A pronunciare questo breve discorso è Giovanni Vivaldi rivolgendosi al figlio Mario e già si potrebbe comprendere bene l’atmosfera che si respira nel film “Un borghese piccolo piccolo”. La tristezza aleggia, il dramma irrompe sconvolgendo la vita, ma il tutto è accompagnato anche da momenti più leggeri, tipici della commedia. Non a caso, a dirigere questo film del 1977 è Mario Monicelli, uno dei massimi rappresentanti della commedia all’italiana.
Il regista, ed è questo l’aspetto che tocca di più sottolineare, decide di mettere in un angolo la risata e concentrarsi invece su di un Paese che sembra aver perduto tutti i caratteri positivi prima esistenti. Non rimane, quindi, che mostrare la tragedia di un uomo, Giovanni Vivaldi, alle prese con la violenta morte del figlio e la sua personale vendetta.
Ma chi è Giovanni, questo personaggio interpretato magistralmente da Alberto Sordi? Costui è un impiegato oramai quasi giunto alla fatidica età della pensione. La sua è una vita senza troppe pretese, tutta incentrata sul lavoro e sulla famiglia. Grandi comunque sono le sue aspettative nei confronti del figlio Mario (Vincenzo Crocitti), che da poco si è diplomato ragioniere. Il giovane, tuttavia, non è proprio brillante e non ha chissà quali aspirazioni nella vita. Il padre allora tenta di inserirlo nell’ufficio di un Ministero. Per aiutare il ragazzo, Giovanni arriva perfino ad iscriversi presso una loggia massonica, in modo tale da conoscere persone influenti ed ottenere magari dei favori. Questo, in effetti, avverrà e l’umile impiegato si ritroverà tra le mani addirittura il testo del tema della prova scritta per il concorso al quale parteciperà Mario. Ecco però che arriva la tragedia, ossia la morte del figlio avvenuta nel corso di una rapina.
I punti di forza del film sono diversi, in primo luogo la grandezza di Sordi, ma anche il soggetto ad opera di Vincenzo Cerami (il film è tratto proprio da un suo romanzo omonimo, pubblicato l’anno precedente all’uscita del film). Costui lo si ricorda principalmente per aver sceneggiato “La vita è bella” di Benigni. In realtà, ha collaborato a tantissimi altri film, alcuni dei quali di ottimo spessore, ad esempio “Segreti segreti” di Giuseppe Bertolucci, e “Tutta colpa del paradiso” di Francesco Nuti.
Il film di Monicelli è girato a Roma e si riconosce, ad esempio, il quartiere del Pigneto. La famiglia Vivaldi, infatti, abita in uno stabile situato su Piazzale Prenestino, ma possiamo notare, in diverse scene, via Cavour, il quartiere del Quadraro, via Casilina ed il Complesso dell’Istituto Romano di San Michele.
“Un borghese piccolo piccolo” segna, perciò, il distacco di Monicelli dalla satira sociale, puntando sulla drammaticità degli eventi, sulla profondità dei personaggi. Potremmo aggiungere che il film rappresenta l’ultimo atto della commedia all’italiana che grandi successi, fino a quel momento lì, aveva ottenuto. La società italiana stava inevitabilmente ed irrimediabilmente cambiando e ciò non poteva che riversarsi pure sul cinema. Monicelli, attento osservatore e critico della realtà socio-culturale del Paese, ne ha preso atto. “Un borghese piccolo piccolo” è proprio la presa di coscienza di un grande regista ma, forse, di una Nazione intera.