“I danari servono al povero di benefizio, e all’avaro di supplizio.”
“L’avaro accumula con sudore ciò che deve lasciare con gran dolore.”
“Quando tutti i vizi sono vecchi, l’avarizia è ancora giovane.”
Questi sono solo alcuni dei tanti proverbi e motti che hanno come protagonista l’avarizia, tuttavia colui che ha forse descritto meglio questo comportamento è stato Jean-Baptiste Poquelin, meglio conosciuto come Molière, il grande commediografo francese del Seicento. Tonino Cervi, nel 1990, ha voluto proprio realizzare un adattamento cinematografico de “L’avaro” e ad impersonare il protagonista Arpagone, è stato chiamato Alberto Sordi.
Non è la prima volta che Cervi e Sordi si cimentano con Molière questo perché, oltre a “L’avaro”, hanno realizzato assieme un film del 1979, “Il malato immaginario”, tratto sempre da una delle opere più famose del commediografo francese ed ambientato sempre a Roma. A legare ancora i due film vi è il fatto di aver ricevuto critiche non proprio positive ed il risultato complessivo è stato ben al di sotto delle aspettative iniziali. Ecco, ad esempio, il giudizio severo presente nel Dizionario dei film “Il Morandini” (Zanichelli): «Operazione analoga a Il malato immaginario, anch’esso diretto da T. Cervi, ma ancor meno riuscita. Cinema leccato in costume, ma non di costume, al servizio del qualunquismo e dell’istrionismo dilaganti di un Sordi tutto cachinni e mossettine. Si salvano poche invenzioni (l’orologio di Arpagone), i costumi di Alberto Verso realizzati da Tirelli, Christopher Lee e la sua bertuccia. La ricca e sprecata compagnia d’attori comprende anche Marie Laforêt, Lucia Bosé, Carlo Croccolo, Franco Interlenghi. Molière ha sempre avuto poca fortuna al di qua delle Alpi.”
Arpagone è un uomo taccagno e gretto che vuole far sposare i suoi due figli, Cleante (Nicola Farron) ed Elisa (Anna Kanakis), con persone anziane, ma molto ricche. In verità, Cleante è invaghito della giovane Marianna (Valérie Allain) e la vuole sposare, mentre Elisa ha una storia segreta col servo del padre, Valerio (Miguel Bosé). Arpagone pensa solo ai suoi soldi che conserva nella cassaforte la quale si trova accanto al letto e tra le sue moltissime proprietà c’è pure un bordello gestito dalla furba Frosina (Laura Antonelli). Ecco che però il cardinale Spinosi (Christopher Lee) tenta in tutti i modi di costringere Arpagone a sposarsi con sua sorella Isabella (Rita Di Lernia), che ha già assassinato tre mariti per motivi d’interesse. Arpagone, tuttavia, vuole a tutti i costi evitare un matrimonio così pericoloso per lui ed afferma allora di essere ormai prossimo a sposare una donna incinta (ovviamente è una menzogna) ed incarica Frosina di trovargli una moglie giovane, devota e possibilmente bella. La storia prosegue con equivoci e cambiamenti repentini di situazioni.
Alberto Sordi è un grandissimo attore, uno dei più grandi che l’Italia abbia mai avuto. È inutile, quindi, elogiarlo ancora, ma pure lui può ben poco rispetto ad una sceneggiatura traballante e ad una regia debole. Le mosse di Sordi-Arpagone risultano a lungo andare troppo caricate e fastidiose. Tutto è una farsa e la storia è finita per risultare eccessivamente “romanizzata”. Sembra, per certi versi, un film tale e quale a “Il malato immaginario” per stile e tecniche di regia (questo può essere scontato, dato che a dirigere il tutto c’è ancora Cervi) ed i modi di delineare i vari personaggi. Certo, Molière è l’autore delle due commedie da cui sono state tratte, ma qui non c’è traccia del suo grande talento drammaturgico. Molière lascia da parte il mondo ideale ed eroico, quindi lontano dalle convenzioni dell’epoca, per descrivere gli uomini così come sono e metterne a nudo difetti e vezzi. Nei film di Cervi tutto è pesantemente marcato e si ha quasi l’impressione che gli attori siano abbandonati al loro destino. Sordi attira l’attenzione dello spettatore, ed è inevitabile, però ogni cosa diviene quasi come una macchietta senza pretese.
“L’avaro” è l’esempio di come un film, pur con attori validi nel cast, risulti fiacco e traballante senza un’adeguata regia e sceneggiatura alle spalle. A chi dovesse rimanere deluso dopo la visione di questo film, è consigliabile una sola cosa: recarsi nella più vicina libreria e prendersi una qualsiasi edizione dell’opera di Molière.