Ovvero: dal tetto in giù si vede, dal tetto in su (è invece necessaria) la fede.
Non solo religione, in questo proverbio. Si intravvede anche una lieve, ma chiara, forma di ironica protesta. Non ci è dato sapere e vedere tutto, nella nostra breve esistenza, e non solo per ciò che concerne l’ultraterreno. Anzi talvolta ciò che viene negato alla nostra possibilità di conoscenza è sin troppo umano.
Certo quando si parla di fede, il pensiero va subito a Dio. E giustamente. Per ogni cosa che non si comprende, nel bene e nel male, si pensa d’istinto ad un’entità superiore con un disegno per noi incomprensibile ed inarrivabile, a cui dobbiamo adattarci anche e soprattutto se ci sembra privo di senso.
Poi, come passo successivo a questa perplessità e comunque a seconda di scelte e sensibilità personali, si passa ad un approccio più razionalizzato e culturalmente incanalato, per indirizzare quindi le proprie incertezze verso un approccio più o meno aderente ad una dottrina religiosa. Oppure si spera nella ricerca scientifica e razionale per ottenere risposte agli eterni quesiti.
Oppure, in modo più primitivo, ci si rivolge ad una mera forma di superstizione.
Quando i quesiti sembrano essere però molto più umani e di facile soluzione si preferisce piuttosto cercare e chiedere opportune risposte (e questo genera l’ironica protesta) da coloro che potrebbero rivelarci molti fatti semplicemente per ciò che sono, e mostrarci così qualche verità nascosta. Purtroppo però, anche se solitamente in questi ultimi casi, si tratta di domande esistenziali, resta comunque una forma di “fede” quella in cui poniamo tutte le nostre speranze di ottenere un giorno (prima o dopo la morte) una chiarificazione.
E dato che spesso le conoscenze, o verità, che ci vengono negate, sono ben nascoste da chi si trova “più in alto” di noi, è facile intuire come questo sguardo rivolto in su, oltre il tetto, prima di essere rivolto a Dio è, più modestamente, rivolto a chi, senza scomodare l’Altissimo, potrebbe farci “vedere” qualcosa di più dei pezzi del puzzle che continuamente vengono a mancare nel quadro completo.
Sembra invece che il gioco del puzzle resti uno dei preferiti da chi ha la visione d’insieme, la foto dall’alto insomma, per immaginarla concretamente. Si potrebbe azzardare l’ipotesi che è una umana necessità “credere” (e basta), laddove non è possibile vedere, capire o verificare? E diventa quindi altrettanto necessario credere ad una versione, ad una interpretazione che ci viene propinata come realtà, anche se non ci sono fatti a sostenerla? Diviene così una illusoria forma di salvezza dalle angosce accettare ciecamente, con un vero atto di fede appunto, gli arrozzati, finti ed offuscati pezzi del puzzle incastrati a forza nei buchi vuoti, come se fossero proprio gli originali? Un’ipotesi maliziosa forse, ma che richiama qualche antica eco.
Ci resta la speranza che oltre il tetto e più in alto di tutti gli umani “altissimi”, ci sia concesso un giorno di vedere “Colui che è più in alto di tutti”, per avere la conferma che la fede, almeno quella in Lui, non è stata vana!