Aggrapparci ai sogni è di certo una bella cosa e spesso speriamo che uno di questi si trasformi finalmente in realtà. Sogno e realtà, infatti, tante volte si confondono ed il risultato è lo straniamento, se non proprio un senso di inquietudine.
“La vera vita è quella del sogno, ma a volte il sogno è un baratro fatale.”
Non c’è frase migliore per poter descrivere, diciamo, “Lo sceicco bianco”, film del 1952 che segna il debutto assoluto come regista di Federico Fellini (il precedente “Luci del varietà”, uscito nel 1951, lo ha visto al lavoro come regista, tuttavia in coppia con Alberto Lattuada). A pronunciarla è la protagonista, Wanda Cavalli (interpretata da Brunella Bovo), che così si rivolge al portiere d’albergo (Enzo Maggio).
È proprio il sogno ad avere un ruolo importante nelle dinamiche di questo film, che già mostra le grandi qualità di uno dei registi più importanti e celebri della nostra cinematografia. Wanda, infatti, desidera conoscere l’uomo dei suoi sogni, ossia lo Sceicco bianco, eroe del suo fotoromanzo preferito.
In viaggio di nozze a Roma, Wanda fugge da Ivan (Leopoldo Trieste) suo pedante marito per cercare di incontrare il suo “uomo dei sogni”. La donna arriva alla casa di produzione del fotoromanzo, dove avrà finalmente modo di incontrare Fernando Rivoli (Alberto Sordi), colui che interpreta il suo eroe. Si tratta di un uomo che è abituato a rapportarsi con le sue svariate ammiratrici, anzi con diverse di loro ha pure avuto delle brevi storie. Ivan, intanto, capisce che la moglie si è allontanata a causa sua e teme una fuga definitiva, che lo screditerebbe di fronte all’intera famiglia. Dall’altra parte, Wanda è piena di sensi di colpa e rimorsi ed arriva pure a tentare il suicidio.
Alla fine, però, torna dal marito e tutto si sistema, anche perché il tradimento fisico non è avvenuto e le apparenze sono, perciò, salve. Il matrimonio allora non è compromesso e si può tornare alla vita di sempre, a quella vita piccolo-borghese a cui Wanda, seppur per un breve periodo, aveva rifiutato.
Il sogno, quindi, è il tema portante del film di Fellini (un aspetto, questo, che tornerà ancor più marcato nei capolavori successivi), ma è un sogno destinato a non avverarsi o, meglio ancora, rivelerà alla fine la sua reale natura effimera. Lo sceicco bianco è solo un uomo e, come qualsiasi altra persona, ha i suoi difetti, mancanze e così via. Per Wanda il risveglio sarà terribile, perché si accorgerà degli intenti poco nobili di Fernando. Si farà, perciò, strada il senso del rimorso e dell’aver oramai compromesso il suo matrimonio. Ecco perché il sogno può, in certi casi, divenire un “baratro fatale”. Oltre all’ambiguità del sogno, il film mette in risalto le piccolezze del mondo piccolo-borghese, che pensa alla salvaguardia del proprio nome ed alle convenzioni sociali. Il sogno può arrivare ad essere senz’altro una via di fuga da tutto ciò, ma i pericoli sono sempre all’angolo e di questo Wanda se ne accorgerà solo alla fine.
Il film, girato a Roma, è stato accolto bene dalla critica, che ha sottolineato la pregevole parata di figure mediocri qui presenti. Inoltre, un po’ tutti hanno evidenziato il talento di Fellini, che già qui appare in bella mostra. Sembra quasi inutile soffermarsi sulla bravura di Sordi, che si trova a proprio agio nel ruolo di questo effimero e falso eroe, mentre Giulietta Masina, la musa del regista, vi compare nella parte di una prostituta e ciò sarà di ispirazione per “Le notti di Cabiria”, film che verrà girato cinque anni dopo.
Quindi, tirando le somme, “Lo sceicco bianco” è un film che già annuncia la poetica felliniana e quel talento che in tanti, sia in Italia che all’estero, apprezzeranno davvero molto. Difficile è, difatti, resistere a chi mostra davvero bene il confine così labile tra realtà e sogno e dove i ricordi assumono le sembianze di veri e propri momenti di poesia, intessuti di malinconia, ma anche di tanto amore.