Ovvero: chi fa le parti si prende la parte migliore
Evidentemente il tristemente noto conflitto di interessi è antico quanto il mondo! Sembra infatti proprio parlare di questo il vecchio proverbio romano sopra citato. L’istinto alla sopravvivenza da cui prende origine l’egoismo è radicato come, appunto, solo un istinto può essere nella natura umana. E’ perciò naturale conseguenza che chi ha il potere di fare le parti, o almeno di controllare chi le fa, tenda a guardare i propri interessi innanzitutto… quando ce ne sono.
La natura porta però a girare il timone quando, grazie ad una visione un po’ più ampia possibile solo grazie all’intelligenza ed alla capacità astrattiva, risulta evidente che il proprio interesse trae vantaggio anche dall’interesse di chi condivide gli stessi scopi. E’ lo stesso principio alla base della famiglia: salvaguardare il partner e la prole ha un valore uguale o superiore a salvaguardare sé stessi. Come diretta conseguenza, salvaguardare chi può garantire cibo e acqua alla propria famiglia ha ancora lo stesso valore. E via dicendo, fino a formare una piramide in cui è necessario il sostegno di tutti, o quasi. Insomma la società prende vita da una semplice comunione di interessi, in cui ognuno fa la sua parte per garantire gli altri, ma solo allo scopo di ottenere poi un vantaggio proprio.
Sembra assai triste e riduttivo vedere la natura umana in questi termini, eppure tutte le società nascono in questo modo. Anche se le strade che si prendono successivamente possono portare a sviluppi molto diversi e contrastanti, come la monarchia o la democrazia, il capitalismo o il comunismo, la base di partenza è la stessa per tutte. Ed ecco quindi che le diverse società umane che hanno successo nel garantire gli interessi reciproci si sviluppano vertiginosamente per diventare enormi, complesse, articolate, multiformi. Solo garantendo una suddivisione dei compiti produttivi (per la sopravvivenz) è possibile avere poi pensatori, filosofi, artisti … e una classe politica. E lì arriva il bello … e d’altronde anche il brutto. La classe politica, che sia formata da un solo componente o da qualche centinaio di persone, è in quella posizione grazie ad una serie logica e sequenziale di fattori sociali.
E sta lì proprio per dare garanzia di una distribuzione equa, per quanto possibile, di doveri e diritti (o più semplicemente di vantaggi e svantaggi, fatiche e piaceri, ecc.) in modo che la società sopravviva poi al meglio e quella stessa classe politica sopravviva a sua volta.
Quando però si dà fiducia a qualcuno certi di ottenere qualcosa in cambio del proprio contributo in modo da mantenere gli equilibri sociali reciproci, quando cioè si crede che la parola ricevuta verrà mantenuta, insomma quando si dà mandato a qualcuno che ci sembra più qualificato di occuparsi di gestire i meccanismi sociali (e quindi politici, e quindi economici, e quindi in ultima analisi di organizzare il tutto al meglio in modo che il pane arrivi su ogni tavola), vedere che la distribuzione non è affatto equa, né percentualmente proporzionale, significa sentirsi ed essere traditi.
Nasce allora spontaneamente il sospetto e fa capolino il desiderio di modificare le cose radicalmente, gettando con l’acqua sporca anche il bambino (per citare un altro noto proverbio).
Dal sospetto verso uno, si passa a quello verso molti e poi a quello verso tutti. Si finisce col ritenere di potersi autogovernare, certi di fare meglio e di capire di più anche di esperti in ogni sorta di campo (si potrebbe citare ad esempio l’energia, lo smaltimento rifiuti, le infrastrutture, e molto altro), con il rischio di tornare a pensare al proprio interesse come se fosse circiscritto solo a sé stessi e non esteso a tutta la società di cui si fa parte.
E così il danno fatto torna a boomerang su chi lo ha provocato. Sia questi noto, molto in vista o … ben nascosto. Ma putroppo ricade anche sul resto della società.
Ecco perché chi è stato delegato a “fare le parti” dovrebbe evitare di prendersi la fetta più grossa. Anzi a priori, per non cadere in tentazione, farebbe meglio a non avere interessi diretti (nei limiti del possibile) in quella torta, visto che il rischio è poi di perdere la credibilità, la fiducia e, in ultimo, la posizione (preminente) di spartitore. E per di più di non riuscire a mangiarsi in pace la sua porzione!