Non tutte le istituzioni, a Roma, sono identificabili con un palazzo. Come non tutti i monumenti sono identificabili con dei manufatti in pietra, vedi le colonie feline. Esiste nella capitale un’istituzione intoccabile che ha la sua sede nei più disparati e impensabili luoghi: la pennica. Si dirà, ma la pennica – o pennichella, usato per metterne in evidenza la brevità – è un semplice riposino che si fa dopopranzo; non c’è motivo di darle tutta questa importanza. E invece no. La pennica è un fenomeno molto più complesso e rispettabile di quello che vogliono farci credere, soprattutto gli italiani del Nord che, ahiloro!, non hanno il giusto environment per praticare al meglio questa attività.
Intanto, è bene sottolineare che con “pennica” si definisce un fenomeno che si verifica attraverso una serie di fasi, che il romanesco, lingua precisa e puntuale, ha tutte perfettamente identificato:
- – si inizia con la cecagna, che comincia a farsi sentire subito dopo mangiato, favorita certamente dalla digestione in atto, caratterizzata da un farsi sempre più pesante delle palpebre;
- – subito dopo vi è l’abbiocco, cioè quel momento in cui, oltre all’appesantimento delle palpebre comincia a farsi sentire anche un forte rilassamento delle membra, una spossatezza che porta automaticamente a prendere una posizione orizzontale;
- – in ultimo, la pennichella vera e propria, in cui la coscienza si fa più labile e si cade in una sorta di salutare catalessi.
Eviterei, a questo proposito, di parlare di “sonno”, in quanto il sonno ha delle sue fasi che qui vengono completamente saltate. Infatti il grande mistero della pennichella, come molti di voi avranno potuto verificare, è che, anche solo dopo 20 minuti di questo cosiddetto “sonno”, ci si sente come se si avesse dormito per delle ore. Il recupero delle energie è totale, e la mente si ritrova lucida e attiva in modo sorprendente, tanto che in alcune aziende la pennica è prevista nell’orario di lavoro, anche se bisogna arrangiarsi alla bene e meglio per trovare una posizione adeguata sulla scrivania.
In realtà, anche lì dove la cosa non è concessa, l’inarrivabile inventiva dell’italico genio scova soluzioni che ad altre menti sarebbero precluse: è di dominio comune l’aneddoto di quell’impiegato che ha privato il suo armadio di alcuni ripiani, per potercisi rifugiare a usufruire del meritato riposo pomeridiano lontano dagli sguardi indiscreti dei superiori.
In ultimo, è bene distinguere la pennica dal pisolo, o pisolino: quest’ultimo, infatti, viene “schiacciato”, cioè compresso tra due eventi irrinunciabili, e quindi la sua durata dipende inevitabilmente da condizionamenti esterni; così non è per la pennica, che per sua natura finisce solo nel momento in cui ha terminato di svolgere il suo encomiabile compito ristoratore.
Scritto da VS