Diana Tumbarello esordisce con il romanzo Lettere di sola andata (Edizioni Progetto Cultura), uno spaccato sulle sfaccettature dell’amore: per un uomo, per Roma, per la scrittura.
Secondo Dania, la protagonista, donna appassionata e tormentata, l’amore è simile al vino: “ubriaca il cuore finché lo bevi”. Nella sua vita con Paolo, scoprirà però a proprie spese di aver amato più il sentimento di quest’uomo impassibile, simile a un “valzer andante” piuttosto che a un “tango argentino”.
Attraverso delle vecchie lettere, la vita di Dania si intreccia intanto con quella di Chiara, una ragazza misteriosamente assassinata nel 1963. La ricostruzione della terribile vicenda, porterà Dania alla scoperta di verità anche su sé stessa, della doppia versione di sé che la lega a due uomini diversi: Paolo e Riccardo.
Per la scrittrice – barese ma romana d’adozione – è l’occasione per condurre il lettore a spasso nel tempo passato e nei luoghi del presente, in una Garbatella che è “un mondo nella città più bella del mondo”. Acuta e sensibile, Diana Tumbarello mostra come ci si può riprendere la vita e che “ognuno di noi può diventare una storia”.
Diana Tumbarello, Dania, la protagonista del suo romanzo, trova lavoro come farmacista alla Garbatella. Che rapporto ha con il quartiere romano?
DT: Il quartiere Garbatella di Roma rappresenta il cuore di tutto il romanzo. E’ qui che pulsano le esistenze di vari personaggi che faranno da ponte tra un fatto di cronaca nera avvenuto negli anni sessanta e il nostro tempo, ma congiungeranno anche le vite di due donne, Chiara e Dania, lontane nel tempo e nello spazio. La storia avrà come sfondo questo quartiere a me molto caro, con il quale ho condiviso la quotidianità del mio lavoro in farmacia. La farmacia e il romanzo si collocano in un punto storico che vede l’immagine della Garbata Ostessa e del celebre graffito Vota Garibaldi. In questo contesto ho avuto il piacere di incontrare personalità molto differenti, e tra queste qualcuna meritava di essere portata alla luce per la capacità di raccontare la Garbatella degli ultimi 50 anni, una realtà vissuta nei lotti che sta scomparendo e che mi ha affascinata dal primo giorno. Una realtà sociale che ha subito e subisce un’evoluzione costante nel corso degli anni ma che non perde tracce concrete del passato.
Che donna è Dania?
DT: Ogni donna sviluppa se stessa negli infiniti ruoli che le appartengono sia nella sfera privata che nel contesto sociale. Funzioni sempre più numerose e gestite con difficoltà finiscono per intrappolarla, ne segue uno smarrimento dell’io interiore, dell’essenza della persona e dei suoi reali bisogni. La donna perde la propria identità. Dania, diventando prima moglie e poi madre, viaggia all’interno di questi ruoli, galleggia con difficoltà sempre maggiore sugli stessi e perde conoscenza, la conoscenza di sé. Questa è Dania. E’ una donna dentro le altre donne, dentro quasi tutte le donne del nostro tempo. Il suo perenne senso di inadeguatezza e di ricerca dell’amore in senso assoluto, la spingerà oltre il limite di sicurezza, fuori dal recinto delle sue certezze. Apparentemente felice e realizzata, Dania in realtà è una donna incompresa, sola nel buio interiore che l’avvolge all’interno del romanzo e proprio chi condivide con lei la vita in senso stretto, non ha una reale conoscenza delle sue necessità. Dania è lo specchio della solitudine nella quale versano moltissime donne, le donne smarrite.
Libri, lettere e diari tessono la trama di Lettere di sola andata . E’ così anche un po’ per lei, nella sua vita?
