Da sempre gli omicidi che più affascinano sono quelli irrisolti.
Di Giulio Cesare si sa chi fu ad assassinarlo la mattina del 15 marzo del ’44 a.C., quello che ancora, dopo più di duemila anni, non è chiaro, è il movente.
Perché Cesare decide di andare da solo incontro ad un destino, che una mente acuta come la sua avrebbe dovuto intuire, prima ancora che temere?
E’ stato vittima del potere quasi illimitato che aveva acquisito, o piuttosto del vero e proprio culto che si era sviluppato intorno alla sua figura?
Durante la sua vita, Giulio Cesare colleziona trionfi per terra e per mare, dalla Gallia fino all’Africa, combattendo in cinquanta battaglie e uccidendo più di un milione di nemici.
Cesare non ha eguali a Roma, e il Senato gli rende onore, nominandolo per dieci anni dittatore con potere di nomina per tutte le cariche più importanti.
Durante questo periodo egli promulga una notevole quantità di leggi, e soprattutto, porta il numero dei senatori da seicento a novecento. Con quest’azione rivela un ingegno politico che molti storici definiscono machiavellico, perché l’alto numero di senatori rende quasi impossibili le dispute, rimettendo spesso a Cesare stesso la decisione finale.
Il forte accentramento del potere su di lui, finisce però per creargli notevole invidia e parecchi nemici.
Possibile che Cesare, personalità di spiccata intelligenza e fine abilità politica, non avesse colto i segnali di minaccia al suo potere e alla sua persona?
L’ascesa di Cesare sembra essere destinata a non avere fine.
La plebe lo adora, l’esercito lo considera capo indiscusso, la sua forza fisica è leggendaria, così come le sue imprese amatorie, tra le quali spicca il nome di Cleopatra.
Il Senato gli tributa altri onori. Gli viene consentito di indossare sempre le vesti trionfali, riceve il titolo di pater patriae, il giorno del suo compleanno diventa una festività pubblica, e il mese della sua nascita viene detto luglio, da Julius. Infine, la sua dittatura viene prorogata a vita.
Perché il Senato lo ricopre di questi onori, tra l’altro tra il 44 e il 45, in un momento in cui Cesare non miete nessuna particolare vittoria, né in campo politico, né militare?
E’ ipotizzabile che intorno a lui venga ordita una trama che prevede di farlo salire più in alto possibile, in modo che la sua caduta sia fatale?
A Roma si comincia addirittura a vociferare, che Cesare voglia farsi nominare re. La cosa appare poco probabile, perché egli sa cosa è previsto nella Roma repubblicana per chi nutre una simile ambizione: la pena di morte.
Perché allora Cesare non smentisce la notizia? Che cosa gli impedisce di vedere quello che sta accadendo intorno a lui? Forse è accecato a tal punto dal culto della sua persona, il cosiddetto cesarismo, da perdere del tutto l’acuto intuito politico per cui si è sempre distinto?
Non sono tranquille le ultime ore di vita di Cesare.
La mattina del 15 marzo del 44, viene colto da un attacco di vertigini, disturbo di cui soffre da molti anni, ma questo è più forte del solito.
La notte si dice abbia sognato uomini avvolti dalle fiamme, un uccello con l’alloro nel becco dilaniato dai rapaci, e gli scudi di Marte cozzare l’uno contro l’altro producendo un rumore sinistro.
Ma Cesare non hai mai dato troppa importanza ai presagi, così come ignora le parole dell’aurispice Spurinna, che qualche giorno prima gli aveva detto: ‘Guardati dalle idi di marzo, e non separarti dalla tua guardia ispanica’.
Più che premonizioni, quelle di Spurinna sembrano essere informazioni riguardanti un reale e imminente pericolo per la vita di Cesare, che saluta la moglie Calpurnia, in preda a una strana agitazione, e si incammina verso la Curia di Pompeo, dove deve presiedere l’assemblea dei senatori.
Cammina da solo, dopo aver inspiegabilmente licenziato la sua fedele guardia personale, percorrendo la strada che oggi da piazza Venezia, attraverso via delle Botteghe Oscure, porta a largo di Torre Argentina.
Nei suoi ultimi passi incontra Spurinna, con cui ironizza sulla profezia delle idi di marzo, ma questi ribatte lapidario: ‘Non sono ancora passate …’
Entrato nella Curia, Cesare passa tra i senatori, che dalle toghe candide estraggono i loro pugnali e lo colpiscono alla schiena, al collo, al petto e all’inguine.
Cesare crolla a terra, finito da ventitré colpi di pugnale, tra i quali anche quelli del figlio Bruto, cui rivolge le sue ultime parole: ‘Tu quoque, fili mi’ (anche tu, figlio mio), e muore.
Ancora oggi non si sa esattamente il motivo per cui Giulio Cesare fu assassinato.
Accanto a lotte politiche e di potere si potrebbero ipotizzare moventi legati al potere assoluto del dittatore, intorno al quale si era sviluppato un culto degno di una divinità.
Ancora più inspiegabile, come abbiamo detto, fu che Cesare non si sia accorto del clima di pericolo che andava creandosi.
Ma se il movente ancora oggi non è chiaro, quello che è certo è che la sua uccisione fu un terribile errore sia politico che militare, cui seguirono 15 anni di guerra civile.
Tutti quelli che avevano tramato contro di lui si erano in realtà condannati a una situazione pericolosamente instabile, da far loro rimpiangere l’età di Cesare.
Svetonio scrisse: ‘Morì nel suo cinquantaseiesimo anno d’età e fu annoverato tra gli dei…Quanto ai suoi assassini, nessuno gli sopravvisse per più di tre anni e nessuno per cause naturali… Alcuni si diedero la morte con lo stesso pugnale col quale avevano osato trafiggerlo’.
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