In una frase che passerà alla storia, il cancelliere austriaco Metternich, durante il Congresso di Vienna definisce l’Italia una pura ‘espressione geografica’. Nell’800, la penisola italiana è infatti divisa in tanti stati pre-unitari, come il Regno di Sardegna, lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie, stretta tra l’occupazione austriaca e il governo borbonico.
Nel 1861, con la proclamazione dell’unità d’Italia, avviene l’unificazione geo-politica di stati divisi e in guerra tra loro da secoli. E’un evento che non ha precedenti nella nostra storia, se non nell’Impero Romano.
“Fatta l’Italia, restano a fare gli italiani”, recitano le famose parole di Massimo D’Azeglio. Ma non solo. Dell’Italia non fanno parte né Roma, capitale dello Stato Pontificio, né il Veneto, ancora sotto l’occupazione austriaca.
L’Italia è unita, ma i suoi 22 milioni di abitanti lo sembrano molto meno. Innumerevoli sono le differenze culturali, sociali, economiche, e non da ultimo, linguistiche, tanto che alcuni storici vedono nella religione l’unico elemento comune. Accanto a quella tradizionale, cresce però una religione civile, anima del pensiero risorgimentale, basata sui valori imprescindibili di unità e libertà della patria. “O si fa l’Italia o si muore”, come ha avuto a dire Nino Bixio.
Il 17 marzo 1861, il primo Parlamento italiano riunito a Torino in assemblea plenaria, proclama l’unità nazionale. L’anno precedente, nei mesi che vanno dallo sbarco dei Mille a Marsala all’incontro di Teano, Garibaldi era riuscito a strappare il Regno delle Due Sicilie ai Borboni. I due eventi,nell’arco di sei mesi, da maggio a ottobre del 1860, avevano portato alla realizzazione di un sogno patriottico cominciato però molto prima.
Il fallimento dei moti rivoluzionari del ’48-’49, aveva portato a una seconda restaurazione, destinata tuttavia a essere molto diversa da quella seguita al Congresso di Vienna del 1815. I sovrani regnanti non avrebbero più potuto ignorare le rivendicazioni liberali, diffusesi in Italia già durante il ‘700, negli anni della Rivoluzione francese.
Gli ideali di libertà e di uguaglianza, uniti al concetto di nazione di ispirazione romantica, sarebbero stati l’energia per abbattere regimi oppressivi, come quello austriaco e borbonico, e creare un’Italia unita e libera.
L’unità d’Italia non avviene, ovviamente, solo sulla spinta di valori ideali. Gli avvenimenti storici che portano alla sua nascita sono tanti, dalla Repubblica Romana allo sbarco dei Mille, dall’incontro di Teano alle vicende di Aspromonte e di Mentana. Le Guerre d’Indipendenza, dal 1848 al 1866, avevano visto Regno di Sardegna, Francia, Austria e Prussia, scontrarsi in battaglie sanguinose i cui nomi sono impressi nella memoria di ognuno di noi, come Goito, Pastrengo, Magenta, Solferino.
Molti dei fili dell’intricata storia d’Italia di questo periodo sono lavorati sul piano politico e diplomatico da Camillo Benso conte di Cavour, primo ministro del regno sardo. L’abile tessitore, come era infatti definito, sostiene il principio dell’Italia una, imprescindibile da quello di Libera Chiesa in libero Stato, sottolineando altresì l’importanza della questione romana, visto che Roma rimane ancora capitale dello Stato Pontificio. La sua concezione di emancipazione del popolo sulla base del principio di nazionalità, secondo metodi non rivoluzionari, sarà una pietra miliare delle idee di unità nazionale.
“Roma è necessaria all’Italia”, dichiara Cavour in un discorso tenuto al Parlamento nella città di Torino.
Il padre spirituale del Risorgimento, Giuseppe Mazzini, considera l’unità repubblicana l’unica soluzione per realizzare la fraternità e l’uguaglianza nazionale. Il mezzo è quello dell’insurrezione, fatta dal popolo per il popolo. Pensiero e azione, come recita il famoso motto mazziniano. In eterna attesa di una rivoluzione che non arriva e lontano dai problemi reali di un popolo che patisce la fame, il mazzinianesimo fallisce, ma lascia un’indubbia eredità liberale.
Eredità raccolta da Giuseppe Garibaldi, che con la sua Spedizione dei Mille, riesce dove gli altri eroi del Risorgimento hanno fallito, e consegna il Regno delle due Sicilie a Vittorio Emanuele II. Il 14 marzo 1861 il Parlamento approva una legge per la quale egli è re d’Italia ‘per grazia di Dio e volontà della Nazione’.
Il famoso grido di Garibaldi, ‘O Roma o morte’, dovrà però ripetersi fino al 20 settembre 1870, quando Roma diventa italiana. Era stata invece necessaria la Terza Guerra d’Indipendenza, perché nel 1866 il Veneto si liberasse dell’occupazione austriaca.
Da ‘espressione geografica’, l’Italia diventa quindi nel 1861 uno Stato-Nazione. La sua nascita è determinata da eventi nazionali e internazionali, che hanno come principali protagonisti, da un lato i padri del Risorgimento, Mazzini e Garibaldi, dall’altro Cavour, con la sua grande abilità diplomatica, e Vittorio Emanuele II.
L’unità avviene con l’annessione degli stati pre-unitari al Regno di Sardegna, decisa da un trattato internazionale e approvata mediante plebisciti. Alcuni storici ne sottolineano il carattere elitario, legato a valori ideali lontani dalle esigenze popolari, assieme a un assetto deciso unilateralmente dallo Stato piemontese.
Di quest’ultimo il neonato Stato unitario mantiene infatti la dinastia, lo statuto, l’ordinamento legislativo, amministrativo, finanziario e militare. L’ordinamento accentrato si rivela però subito inadeguato a rispondere alle esigenze di un paese disomogeneo, dove il Nord ha bisogno di provvedimenti urgenti per lo sviluppo economico, e il Sud è afflitto da problemi sociali ed economici che sfoceranno nel brigantaggio, in realtà una vera e propria guerra civile.
Anche sulla spinta degli ideali di libertà, indipendenza e uguaglianza, l’Italia è unita, ma il suo equilibrio, secondo Cavour, sarà ‘più difficile di una guerra con l’Austria.’
Nell’immagine la bandiera nazionale nel periodo 1861-1946
Fonte Wikipedia