Giorgio Biferali esordisce nella narrativa con L’amore a vent’anni, edito da Tunué.
Giornalista culturale, collaboratore de Il Messaggero e L’Espresso, è autore dei saggi A Roma con Nanni Moretti, (Bompiani 2016, con Paolo di Paolo) e Italo Calvino. Lo scoiattolo della penna (La nuova frontiera 2017).
Terreno insidioso quello del primo amore, che rischia di sconfinare nella nostalgia e perdersi lungo la strada a senso unico del sentimentalismo. Percorsi che l’autore evita sin dalle prime pagine, dove evoca invece un senso di mancanza, la percezione che qualcosa sta per cambiare. In macchina da Roma verso l’aeroporto di Fiumicino, le bandiere dei vari paesi sventolano ai due lati della strada, mentre alle spalle la città si fa sempre più piccola. Perché se c’è qualcosa che subito si intuisce della storia tra Giulio e Silvia, ventenni e innamorati, è che ci sarà un dopo e niente sarà più uguale.
Biferali sa ricreare abilmente l’età del sentimento – “mano nella mano, a pensare a come riempirci a vicenda i giorni e i mesi e la vita in generale” – e riesce a riportare le lancette dell’orologio a quel periodo in cui tutto sembra possibile, per sempre. Lo fa toccando le corde dei ricordi: il joystick grigio, Space Jam, i Nirvana; anche quelli legati alla città, che più che uno sfondo è una co-protagonista: il cinema Eden, i nasoni, i sanpietrini. No, niente sarà più uguale per Giulio e Silvia, e una volta arrivati all’ultima pagina, la piccola cinepresa sulla copertina color albicocca ci ricorda che L’amore a vent’anni è anche un film di François Truffaut del 1962. Magie del sentimento senza tempo, ça va sans dire.
Giorgio Biferali, l’amore dei vent’anni è un tema scivoloso per chi scrive. Come vi si è accostato?
GB: La verità è che io sono nato e cresciuto in mezzo all’amore. Guardavo i miei felicemente sposati da tanti anni, i miei fratelli che piano piano si fidanzavano, trovavo l’amore nei libri, nei film, nelle canzoni, diciamo che ci ho sempre creduto, ecco. E poi, come Chagall, mi interessa solo l’amore, solo cose che hanno a che fare con l’amore. Non l’amore smielato e retorico da lucchetti o da Mulino Bianco, ma quello che arriva fino in fondo a spaccarti il cuore, che anche quando non c’è più è destinato a rimanere per sempre dentro di te.
Chi sono Giulio e Silvia e cosa cercano nella loro storia?
GB: Giulio e Silvia sono due esseri umani, prima di tutto, sono due ventenni, sono due mondi. Wallace diceva che ogni storia d’amore è una storia di fantasmi, e in effetti è così. Giulio e Silvia hanno vissuto esperienze diverse, se lui è cresciuto in una famiglia unita e numerosa, abituata alle voci, ai rumori, alle feste, lei ha vissuto in una famiglia disastrata, avendo un pessimo rapporto con la madre e con un padre che è più o meno un fantasma. Alla fine cercano entrambi la felicità, il proprio posto nel mondo, ma con due sguardi diversi.
Nel suo romanzo aleggia la sensazione incombente che qualcosa sta per cambiare, che niente sarà mai più uguale a prima. Di cosa si tratta?
GB: Il grande cambiamento che fa da cornice a tutta la storia è quello del passaggio all’età adulta. Silvia, in questo, sta più avanti rispetto a Giulio, che è ancora molto legato all’infanzia, a un universo di colori e di ricordi che conosce bene, in cui è capace di orientarsi. Silvia, per lui, diventa l’occasione ideale per affacciarsi nel mondo dei grandi, per scoprirne le ombre.
Quale Roma fa da sfondo a L’amore a vent’anni?
GB: È una Roma umorale, tropicale, folle, da mille stagioni in una sola. È come se accompagnasse la loro storia fin dall’inizio, dalla finestra da cui Giulio vede Silvia per la prima volta alla scale dell’università del loro primo incontro, fino ad arrivare ai musei, alla metro, ai cinema, alle viuzze con i saliscendi dei sanpietrini non appena spunta l’estate. È una Roma meteoropatica, potremmo dire, il cielo cambia a seconda degli umori dei due innamorati, una Roma che segue i loro destini, che quasi si prende gioco di loro, vista la sua storia millenaria a confronto con la loro giovane età.
Pensa che col passare degli anni si abbia più nostalgia del primo amore o della giovinezza?
GB: Della giovinezza, credo, perché qualsiasi amore nuovo è sempre un primo amore, e ci si comporta come quando l’abbiamo scoperto per la prima volta. Anche quando il tempo passa e la giovinezza sfiorisce, l’amore rimane sempre lo stesso, e dagli errori commessi in passato, in realtà, non si impara nulla. Per fortuna.
L’amore a vent’anni
di Giorgio Biferali
Edizioni Tunué