C’è semplicità, delicatezza, ironia, il tutto senza le solite brutte banalità, situazioni scontate, che spesso si trovano in film del genere. Il merito va certamente al regista, agli attori, alla colonna sonora, ma anche all’ambientazione romana e, quindi, al gazometro ed a gran parte del quartiere Ostiense (Özpetek ha qui una casa ed è molto legato al quartiere).
Il film inizia presentando il rapporto quasi idilliaco fra Antonia (Margherita Buy) e suo marito Massimo (Andrea Renzi). La serenità della coppia viene, però, tragicamente spezzata dalla morte improvvisa di Massimo, che viene travolto da una macchina. Tutto ciò porta la donna alla disperazione e ciò è dovuto anche ai rapporti ancor più tesi con Veronica (Erika Blanc), sua madre. Tra gli oggetti che Antonia ritira presso l’ufficio del marito, c’è pure un quadro con una misteriosa dedica. Questo lascerebbe intendere la presenza di un’altra donna, magari un’amante. Antonia inizia allora una sua personale indagine, che la porterà a scoprire una realtà lontana da ogni sua immaginazione, una vera e propria vita parallela del marito. Massimo, infatti, era legato anche ad un giovane commerciante ortofrutticolo, Michele (Stefano Accorsi) e, allo stesso tempo, ad una comunità omosessuale, che si riuniva spesso nel quartiere Ostiense della Capitale. Dalla vita “monocolore” con la moglie Antonia, si è passati a quella “variopinta” formata dagli amici di Michele. La donna reagisce male, è profondamente turbata da tale scoperta e, in particolare, da questa stramba comunità con cui è venuta, a suo malgrado, in contatto. Tuttavia, le cose inizieranno a cambiare quando deciderà di frequentare la famiglia “sui generis” di Michele, la sua seconda famiglia. Sarà una maniera, questa, per abbandonare progressivamente la sua rigida condizione di donna borghese, sempre chiusa nel suo mondo monotono e senza “colore”. Il merito di questa comunità è proprio quello di restituire “colore” alla quotidianità di Antonia, a liberarla da i suoi pesanti schemi mentali.
“Le fate ignoranti” porta alla definitiva consacrazione di Stefano Accorsi, già arrivato al successo con “Radiofreccia” di Luciano Ligabue e “L’ultimo bacio” di Gabriele Muccino. Per quanto riguarda la Buy non la si scopre di certo in questo film, basti pensare che il suo primo lungometraggio risale alla metà degli anni ’80 (“La seconda notte” di Nino Bizzarri). Pure la colonna sonora risulta azzeccata e questo grazie alla presenza delle musiche dei Tiromancino, Violeta Parra, Stefania Rotolo ed Andrea Guerra. Il film si porterà a casa svariati riconoscimenti, tra cui quattro Nastri d’Argento ed un premio all’Austin Gay & Lesbian International Film Festival. Il merito del suo successo va, senza dubbio, anche assegnato alla location utilizzata, perciò al quartiere Ostiense, al già citato gazometro. L’amore di Özpetek per questa zona la si può notare, oltre che dalle mirate inquadrature, pure dalle interviste rilasciate. Il regista, ad esempio, ha sempre sottolineato il suo attaccamento per l’Ostiense, quartiere che lo ha visto crescere sia professionalmente, che umanamente. La zona del gazometro appare come quartiere a misura d’uomo, dove si riesce a consolidare i rapporti tra le persone, in un clima felice e solidale. E’ questa, dunque, la forza del film, ossia il sapere rappresentare lo spirito ed il “colore” di un quartiere. L’omosessualità è solo uno dei colori di questo speciale “arcobaleno” ed Antonia ha deciso finalmente di fermarsi per ammirarlo. Non soltanto, quindi, un fenomeno ottico e meteorologico, ma la bellezza, la vivacità della vita…
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