Siamo pronti a trattare un’altra “creatura” firmata Federico Moccia, d’altronde siamo appena usciti dall’atmosfera di San Valentino e siamo ancora in preda a crisi di romanticismo.
Con Ez Rome abbiamo trattato gli altri film di Federico Moccia, anche se il primo, Tre metri sopra il cielo, non è stato curato da lui nella regia, così come quello che stiamo per trattare: Ho voglia di te.
Questa pellicola nel 2007 fu il film dell’anno, in quanto fece boom di pubblico, non solo è anche il film che ha cambiato Roma in modo irrimediabile.
Vi ricordate di Ponte Milvio? Anche se ora non ne parla più nessuno, è ancora invaso dai lucchetti e siamo sicuri che lo scorso lunedì, qualcuno ci ha fatto ancora una “capatina”, per giurarsi amore eterno.
La “moda” dei lucchetti è nata proprio da Ho voglia di te e la scena con Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti è sicuramente una delle più amate dalle teenager di tutta Italia.
Ogni volta che trattiamo i libri o i film di Federico Moccia c’è sempre il timore di dire la cosa sbagliata. Sappiamo come i suoi lavori sono di solito o amati (dai più giovani) o odiati (dai più grandi) e prendere una delle due posizioni vuol dire scontentare qualcuno.
Scrivere poi, di Ho voglia di te, dopo quattro anni, non è di certo facile. Questo perché abbiamo davanti agli occhi quello che Roma è diventata, ossia una città assediata dai lucchetti e da scritte super romantiche che riprendono puntualmente gli “slogan” di Moccia. Un valore però a Moccia glielo riconosciamo, come ha segnalato Raffaella Roani, nel precedente numero di Ez Rome, ora Roma è entrata di diritto nella lista delle città più romantiche d’Europa. Se prima Parigi aveva lo scettro, ora anche Roma, grazie a Moccia, è riuscita a farsi strada.
Dopo quattro anni, siamo più lucidi perché abbiamo“sbollentato” gli effetti che questo film ebbe nell’immediato, come ad esempio, uno strano sottofondo acustico, i gridolini delle ragazzine urlanti dietro a Riccardo Scamarcio, che rimase scottato da quell’esperienza. Il vantaggio? Ha fatto conoscere uno degli attori più promettenti dell’attuale panorama cinematografico italiano, che è riuscito a dimostrare dopo questo film di essere un attore completo e di non avere solo un bel viso.
E’ da dire che rispetto a Tre metri sopra il cielo, le vicende di Ho voglia di te, ci piacciono di più. Alzi la mano a chi stava simpatica Babi, troppo perfetta, precisa e amorfa, molto meglio Gin (Laura Chiatti) che se anche lo inganna per conquistarlo, è più genuina e vera.
Poi meno male che Step finalmente cresce, non se ne poteva più dell’immagine da bello e tenebroso in moto, tutto donne e motori.
Questa volta Step cresce davvero, lo ritroviamo dopo due anni, tornato dall’America, dove si era recato per dimenticare Babi, per allontanarsi dalla madre e per cercare di non pensare che il suo miglior amico Pollo (lo sappiamo i nomi sono quelli che sono, ma non li abbiamo inventati noi!) è morto.
Insomma, Step è scappato nel tentativo di prendere le distanze dai vecchi fantasmi, e con il timore di ritrovarli a Roma. Anche se è più forte la voglia di crescere, di diventare adulto e di vivere nuove emozioni e soprattutto di trovare un nuovo amore.
Rispetto al primo film, Ho voglia di te è sicuramente più credibile (non ci voleva molto), e alla fine va analizzato per quello che è; un film per delle ragazze giovani che non cercano altro: trovare un principe azzurro bello e tenebroso come Scamarcio.
In tutto questo, non ci vediamo niente di male, d’altronde nel passato non era così? Vi ricordate quando avevate 14 anni e il mondo vi sembrava così difficile perché il vostro amore di allora non vi ricambiava o vi faceva soffrire?
Quei sentimenti genuini, freschi, nuovi ed irrequieti che forse oggi, vi mancano pure, sono quelli che hanno guidato i primi libri/film di Moccia in modo giusto e coerente, un po’ di meno nei successivi, visto che Scusa ma ti chiamo amore e Scusa ti voglio sposare si faceva i conti con personaggi adulti che in realtà non lo erano.
Per concludere, volenti e no, questo film rimarrà ancora per molti anni nella memoria dei romani, perché Ponte Milvio non è più quello di una volta, ahimè!