DT: Il romanzo Lettere di sola andata contiene una porzione della mia emotività adolescenziale scandita nelle pagine dei diari che possedevo a quell’età. Diari che raccontano l’intensità e la crescita nel tempo dell’amore e delle amicizie esistenti in quel determinato periodo.Le lettere hanno rappresentato per me e per molti altri, appartenenti alla mia generazione, il mezzo di comunicazione che permetteva a due persone di aprirsi in maniera completa, eliminando i filtri della comunicazione verbale. E’ più spontaneo lasciar fluire sulla carta le emozioni, le incertezze, ciò che non abbiamo il coraggio di raccontare.Scrivere mi dà coraggio, mi dà la forza di materializzare le mie paure per poi potermene liberare nel racconto e nelle dinamiche dei personaggi, ridimensionando la parte più cupa di me, abilmente nascosta dietro la leggerezza di un sorriso.I libri tessono e tesseranno la mia esistenza anche negli anni a venire, sono abitazioni, sono ciò che abbiamo dato e ricevuto, sono le persone che abbiamo incontrato e che immaginiamo di poter incontrare, sono quello che vorremmo essere o che siamo realmente. Sono valigie che attraversano strade differenti da quelle che abbiamo scelto di percorrere. Tratteggiano noi autori di narrativa straripanti di emozioni.
Lei scrive che “ognuno di noi può diventare una storia”. E’ quel che è successo alla Dania protagonista e alla Diana scrittrice? I punti in comune sono più d’uno…
DT: Esattamente. Dania è diventata, inconsapevolmente, la protagonista di una storia lontana nel tempo, che non la riguardava da vicino ma che casualmente, per una serie di sfortunate coincidenze, ha intersecato il suo percorso. Si è così ritrovata coinvolta emotivamente nelle vite di Chiara e Giuliano, due ragazzi barbaramente assassinati nel 1963. Due delitti senza l’ombra di un colpevole e privi di movente. Dania, ossessionata dalla ricerca della verità, diventerà la penna di questa storia. Una storia dentro un’altra storia. Un fatto di cronaca che, inizialmente estraneo a lei, scrive il suo futuro.
Per quanto mi riguarda, una parte di me è sfuggita al mio controllo e, cominciando a vivere di vita propria, è entrata a far parte del romanzo, è diventata Dania. Diversi punti mi accomunano a lei: l’attaccamento al lavoro come farmacista e la criticità incontrata nel periodo del Covid. Ma lei, la protagonista, è una donna ossessionata dalla ricerca dell’amore in senso stretto. Spesso l’essere umano, involontariamente, manipola l’amore, lo trasforma in gelosia, rabbia, frustrazione, ossessione, possesso. L’amore può essere passione o un processo lento e crescente ma spesso è semplicemente qualcosa che si aggrappa a noi. E’ quello l’amore che Dania cercherà nei vari capitoli del romanzo. Io l’ho già trovato.
Un’ultima domanda: perché il titolo Lettere di sola andata?
DT: Le lettere entrano quasi casualmente nella vita di Dania mediante un personaggio di nome Sergio, cliente della farmacia nella quale lavora, e che stringe con lei un rapporto sempre più confidenziale. E’ lui che la introduce nella vita di Chiara, la ragazza assassinata nel 1963. Chiara decide di non recapitarle all’uomo che ama e del quale non è stata mai conosciuta l’identità. Le consegna a Sergio, che in quel periodo è uno degli amici più importanti della ragazza, per non distruggerle dopo averle scritte. Queste lettere rimangono così sospese in un tempo di mezzo tra il 1963 e il 2020 e prive di risposte. Da qui il titolo Lettere di sola andata.
Lettere di sola andata
di Diana Tumbarello
Edizioni Progetto Cultura
Diana Tumbarello è nata a Bari. Vive a Roma, dove lavora come farmacista. Nel 2021 ha esordito con un libro per bambini dal titolo Le favole della Valle di Maggio, nato dal patto creativo stretto con la sua famiglia.
Ha sviluppato la passione per la scrittura nel corso degli anni, insieme a quella per la lettura.
Questo è il suo primo romanzo.