Nel romanzo La combattente (edizioni e/o) Stefania Nardini ricompone con maestria le tessere mancanti di un complicato mosaico esistenziale. La vedovanza, con il suo carico di dolore, svela alla protagonista Angelita un passato pieno di ombre: il ritrovamento di alcune lettere misteriose scritte in tedesco, riavvolge il nastro della vita del marito Fabrizio fino agli anni Settanta.
La penna sapiente dell’autrice inserisce la ricerca di una verità personale in un più ampio orizzonte storico, con cui non si sono ancora fatti completamente i conti. Gli anni di piombo non sono stati solo guerriglia urbana, terrorismo e sequestri, ma anche partecipazione, femminismo e lotta per i diritti civili. È in queste pieghe, che, forse, potrebbero celarsi i segreti di Fabrizio.
Acuta e sensibile, Stefania Nardini indaga le ragioni di chi voleva “cambiare tutto” e l’amarezza degli “sconfitti”, giungendo a una verità difficile ma indispensabile per lenire le ferite dell’anima di Angelita, e gettare luce sulla generazione di “giovani per antonomasia”.
Stefania Nardini, chi è “la combattente”?
SN: La combattente è una donna della mia generazione che ha attraversato la seconda metà del Novecento con entusiasmo, curiosità, fame di vita, dolori e sogni divenuti realtà. Una donna che ingoia il calice amaro della banalizzazione e della violenza della contemporaneità nel momento in cui perde il suo compagno di vita, con il quale ha avuto un rapporto non solo d’amore, ma di grande intesa intellettuale. E’ per questo che il dolore, non è solo lo strazio intimo della perdita, ma un nuovo approccio a una realtà, dove nonostante mille mezzi di comunicazione regna la solitudine.
Perché ha scelto il nome Angelita?
SN: Angelita, come racconto nel romanzo, era una canzone molto commovente, che oggi definiremmo strappalacrime, su una bambina, Angelita appunto, trovata morta sulla spiaggia di Anzio durante la seconda guerra mondiale
Angelita perde Fabrizio, il compagno di una vita. Come va avanti?
SN: Andare avanti è molto difficile per le donne che restano sole in un’età in cui è ancora possibile costruire. Angelita sceglie di guadare il fiume del dolore per poter rinascere. E’ la sola strada.
Il lutto riapre un capitolo mai veramente chiuso, quello degli anni di piombo. Come si incrociano nel romanzo esperienza personale e verità storica?
SN: Ho vissuto in prima persona quel periodo storico, sul quale non è mai nata una vera riflessione, come accade spesso in Italia, liquidandolo con il titolo del film di Margarethe von Trotta (Anni di piombo, n. d. r.). Un periodo che non possiamo identificare solo nel dramma del terrorismo. Il paese era in una fase di grande cambiamento. Erano nati movimenti in favore delle leggi sull’aborto, la riforma psichiatrica. L’Italia era un faro per i più importanti intellettuali del mondo. Era in una sorta di rinascimento in cui il pericolo del blitz militare o di stampo fascista era spesso dietro l’angolo. Non credo sia utile chiudere quella fase importante come uno scheletro nell’armadio. Come diceva uno storico qualche giorno fa, “per andare avanti dobbiamo guardare anche indietro, come quando si guida l’auto e si usa lo specchietto retrovisore.”
La combattente è anche la storia di un nuovo inizio. La protagonista per ricominciare inforca la penna. È così anche per lei?
SN: Carta e penna, come si suol dire, possono aiutare, attraverso la scrittura, a elaborare dei sentimenti che abbiamo dentro di noi. Ma è sempre necessario raccontare una storia, come nel mio caso, affidandosi all’invenzione letteraria, la sola che ci permette di essere liberi pure quando si attinge a fatti della storia che nella contestualizzazione non devono tradire il lettore. Poi una narrazione può anche avere il valore di una rinascita. Del resto si rinasce sempre quando si attraversa il mondo delle parole per costruire il nostro di mondo, quello che abbiamo dentro.
La combattente
di Stefania Nardini
edizioni e/o
Stefania Nardini, giornalista e scrittrice, è romana e vive tra Marsiglia e Roma. È autrice di Roma nascosta (Newton Compton, 1984); del romanzo Matrioska, storia di una cameriera clandestina che insegnava letteratura (Pironti, 2001), pubblicato anche in Ucraina nel 2007; del noir Gli scheletri di via Duomo (Pironti, 2008), ambientato a Napoli negli anni Settanta.
Per e/o ha pubblicato nel 2013 Alcazar, ultimo spettacolo, nella collezione Sabot/Age, e nel 2015 la nuova edizione di Jean-Claude Izzo. Storia di un marsigliese, edita nel 2010 da Perdisa Pop e riproposta in Francia dalle Éditions des Fédérés nel 2020.