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Dirsi ‘Sì, per sempre’, nella città eterna

Velo arancione e convivenza preliminare di un anno, il matrimonio nell’antica Roma era meno tradizionale di come ce lo immaginiamo.
Viaggio in un’istituzione che  prevedeva forme di regolamentazione che oggi neanche le spinte più moderniste oserebbero chiedere…

Spondesne?’, cioè ‘Prometti?’, chiedeva lo sposo al padre della sua futura moglie, e questi rispondeva : ‘Spondeo’, ‘Prometto’.
Con la promessa di nozze lo sposo offriva alla sposa un anello in segno di fede e i due si univano in matrimonio.

romantiqueMa se la cerimonia è giunta pressoché inalterata fino ai nostri giorni, altrettanto non si può dire del matrimonio.
All’epoca ne esistevano infatti tre diverse forme: per uso o consuetudine, se la coppia conviveva per un anno, mediante il rito del farro, quando gli sposi contraevano matrimonio offrendo agli dei una focaccia di farro, oppure per reciproca vendita, tramite la quale la donna diveniva giuridicamente figlia e lo sposo padre, questo per garantire i diritti di successione.

Negli ultimi anni della repubblica ed in età imperiale venne introdotto anche il cosiddetto ‘matrimonio libero ’, basato sul semplice consenso, dove la donna restava sotto la patria potestà della famiglia di origine, conservando tutti i diritti di successione.

Durante la cerimonia, la sposa prima consacrava i giochi della sua infanzia agli dei, e poi, con l’aiuto di una matrona, indossava una tunica bianca ed un velo color fiamma.
Dopo il sacrificio inaugurale di un animale, di solito una pecora, davanti a testimoni, parenti e amici, gli sposi pronunciavano la formula di rito, e firmavano il contratto matrimoniale unendo le mani destre in segno di reciproca fedeltà.
Seguiva un banchetto, i cui fasti dipendevano ovviamente dallo stato sociale della coppia, e a fine serata la sposa veniva accompagnata a casa del marito dagli invitati.
Questi ultimi le indicavano la via tramite delle fiaccole e invocavano il dio delle nozze Imene, mentre la sposa portava in mano il fuso e la conocchia, affiancata da un giovane con una torcia accesa nel focolare domestico.
Sulla soglia di casa il marito attendeva la moglie, la quale con la frase di rito ‘Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia’, si impegnava a vivere con lui per tutta la vita, dopodiché lui la portava in casa sollevandola perché non inciampasse, cosa considerata di cattivo auspicio.

angel3Indipendentemente però dalla forma, c’era una condizione prevista da tutte le unioni matrimoniali, la monogamia.
In questo i Romani si differenziarono da altri popoli, per i quali la poligamia era legale, forse anche per garantire i diritti di successione, i figli infatti ereditavano la status giuridico del padre.
La ‘familia’ fu un elemento costitutivo fondamentale di tutta la storia di Roma: più ‘familiares’ davano origine a una ‘gens’, e più ‘gentes’a una ‘tribus’.
Lo Stato era formato da tante tribù, un’organizzazione complessa e articolata, basata per l’appunto sulla familia.

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