L'integrazione della Turchia nella comunità europea sembra ormai alle porte, ma sono diverse le evidenze, anche piuttosto recenti da parte di alcuni politici, italiani e non, che osteggiano l'approvazione di questo passo, che estenderebbe i confini della UE fino alla vicina Asia. È ancora tangibile, anche a causa di alcuni eventi non troppo lontani nel tempo, un certo scetticismo nei confronti di un popolo che, in alcuni noti aforismi, compare spesso per richiamare alla violenza e alla paura, pensiamo a "mamma li turchi" o "fumare come un turco".
Ma non è con la storia di questi aforismi che possiamo giustificare la presunta ostilità del popolo turco. Per esempio, l'esclamazione "mamma li turchi" viene fatta risalire a quando i Mori arrivarono in Sicilia. Il terrore che provocavano era tale da far gridare di spavento questa espressione folkloristica ogni qualvolta si avvicinavano ad una roccaforte o ad un castello. In tempi più recenti, oltre che prendere un tono spesso ironico, la locuzione è stata utilizzata per argomentare la xenofobia, la paura nei confronti di immigrati e in generale del "diverso".
Invece, l'espressione "fumare come un turco" risale al 1600, quando il sultano Muradiv decise di punire il vizio del fumo con la decapitazione. Al termine di questo periodo di proibizionismo, i turchi ricominciarono a fumare più intensamente di prima, favorendo la diffusione del fumo anche nel resto dell'Europa.
Non mi sembra che questi brevi stralci di storia turca possano consolidare né sminuire una effettiva presunzione di ostilità, perlomeno non di più o di meno di altri popoli con una storia piuttosto controversa. E d'altra parte, per una equa valutazione complessiva, nel novero degli eventi dovrebbe essere quantomeno aggiunto quello relativo ai tulipani. Infatti, pochi immaginano che l'arrivo in Europa di questo rinomato fiore non è merito degli olandesi, ma risale al 1600 e la provenienza è proprio dalla Turchia.
Nonostante le controversie in essere, la Turchia sembra volersi sforzare, per avvicinarsi a piccoli passi verso un mondo pregno di opportunità economiche e attraenti novità. Per esempio, lo scorso 1 luglio è entrata definitivamente in vigore la legge che vieta qualunque forma di fumo nei locali pubblici turchi, seguendo la falsa riga dei desiderata comuni alla maggior parte dei paesi UE.
Sebbene possa sembrare il contrario, Roma ha da sempre saputo accogliere etnie e culture tra le più diverse e permesso una integrazione piuttosto semplice nel suo tessuto sociale. A volte, tale esasperata, e probabilmente non genuina, accoglienza, è stata politicizzata e, a mio modo di vedere, giustamente contestata. Basti ricordare l'inaugurazione della statua dedicata a Mustafa Kemal (detto Ataturk) avvenuta nel novembre 2005 presso la piazza che porta il suo nome nel quartiere dell'EUR.
In ogni caso, quella turca è senza dubbio una delle comunità meno radicata e diffusa nel territorio capitolino, stiamo parlando di alcune centinaia di persone, stando alle statistiche di qualche anno fa. Lo dimostra un aspetto che a Roma ha da sempre un'importanza primaria: quello gastronomico. Infatti, l'unico vero ristorante turco nella capitale è "Antichi sapori della Turchia", situato in via Nomentana 81. Lo chef è un turco doc, Hikmet Ozkaya, in passato chef presso l'ambasciata turca. Altri locali mangerecci in stile turco si trovano sparsi qua e là per la città, ma sono principalmente fast food e take away. Tra questi, un vero doner kebab turco è "Istanbul Doner Kebab", presente in via Leone IV 59/61 (quartiere Prati) ed in via Giolitti 89/91 al quartiere Esquilino, riconosciuto bacino d'accoglienza per comunità provenienti dalle più svariate nazionalità.
La maggior parte degli italiani e anche dei romani si è avvicinato poco alla storia, agli usi e tradizioni turchi. Tale discrepanza culturale, è esasperata anche in virtù di una innegabile distanza religiosa, che per ovvi motivi, nella nostra città si sente più che altrove. Questo, nonostante in Turchia siano storicamente avvenuti eventi di radice cristiana come la nascita di San Paolo, la morte di San Giovanni Apostolo e l'assunzione in Cielo di Maria.
Un modo divertente e, direi, indolore, per avvicinarsi alle tradizioni turche è quello di entrare in uno dei locali in cui è possibile fumare il narghilè, la nota pipa ad acqua che parecchi paesi del vicino e medio oriente hanno importato da noi con un ottimo successo. Si, perché anche senza saperne il significato, fumare il narghilè col tabacco al gelsomino, alla mela, o alla menta, tutti raccolti a gambe incrociate intorno a questo oggetto variopinto e accattivante, circondati da una nuvoletta profumata, oltre che essere molto trendy ci fa anche sembrare piuttosto accoglienti con gli immigrati extracomunitari.
O forse è più facile parlare di bagno turco o sauna (hamam in turco), divenuti rinomati e ricercatissimi centri di relax, gli ormai famosissimi centro benessere o meglio spa, che fa ancora più chic. A Roma se ne trovano diversi, alcuni tra i più noti sono Acqua Madre, in Via di S.Ambrogio e Templum Salutis, in Via Ciro da Urbino.
Per quanto riguarda l'artigianato, la capitale ospita alcuni negozi. "L'argania", specializzato nell'importazione di elementi di arredo per casa e giardino provenienti anche dalla Turchia, in via dei Cappellari (zona Campo dè Fiori) e "Zadig", dove si possono trovare tappeti, ceramiche, borse da tabacco, anche piuttosto datati, in via del Pellegrino.
In conclusione, a prescindere dagli animati dibattiti per l'ingresso della Turchia in Europa, le cui argomentazioni, oltretutto, ritengo contengano davvero poco dal punto di vista del dialogo socioculturale, Roma sembra ancora sorniona nello schiudere completamente le porte alla comunità turca. Ma la natura amichevole – e tutto sommato aperta – dei romani, insieme al fertile terreno di un processo ben avviato di multietnia nella capitale, fanno ben sperare in una eventuale integrazione indolore.