‘Signori del mondo e popolo togato’. Così Virgilio nell’Eneide definisce i romani. La toga, nell’antica Roma, era infatti molto più di un indumento: era il segno distintivo di appartenenza al mondo romano.
Solo i cittadini romani adulti avevano il diritto di indossarla, diritto che poteva essere negato nel caso di gravi condanne, traducendosi in umiliazione e disonore.
Era con la prima toga virilis che i ragazzi diventavano uomini, e sempre con la propria toga che si veniva sepolti. Il suo uso accompagnava tutta la vita del civis romanus delle classi abbienti, ed era segno di potere e di prestigio.
Non avrebbero mai indossato la toga solo le persone appartenenti ai ceti più umili, e le donne, per le quali era al contrario un segno di vergogna.
La toga è l’indumento simbolo della romanità. Solo i cittadini romani di sesso maschile potevano indossarla, cosa che era vietata per legge agli stranieri, agli schiavi e ai liberti, e le autorità erano particolarmente severe nel fare rispettare questo divieto. Chi veniva condannato all’esilio perdeva lo ‘ius togae’, il diritto di portare la toga, e viveva in una condizione di disonore, lontano dal proprio mondo di appartenenza.
Indossata solitamente sopra a una tunica, la toga aveva la forma di un semicerchio, e poteva arrivare ad un diametro di sei metri. Veniva fatta passare dietro al collo come una sciarpa, e poi avvolta intorno al corpo come visto tante volte negli affreschi o nei film, facendo attenzione al drappeggio, che doveva scendere morbidamente da un braccio e lasciare libero l’altro. La vestizione era come si può immaginare abbastanza complicata, tanto che di solito veniva eseguita da uno schiavo.
La toga era l’indumento degli eventi ufficiali, per lo più pubblici, una sorta di giacca e cravatta dei nostri giorni. La prima vestizione avveniva per i giovani maschi tra i 15 e i 17 anni, il 17 marzo, in occasione della festa dedicata a Bacco. I ragazzi, smettendo la toga praetexta, e sfoggiando la toga virilis, diventavano ufficialmente adulti e cittadini romani, pronti da quel momento per la vita pubblica e militare.
Le toghe erano di diverso tipo, e rappresentavano specifiche condizioni sociali e personali. La toga praetexta, bianca con bordi color porpora, significava protezione, ed era l’indumento riservato ai giovani e ai senatori; chi ricopriva una carica pubblica indossava la ‘toga candida’, da cui il termine candidato; chi era in lutto invece, una di scura, la cosiddetta ‘toga pulla’. Era nella propria toga, infine, che il defunto veniva avvolto per presentarsi nel mondo dei morti.
La toga accompagnava quindi il civis romanus dall’inizio dell’età adulta fino alla morte, ma col tempo il suo uso divenne sempre meno comune, tanto che Giovenale sottolineò che ‘in Italia nessuno indossa più la toga tranne i morti’.
L’abbigliamento delle persone comuni era la tunica, costituita da due pezzi di stoffa cuciti insieme e stretta in vita da una cintura. La stoffa, a differenza delle sete preziose delle toghe, era il lino o la lana, solitamente di color sabbia.
In età imperiale si diffuse l’uso della tunica subùcula, sopra la quale veniva indossata la tunica exterior, forse anche per difendersi dalle temperature più basse. Svetonio racconta ad esempio che Augusto, temendo il freddo, portava tre subuculae contemporaneamente. Le maniche, che inizialmente coprivano solo l’avambraccio, nella tarda antichità si allungarono fino al polso.
Le donne, anche di classe sociale elevata, non avrebbero mai indossato la toga, che era il segno di riconoscimento delle adultere e delle prostitute. Normalmente portavano una o più tuniche subùculae, di lino o lana e senza maniche. L’indumento più esterno era il sùpparum, una tunica più corta della subùcula, che si poteva quindi intravedere, con le due parti superiori non cucite, ma strette insieme a mo’ di manica da fibule e cammei, oppure la stola. Quest’ultima era una tunica che arrivava ai piedi, ampia e fermata sui fianchi da un succingulum e più in alto da un cingulum, cinture che davano forma alla veste.
Gli indumenti femminili erano solitamente più curati e colorati di quelli maschili, e ricordavano, nell’eleganza e nel drappeggio, il chitone greco.
Ultimo tocco la palla, mantello rettangolare per coprire le spalle e a volte il capo, come si legge nell’Ars amandi di Ovidio: ‘Quando il pallio di lei pende troppo e tocca il terreno, prendilo e sollevalo con delicatezza dal fango della strada. Come ricompensa ai tuoi occhi si presenterà subito, senza che la fanciulla possa evitarlo, lo spettacolo delle sue gambe‘.
Nell’immagine, tratta da Wikipedia, esempi di toga, tunica e peplo, quest’ultimo tipico della Grecia classica