La storia di Roma inizia con una leggenda. Una leggenda ben nota. Una leggenda che, come tutte le leggende, contiene probabilmente un fondo di verità.
La storia è quella di due gemelli, Romolo e Remo, nati da una mortale, Rea Silvia, e un dio, Marte. Rea Silvia è figlia di Numitore, discendente di Enea, come vuole il mito caldeggiato dalla Gens Giulia e raccontato nell’Eneide da Virgilio. Numitore, però, viene spodestato dal fratello Amulio, che, non contento, fa uccidere Rea Silvia e chiede a due schiavi di abbandonare i gemelli in una cesta in balìa della corrente del fiume Aniene. La cesta però si va ad arenare su una sponda, dove Romolo e Remo vengono salvati ed allattati da una lupa. Trovati da Faustolo, vengono cresciuti da Acca Larenzia e Faustolo stesso.
I simbolismi sono già molto numerosi e significativi. Una vergine vestale come madre e un dio, anzi il dio della guerra, come padre, già la dicono lunga sui destini della città eterna. E poi c’è la lupa, un animale selvaggio che però salva e nutre i fratellini. Secondo alcune leggende secondarie la lupa potrebbe indicare anche una prostituta o Acca Larenzia stessa.
Sin dall’inizio Remo, il primo a nascere, è il più forte e quello dei due che si mette più in evidenza, ma è anche il più istintivo, quasi animalesco. Romolo invece è razionale, coerente, attento e, soprattutto, tutte le sue azioni sono gradite agli dei. In particolare Giove lo preferisce a Remo, e questo fa capire da subito che le cose prima o poi si metteranno male per Remo. D’altra parte il fondatore e condottiero della nuova città potrà essere solo un uomo, due sarebbero troppi. Così quando i gemelli scoprono la loro reale origine e cercano di riottenere il trono di Numitore, è Remo quello che combina guai venendo coinvolto in una rissa e catturato da Amulio, ed è invece Romolo a salvarlo e a restituire il legittimo regno a Numitore.
Il re diede loro il permesso di fondare una nuova città sulle rive del Tevere. Così i due gemelli chiesero il parere degli àuguri per sapere chi dei due dovesse essere re. Per Remo si alzarono in volo sei avvoltoi sull’Aventino e, subito dopo, per Romolo dodici avvoltoi sul Palatino. Gli dei sembrano più propizi a Romolo, con più avvoltoi e un colle più ampio. Così inizia il solco con il più celebre aratro della storia, un solco che nessuno dovrà mai oltrepassare (un avvertimento per i futuri nemici di Roma). Remo però non rispetta questa legge ed offende Romolo, Giove e gli dei tutti. Il suo destino può essere solo la morte.
A questo punto le versioni sono discordanti: alcune tendono a giustificare Remo e scagionare Romolo, dato che il primo non avrebbe capito l’ordine del fratello e il secondo avrebbe ordinato ad una fedele guardia di uccidere chiunque avrebbe oltrepassato il solco; altre disegnano Remo come invidioso del fratello e dispettoso a tal punto da fare il famoso passo deridendo Romolo, che a sua volta preso dall’ira avrebbe infilzato il fratello con la spada; altre ancora riportano di una rissa tra più persone, fazioni dell’Aventino e del Palatino, in cui Remo rimane ucciso accidentalmente.
In conclusione comunque solo uno deve essere il primo Re di Roma, e deve essere pronto alla guerra, ma giusto nei suoi atti, orgoglioso, ma umile di fronte agli dei, generoso, ma fermo nelle sue decisioni. Insomma deve essere la personificazione di una civiltà nata, secondo la tradizione, il 21 aprile del 753 a.C. e durata per oltre 12 secoli.
Il mito trova origine probabilmente in un’epoca più recente, poggiando su fatti reali, opportunamente rivisitati per rendere leggendaria la nascita di una città di fatto diventata già leggendaria quando i fatti ebbero luogo.