Il dono delle lacrime art

Il dono delle lacrime

Il dono delle lacrime artE’ il febbraio del 2013. Un elicottero si alza in volo per portare papa Ratzinger a Castel Gandolfo, lasciando il trono di Pietro vuoto e tutto il mondo senza parole. Comincia così, in un clima di attesa e di sconcerto, Il dono delle lacrime di Giovanni Ricciardi (Fazi Editore), quinta indagine del commissario Ponzetti.
Roma, città del sacro e del quotidiano, con il disincanto che le è proprio torna subito alla vita di sempre, tra le sue strade senza riposo. In una di queste, su una berlina scura diretta al Vaticano, c’è Ottavio Ponzetti assieme al fidato ispettore Iannotta.

E’ un caso delicato. Don Francesco Pirrone, parroco di San Damaso, è stato trovato senza vita nel cortile della sua abitazione dopo una caduta dal balcone del secondo piano. Era vestito di tutto punto, e accanto al suo corpo c’era un ombrello. E’ un omicidio? Oppure si tratta del suicidio di un prete, notizia ghiotta per un certo tipo di stampa, ma per dirla come Iannotta: “Uno che se suicida esce coll’ombrello?

Per evitare scandali, le indagini partono nella massima discrezione. All’inizio rimangono circoscritte intorno a San Damaso, vicino a Campo de’ Fiori, ma in un secondo momento coinvolgono addirittura l’antimafia, arrivando, attraverso una trama originale e ben costruita, fino alle Ande peruviane.

Cammina per ore sui sampietrini il commissario Ponzetti, scavando nelle pieghe del caso col suo fine intuito. “Cominciamo bene, dotto’…”, lo riporta alla realtà l’ispettore Iannotta, uomo di tutt’altra fibra. E’ questo continuo confronto, vivace e spiazzante, che fa de Il dono delle lacrime non un semplice giallo, ma un’indagine sulla verità e i tanti modi per ricercarla, sulle sue ragioni, le sue cause, e soprattutto, i suoi effetti. Imprevedibili e sorprendenti solo come quelli legati alla risoluzione di un mistero possono essere.

Giovanni Ricciardi, il suo commissario Ponzetti è l’antitesi dell’investigatore tutto azione e tecnologia. E’ invece riflessivo e piuttosto colto. Pensa che in questi anni ci sia più posto per chi fa ogni giorno il proprio dovere silenziosamente piuttosto che per la figura dell’eroe?
GR: Ricordo l’antico proverbio: «Beato il popolo che non ha bisogno di eroi». Antico, forse, anche perché, oltre alla parola eroe, anche la parola popolo è entrata in una crisi profonda. Presuppone una unità di fondo, una condivisione di prospettive che oggi in Italia, sembra frantumata. Ponzetti non è un eroe, non coltiva il sogno ingenuo di una giustizia umana perfetta e infallibile che va perseguita a tutti i costi. Sa di avere un posto nel mondo, e questo mondo è la sua famiglia e il suo lavoro. E in un mondo come questo ha la virtù, se così si può dire, di non presumere troppo da se stesso e dal proprio ruolo. Cerca di andare oltre le apparenze e le convenzioni, e conserva l’umiltà delle sue origini popolari.

All’inizio del suo romanzo le lacrime rigano il volto della Madonna di San Damaso, ma bagnano con pudore e delicatezza anche le ultime pagine (“io piango di emozione e gratitudine”). Può spiegare cos’è “il dono delle lacrime”?
GR: Il dono delle lacrime è l’istante in cui, dentro di noi, si scioglie un nodo profondo che ci ha tenuti prigionieri di noi stessi, del nostro passato, dei nostri errori, per lungo tempo. E’ un pianto di dolore per gli sbagli commessi, di gioia perché si intravede la possibilità di un nuovo inizio, di liberazione per un peso portato da troppi anni. La sua trasposizione cinematografica più potente è secondo me una scena del film Mission, in cui De Niro sale le cascate del Paraguay portando il carico delle sue armi, del suo passato di schiavista e di mercenario, finché un bambino indio non taglia la corda a cui questo grande sacco è legato e lo lascia precipitare nel fiume. E De Niro si abbandona a un pianto liberatorio.

Il protagonista affronta il caso in punta di piedi, con un’abilità tutta sua che non ha bisogno di troppi colpi di scena. Ma anche quando si avvicina alla soluzione questa “non sazia l’anima, non dà pace”, e soprattutto fa sentire soli. Cos’è per lui la verità’?
GR: La verità per Ponzetti non è mai nella vittoria riportata per aver risolto un caso. È l’acquisizione della coscienza che tutti gli esseri umani condividono la stessa fragilità, e coltiva una sorta di pietà istintiva non solo per le vittime, ma anche per i colpevoli. Per scomodare un gigante della letteratura, è l’affermazione paradossale dello starec Zosima nei Fratelli Karamazov quando dice che in una certa misura “tutti siamo colpevoli “.

Ci descrive una passeggiata attraverso Roma del commissario Ponzetti, intento a risolvere la sua indagine?
GR: Ponzetti ama camminare, perché la lentezza del passo corrisponde al suo spirito riflessivo, e al suo desiderio di lasciarsi stupire dalla bellezza e dalle contraddizioni di quella città stratificata che è Roma. Un caffè, una sigaretta, una birra, un incontro, quell’immergersi nel brulicare della vita nelle strade, occhieggiare a una finestra per indovinare un segreto. E’ la Roma reale, con la sua topografia, ma è anche un passeggiare dell’anima, la ricerca dell’interstizio, come dice il suo amico Galloni, tra un sampietrino e l’altro.

Il dono delle lacrime
di Giovanni Ricciardi
Fazi Editore

Giovanni Ricciardi è professore di greco e latino in un liceo di Roma. Il dono delle lacrime è il quinto episodio di una fortunata serie interamente pubblicata da Fazi Editore, che comprende I gatti lo sapranno (2008), vincitore del premio Belgioioso Giallo 2008, Ci saranno altre voci (2009), Il silenzio degli occhi (2011) e Portami a ballare (2012).

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