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La breccia di Porta Pia

porta_pia_1‘ Finchè la questione della capitale non sarà definita, vi sarà sempre motivo di dispareri fra le varie parti d’Italia’.
Con queste parole, Cavour, in un discorso del 1861, designa Roma come l’unica capitale non solo possibile, ma necessaria per il paese.
Nella città molti vedono il fulcro della loro patria, un punto di raccordo tra libertà e autorità, la sola soluzione capace di mettere d’accordo le diverse istanze politiche e ideologiche.
La capitale all’epoca è però ancora Torino, mentre Roma è sede del governo pontificio, sotto il presidio delle truppe francesi di Napoleone III, grande difensore del papa, che per nessun motivo intende rinunciare al potere temporale della Chiesa.
La strada per la liberazione sarà lunga e complicata, segnata da tensioni politiche, slanci patriottici, insurrezioni, repressioni, e avrà il suo punto di svolta il 20 settembre 1870, quando Roma diventerà il centro politico dell’Italia.

porta_pia_2‘Città arrugginita e malandata’, così lo storico Gregorovius descrive la Roma del tempo.
La città, capitale dello Stato Pontificio, con papa Pio IX  vive una pesante crisi economica, aggravata dalle continue epidemie di colera e dalla malaria.
Il potere è completamente in mano al clero, che lo esercita in modo repressivo e autoritario, cancellando tutte le esperienze libertarie degli anni precedenti.
E’ una città in ginocchio, schiacciata tra il potere temporale della Chiesa e il presidio francese, che con Napoleone III assicura al pontefice una sicura difesa.
La culla della latinità non ha avuto nel Risorgimento il ruolo di Parigi durante la Rivoluzione francese, ma probabilmente a causa del suo passato, per molti pensatori, politici, e anche per il popolo, rappresenta il centro, non solo geografico, della patria dei loro ideali.
Cavour, in un discorso al Parlamento italiano nel 1860, ne parla come la capitale del nuovo regno,definendo ‘necessaria Roma all’Italia’. A tutela del papa, egli sostiene il concetto di ‘libera Chiesa in libero Stato’, ma il cardinale Antonelli risponde con il famoso ‘non possumus’.
Il papa non intende cedere Roma, né riconoscere l’unità nazionale, e ne segue una dura repressione di qualsiasi istanza liberale.
Nel 1861, a Torino il Parlamento decreta Roma capitale d’Italia, e l’anno successivo, Garibaldi tenta la liberazione della città al grido di ‘O Roma o morte’, ma viene fermato all’Aspromonte dall’esercito italiano.

Pio IX cerca con forza di mantenere il potere temporale della Chiesa, ma Roma è ormai per tanti italiani, ‘vetta del Risorgimento e santuario della libertà’, l’unica forza capace di riunire le regioni da nord a sud in quella che vogliono diventi la loro patria.
Al ritiro della guarnigione francese nel 1866, seguono diversi tentativi di rivolta, che però falliscono.
La situazione precipita nel 1870, quando viene fatto prigioniero dei prussiani Napoleone III.
Il governo italiano si fa garante della sicurezza del papa e dell’indipendenza della Santa Sede, e Vittorio Emanuele II assicura il mantenimento delle proprie truppe a Roma per la sicurezza della città e del pontefice, ma il potere temporale della Chiesa ha ormai i giorni contati.
I tempi sono maturi per Roma capitale.

L’11 settembre 1870 il governo italiano ordina al corpo di spedizione di stanza in Umbria di entrare nello Stato Pontificio e di dirigersi verso Roma.
I 50.000 uomini del generale Cadorna si scontrano con i 15.000 soldati dell’esercito pontificio, sotto comando del generale Kanzler.
La resistenza opposta da quest’ultimo è più che altro simbolica, forse anche per evitare spargimenti di sangue che si sarebbero rivelati inutili, vista l’evidente disparità di forza dei due eserciti.
Il 19 settembre Roma viene circondata, e la mattina del 20 l’artiglieria apre il fuoco sulle mura tra Porta Pia e Porta Salaria.
I bersaglieri aprono una breccia attraverso cui avanzano, e dopo poche ore i generali Cadorna e Kanzler  firmano la capitolazione della città.

Lo scrittore Edmondo De Amicis fu testimone della breccia di Porta Pia, che descrisse nel libro ‘Le tre capitali’.
‘Il fuoco dei cannoni pontifici, da quella parte, era già cessato: ma i soldati si preparavano a difendersi dalle mura. A poche centinaia di metri dalla barricata due grossi pezzi della nostra artiglieria tiravano contro la porta e il muro … Ad ogni colpo si  vedeva un pezzo del muro o della porta staccarsi e rovinare. Alcune granate, lanciate, parve, da un’altra porta, passarono non molto al di sopra dello Stato Maggiore. Gli Zuavi tiravano fittissimo dalle mura del Castro Pretorio, e uno dei nostri reggimenti ne pativa molto danno. Quando la Porta Pia fu affatto libera, e la breccia vicino aperta sino a terra, due colonne di fanteria furono lanciate all’assalto … Udii un fuoco di moschetteria assai vivo; poi un lungo grido ‘Savoia’, poi uno strepito confuso; poi una voce lontana che gridò ‘Sono entrati!’.

Gli stati europei si limitano a prendere atto della situazione, mentre il papa la condanna aspramente, ritirandosi in Vaticano e dichiarandosi ‘prigioniero dello stato italiano’.
Con il celebre decreto ‘Non expedit’,egli vieta ai cattolici di partecipare alla vita politica italiana, e a nulla vale nemmeno la ‘Legge delle Guarentigie’del 1871, intesa a tutelare la figura del pontefice e i suoi possedimenti.
La situazione, nota come ‘Questione romana’, porta a una frattura tra Stato e Chiesa, tra la coscienza civile e religiosa dei cittadini, e perdura fino ai Patti Lateranensi del 1929.
L’assenso dei romani a entrare a far parte dell’Italia avviene attraverso un referendum, con la domanda: ‘Vogliamo la nostra unione al Regno d’Italia, sotto il governo del re Vittorio Emanuele II e dei suoi successori?’
La risposta è un plebiscito, ricordato ancora oggi nel nome di una strada tra piazza Venezia e piazza del Gesù, via del Plebiscito.
Roma è capitale d’Italia.

Immagini tratte da Wikipedia

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