Accattone Locandina

Accattone non c’è più, ma sempre viva è la poesia di Pasolini

Accattone Locandina“Quando me metto ‘n testa ‘na cosa io, deve da esse quella! O il mondo ammazza a me, o io ammazzo a lui.”
Era il 1961 ed il personaggio di Accattone faceva il suo ingresso nel panorama del cinema italiano. Non solo lui, però, perché a debuttare alla regia c’è un controverso intellettuale, Pier Paolo Pasolini. Vittorio, soprannominato Accattone, si può considerare un degno rappresentante della narrativa pasoliniana.

Pensiamo, innanzitutto, ai due romanzi che hanno fatto parlare parecchio di lui, “Ragazzi di vita” (1955) e “Una vita violenta” (1959). Parecchi personaggi appartengono al mondo del sottoproletariato urbano della Capitale, un mondo difficile, duro, spietato, ma anche vitale. Tutto ciò tornerà pure nel film “Accattone”, che ha come intento quello di descrivere quella parte d’Italia, che vive nelle periferie delle grandi città, sempre in lotta per la sopravvivenza. Il legame di Pasolini con questo particolare mondo continuerà sempre ad esistere, addirittura fino al giorno della sua morte. Qualcuno, infatti, ha messo in evidenza il suo brutale assassinio con le tematiche contenute nelle sue opere. I personaggi avrebbero così ucciso il proprio creatore…

Accattone ripreseTroppo spazio alla fantasia? Sulla morte di Pasolini si è scritto moltissimo e sono venute a galla le tesi più strambe, come pure quelle più plausibili. Tuttavia, rimangono comunque delle certezze, ovvero i suoi lavori cinematografici, le poesie, i romanzi, gli interventi sui giornali. Il genio di Pasolini è poliedrico e non riesce a trovare spazio soltanto in un genere, ecco spiegata la scelta di iniziare a fare del cinema; in questo caso il debutto con “Accattone”. Egli è, infatti, sempre alla ricerca di linguaggi capaci di rappresentare il suo mondo, in particolare i temi a lui cari, ad esempio la quotidianità dei “ragazzi di vita”, l’esistenza amara nelle borgate, il senso del sacro e del profano, l’inesorabile avanzata del consumismo, il cambiamento antropologico dell’Italia. Ecco, dunque, la scelta del linguaggio cinematografico, tuttavia Pasolini non ha una conoscenza delle tecniche di regia ma, a differenza di tanti altri più preparati, possiede una cosa ben precisa, la genialità.
Federico Fellini si sarebbe dovuto occupare della produzione del film, tuttavia decise di tirarsi indietro, preoccupato per la scarsa dimistichezza dello scrittore con la macchina da presa. Costui decise di chiamare attori non professionisti, tra cui Franco Citti, che interpreterà il protagonista. La prova di Citti è notevole e forte sarà il legame con Pasolini, che lo chiamerà pure in altri suoi film, fra cui “Mamma Roma”, “Edipo Re” ed “Il Decameron”. Ma chi è, però, questo personaggio chiamato Accattone?
Si tratta di un sottoproletario che si fa mantenere da una prostituta, Maddalena (Silvana Corsini), la quale viene sottratta, per così dire, ad un napoletano finito in galera. Per sfuggire alla probabile vendetta degli amici del carcerato, Accattone decide di incolpare la donna, per poi abbandonarla. Non è proprio una vita semplice la sua, questo perché si ritrova spesso senza soldi. I suoi metodi per guadagnarsi il denaro sono, però, tutto tranne che legali. Ad esempio, incontrerà una donna, Stella (Franca Pasut), ed il primo pensiero è quella di convincerla a prostituirsi. Alla fine, il nostro Accattone finità per innamorarsene arrivando pure ad un pensiero nuovo: cambiare modo di vivere. Tutto ciò durerà comunque poco, perché l’dea di trovarsi un lavoro onesto è qualcosa di molto lontano dal suo modo di affrontare e concepire la vita e, quindi, tornerà a rubare. Tuttavia, dopo l’ennesimo furto, Accattone si troverà ad imbattersi nella polizia e, nella fuga, cade da una motocicletta e muore. Non c’è, perciò, la redenzione, non vi è possibilità di mutare la propria grigia esistenza; ogni cosa è già stata scritta nel libro del destino.

Il personaggio di Accattone simboleggia l’affannosa ricerca del sottoproletariato urbano per qualcosa che possa cambiare la sua precaria e misera situazione. Per queste persone che vivono nelle periferie delle grandi città, ci sono solo miraggi, delusioni, amarezze. L’unica via di scampo sembrerebbe essere solo la morte. Una visione cupa quella di Pasolini e tutto il film ne è fortemente impregnata. Non c’è qui quella gioiosa vitalità che incontreremo nella celebre “Trilogia della vita” e neppure l’ideologia presente in un film come “Teorema”. In “Accattone” c’è la desolazione di un sottoproletariato abbandonato al suo tragico destino, un aspetto, questo, che ritroveremo, almeno in parte, nella successiva opera cinematografica, “Mamma Roma” (1962).
Il film descrive molto bene la periferia romana e questo grazie alla scelta mirata delle location. Alcuni degli esterni? Possiamo ricordare via Casilina, il quartiere Pigneto, Ponte Testaccio, via Appia Antica, Centocelle… Considerazione a parte lo merita il bar Necci al Pigneto, una delle principali location. Nel 2009 un incendio ha devastato il locale, che era stato riaperto due anni prima, con l’intenzione di conservare proprio l’atmosfera così ben rappresentata nell’opera di Pasolini.

Un film, dunque, datato? Certo, l’Italia di quel periodo non c’è più, come pure il sottoproletariato urbano. Un personaggio come Accattone potrebbe, forse, far sorridere oggi. Eppure, quella è arte, arte cinematografica. E l’arte pura, come ben sappiamo (o come tutti dovrebbero sapere) è immortale. L’intera opera pasoliniana è ancora viva. La forza della poesia non si è spenta in quella fatidica notte del 2 novembre 1975 sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia…

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