considerata, per concezione architettonica e decorativa, una delle invenzioni simboliche più complesse pensate da Raffaello.
La cappella è dominata da una cupola semisferica decorata con il ciclo della creazione del mondo. Vi si trovano raffigurati i segni zodiacali, i pianeti e al centro il Dio Creatore. La decorazione fu realizzata con la tecnica a mosaico seguendo i disegni del Sanzio.
Ma torniamo a Dan Brown, lo scrittore fa riferimento al buco del diavolo. Sul pavimento della cappella c’è un mosaico in marmo policromo che ritrae la morte alata. Esso era montato su una pietra circolare, (che nel libro viene sollevata e posata di lato, accanto ad una botola sul pavimento, per nascondere la prima vittima). È questo il buco del diavolo, mentre il riferimento alla terra è dovuto all’etimologia iniziale dell’opera di Raffaello che era chiamata originariamente Cappella della Terra.
L’angelo di Abacuc indica la basilica di San Pietro. Il colonnato di Piazza San Pietro fu realizzato dal Bernini così come le fontane che l’adornano. Al centro della piazza vi è l’obelisco egizio e alla base di esso un bassorilievo con “una faccia che soffia” raffigurante il vento di ponente.
“Il bassorilievo era ellittico, lungo circa un metro, e raffigurava un viso, una specie di angelo dalla cui bocca usciva un alito di vento che spirava in direzione opposta al Vaticano… “il soffio di Dio”. Era l’omaggio dell’artista al secondo elemento: l’aria… un soffio che esce dalle labbra di un angelo. Mentre lo osservava, Langdon capì che il significato di quell’opera era molto più complesso. Bernini aveva rappresentato il soffio con cinque linee e accanto al bassorilievo c’erano due stelle splendenti. Langdon ripensò a Galileo. “Due stelle, cinque soffi, ellissi, simmetria…”(Dan Brown)
Mancano ancora da scoprire due altari, il fuoco e l’acqua. Bisogna pensare a delle opere berniniane che contengano degli indizi, che rimandanti a questi due simboli.
Langdon, sempre negli Archivi Vaticani, trova, uno schizzo del Bernini raffigurante una delle opere più affascinanti realizzate dal celebre artista: l’Estasi di Santa Teresa a Santa Maria della Vittoria.
L’opera fu realizzata nel 1647, sotto il pontificato di Innocenzo X. Con questo pontefice il Bernini non lavorava come prima, perché preferiva per le commissioni più importanti Francesco Borromini.
Il cardinale Federico Cornaro decise di affidare i lavori della cappella funeraria della propria famiglia a Gian Lorenzo Bernini. La cappella sin da subito – e non come afferma Brown nel libro che all’inizio l’opera era in Vaticano – fu realizzata nel transetto sinistro della chiesa di Santa Maria della Vittoria. Il Bernini fu un artista poliedrico si dedicò a tutte le arti: architettura, pittura, scultura ma anche alla scenografia teatrale.
Qui realizzò una delle opere scultoree più spettacolari dell’arte barocca. La cappella viene trasformata in un teatro con l’ampliamento del transetto in profondità. L’architetto, utilizzò una delle sue cifre stilistiche più note definita dagli storici dell’arte moderni, luce berniniana. Nella parete di fondo viene aperta una finestra, nascosta dal timpano dell’altare. In questo modo, si è procurato una fonte di luce dall’alto, come un riflettore posto ad illuminare la scena sacra. Santa Teresa è posta all’interno di una scenografica edicola, di marmi policromi. È posata su una nuvola che la trasporta e ha la testa completamente riversa all’indietro, “presa” dal momento di estasi.
L’angelo ha tra le mani una freccia con la punta di fuoco che trafigge il cuore della santa ed è un serafino che letteralmente significa “colui che arde”.
Ultimo altare della scienza è l’Acqua. Gian Lorenzo Bernini ha realizzato numerose fontane che hanno adornato – e tuttora lo fanno – Roma. Quella che può essere vista, però, come una vera e propria celebrazione dell’acqua è la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona. Essa celebra i fiumi più importanti del mondo: il Nilo, il Gange, il Danubio e il Rio della Plata. Realizzata nel 1651 è collocata di fronte la chiesa di Santa Agnese in Agone. (Non mi dilungherò nella descrizione di questo monumento, potete trovare una scheda apposita anche qui su Ez Rome nella sezione fontane)
“Lo fissò, non riuscendo a capacitarsi di come il covo degli Illuminati fosse potuto rimanere nascosto tanto tempo. La città sembrava scomparire di fronte a quell’enorme rocca di pietra oltre il fiume. Era uno dei tanti monumenti famosi di Roma, sul Tevere, non lontano dal Vaticano. Ma la geometria della struttura lo lasciò senza fiato: un castello a pianta circolare inserito in una cinta di mura a pianta quadrata, circondata da un giardino a forma di stella. Una stella a cinque punte
L’antica fortezza di pietra era illuminata dai riflettori. Sulla sommità del torrione centrale si trovava un enorme angelo in bronzo, che puntava la sua spada verso il basso. Vi si arrivava dal famoso Ponte degli Angeli, o Ponte Sant’Angelo, imponente costruzione abbellita da dieci angeli scolpiti dal Bernini”. (Dan Brown)
Qui il nostro giro per la Roma di Angeli e Demoni si conclude, ora non vi resta che seguire il Cammino dell’Illuminazione.