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Nun c’è trippa pe’ gatti

istock_000004791061xsmallOvvero: “Non c’è più trippa per i gatti”.

Il significato di questo detto si può riassumere col concetto: per rimediare qualcosa … vai a cercarlo altrove! Una volta diventato popolare, il proverbio non si può più riferire esclusivamente al cibo, ma in generale a qualsiasi forma di privilegio. E così viene utilizzato, senza troppi complimenti o premesse, dai romani DOC o acquisiti.

Insomma si potrebbe dire, se ci si volesse soffermare a ragionarci un po’ su: non c’è da stare allegri in questa situazione di penuria e bisogna rassegnarsi a trovare soluzioni alternative, a rivolgersi ad altri mezzi di sostentamento meno comodi, a non aspettarsi niente di regalato e pronto.

Questo detto è stato coniato dal primo sindaco di Roma, Ernesto Nathan, che avrebbe pronunciato l’ormai famosa frase per eliminare dalle spese del comune la voce “Trippa (o forse più esattamentefrattaglie) per Gatti”, appunto. Infatti il bilancio comunale di quegli anni, i primi del ‘900, era in rosso e il nuovo sindaco esaminò tutte le voci di spesa, trovando tra di esse un fondo per una colonia di gatti preposti a cacciare i topi che rosicchiavano i documenti degli archivi. Nathan dichiarò che non ci si poteva più permettere di nutrire i gatti di Roma con la trippa, piatto da sempre assai prelibato, e che i felini dovevano provvedere autonomamente alla propria sopravvivenza, nutrendosi solo di qui topi dannosi ai documenti. Una scelta vincente, che ebbe successo e contribuì alla ripresa delle finanze romane … oltre che a migliorare le performance dei piccoli felini collaboratori del comune!

D’altra parte il sindaco Ernesto Nathan, un progressista massone di origine anglosassone (nato a Londra nel 1845 – fu sindaco di Roma dal 1907 al 1913), si assunse la responsabilità di riorganizzare le finanze capitoline, contrastando la speculazione edilizia e favorendo l’istruzione scolastica laica, con scelte non sempre popolari, ma ben azzeccate, che diedero i loro frutti. Non per niente venne sopranniminato il “sindaco della modernità”. Tenendo fede al significato del suo nome di battesimo si comportò onestamente in ogni occasione (cosa ne avrebbe detto Oscar Wilde?) senza mai farsi sfuggire un’occasione per fare meglio possibile nell’ambito del suo ruolo. Dunque, guardando con la lente della storia, si può ormai affermare che la sua scelta si è rivelata giusta e proficua. Anche per questo il proverbio citato ha avuto tanta fortuna popolare e viene ancora oggi usato con un certo orgoglio e con l’asciuttezza tipica di chi sa di avere ragione.

Si rende necessario ed opportuno a questo punto tranquillizzare, comunque, gli amanti degli animali (tra cui mi schiero), ricordando che i gatti di Roma, anche se all’inizio del secolo scorso si sono dovuti accontentare di cibo meno pregiato ed appetitosodella trippa, di certo non hanno sofferto né troppo miagolato per i morsi della fame. Godono infatti ancora oggi di ottima , come è facile vedere girando per ogni strada della città, e sono, anzi, talmente belli, vari e numerosi da essere spesso presenti in calendari, cartoline e perfino guide turistiche della capitale. Evidentemente da queste parti i topi non mancano e non sono mai mancati!

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